Bolzano. Parità tra uomini e donne anche nei diritti di successione del maso chiuso.

di Pinuccia Di Gesaro

Dietrofront della Corte costituzionale su una sua sentenza che riconosceva alla Provincia la competenza primaria sull’istituto del Maso chiuso, compresa l’aspetto della successione ereditaria.
La vicenda nacque nel 2001 in seguito ad un contenzioso ereditario per un maso di Varna, in valle Isarco. La morte del titolare del maso chiuso Sarganthof era avvenuta pochi mesi prima che la Provincia cambiasse la legge equiparando figli maschi e figlie femmine in tutti gli aspetti riguardanti la successione. Va detto che il maso chiuso, che era stato soppresso dai decreti fascisti del 1928 e 1929, trovò riscontro nello Statuto di autonomia all’articolo 8 del Capo terzo dove si legge che la provincia di Bolzano ha competenza legislativa primaria in materia di “Ordinamento di “Masi chiusi “ e delle comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini”. La norma trovò all’epoca tenaci opposizioni in due grandi intellettuali italiani, nell’economista convintamente liberale Luigi Einaudi e nel civilista Alberto Trabucchi. La ragione del contendere con consisteva nella indivisibilità del maso prevista dalla normativa secolare (patenti Theresiane del 1770 e 1775 e ancor prima dall’Ordinamento Tirolese di Carlo V del 1526) ma nella disparità di trattamento tra eredi maschi e femmine.
La lite intorno al maso di Varna fu risolta in favore dell’erede maschio perché la Corte costituzionale aveva ritenuto, analogamente a quanto sancito in ben tre sentenze del 1956 e ’57, che “l’istituto fortemente espressivo della tradizione sudtirolese, non trovando precedenti nell’ordinamento italiano, può rivivere solo con le caratteristiche sue proprie.”Anche la riforma del Diritto di Famiglia (1975) non aveva prodotto conseguenze  sul quadro normativo dei principi generali del maso chiuso. Senonché dal ‘57 ad oggi sono passati sessant’anni, ed evidentemente non sono  passati invano. Il contenzioso di Varna è andato avanti fino ai nostri giorni approdando alla Corte Costituzionale. Il presidente Paolo Grossi e il magistrato relatore Aldo Carosi hanno ora ritenuto che l’articolo che privilegia i figli maschi è in aperto contrasto con le norme costituzionali che sanciscono la parità di diritti tra uomini e donne. La sentenza della Consulta che aveva anteposto la ”tradizione tirolese” ai diritti delle donne, è stata smentita dalla stessa Corte costituzionale.

Foto, Coma, Corte Costituzionale

Pinuccia Di Gesaro

Giornalista, scrittrice, editore.

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