L’impero di Facebook e computer quantistici, predire il futuro? Possibile

Facebook è il social network più utilizzato e diffuso, quello che genera più introiti pubblicitari, nonché una delle pagine più viste al mondo, terza dopo Youtube e Google.  Un miliardo e ottocento milioni di persone connesse.  In Italia ben 27 milioni di persone hanno un profilo Facebook. Siamo al decimo posto nella classifica mondiale degli iscritti. I primi tre posti sono occupati rispettivamente da Stati Uniti, Indonesia e India. Eppure su questo social ci sono tante controversie, soprattutto riguardo le violazioni della privacy. Non è poi un mistero che proprio Facebook (insieme ad altri network) sia considerato dai servizi di intelligence di mezzo mondo come un formidabile strumento di controllo. Come se non bastasse non è assurdo pensare che i gestori di Facebook conservino i dati di eventuali ex utenti che hanno cancellato il loro profilo, cosa che tra l’altro fino a un paio di anni fa era molto complicato fare. Analisti e matematici ipotizzano che, col potenziamento dei computer quantistici, i social network verranno utilizzati come eccezionale database statistico per prevedere eventi socio-politici a breve termine. Nel mondo sono ben 22 le agenzie d’intelligence private che potrebbero avvalersi di tali servizi.
I computer quantistici infatti elaborano degli scenari su varie situazioni, guerra, crisi economiche, rivoluzioni culturali, tutto su vasta scala. Ciò che occorre fare è inserire nei loro database quanti più informazioni possibili, di modo che esse possano venire analizzate e incrociate.
Quindi, status e commenti che vengono pubblicati ogni giorno su Facebook, raccolti ed inseriti in  elaboratori abbastanza potenti da esaminarli in simultanea .
L’esistenza di computer con una capacità di analisi pressoché infinita potranno “leggere” masse di dati per prevedere cambiamenti d’opinione e di pensiero fino a due anni nel futuro, con margini d’errore al 4%. Asimov del resto lo aveva predetto. Questo genere d’approccio si narra sia stato sperimentato durante l’assedio d’ Aleppo. Il social network infatti in quel periodo fu particolarmente sensibile a certi vocaboli. Aleppo, Russia, civili, guerra, Siria furono le quattro parole che “per algoritmo” fecero schizzare la visibilità di certe news. Inoltre, molte notizie false spacciate per vere (si chiamano hoax) che con mirate tecniche virali possono raggiungere migliaia di utenti nel giro di pochi minuti possono orientare l’opinione pubblica. Esempio? Presunti abusi perpetrati da una parte politica che si vuole abbattere o battaglie economiche per denigrare questo o quel brand, a seconda dell’evenienza. Facebook quindi come vera e propria piattaforma in grado di gestire molteplici tratti della società, ormai intrecciata tra virtuale e non. Gli algoritmi polivalenti fanno il resto, in attesa d’elaborazioni più complesse. Facebook decide la popolarità, o meglio, quale strada per raggiungerla, creando dei veri e propri personaggi dal nulla. I quali, inconsapevolmente, non sanno d’esser parti di un disegno più grande, a costo zero. Alcuni infatti, grazie a vari post, foto e parole si ritrovano in cima al diario comune di molti utenti contemporaneamente. Concetti ed idee quindi sono diffuse a livello quasi virale. C’è bisogno di distrarre? Saranno i post frivoli a salire. C’è bisogno di sensibilizzare? Saranno i post in quella direzione ad essere in alto. Motivo per cui i seguaci di Trump spesero una fortuna in pagine sponsorizzate, esenti dalle normali logiche algoritmiche, per il momento. Quale tecnica usa Facebook per tracciare informazioni e creare ranking? (Il famoso EdgeRank). Vediamo il dettaglio partendo da un concetto base di programmazione: il codice automodificante è una particolare tecnica di programmazione volta a realizzare programmi in grado di modificare il proprio codice durante l’esecuzione. Per la complessità dell’analisi relativa a tali algoritmi, è una tecnica sconsigliata per quasi tutte le applicazioni:] allo stato attuale solo i virus, i programmi di intelligenza artificiale ed alcuni algoritmi di protezione del software fanno uso di codice automodificante. I virus lo fanno per cercare di sfuggire all’analisi dei programmi antivirus, mentre in intelligenza artificiale serve per simulare (o per alcuni imitare) l’apprendimento. Infine gli algoritmi di protezione del software usano il codice automodificante per rendere difficoltosa la realizzazione di “crack” in grado di eliminare illegalmente la protezione sul software stesso.

Normalmente il codice automodificante viene scritto nel linguaggio nativo del processore su cui deve girare (assembly), tuttavia è possibile, con opportuni accorgimenti, scrivere codice automodificante con linguaggio di alto livello. Sconsigliato per i microprocessori che con questo sistema rischiano una autolimitazione, ma il tutto applicabile a Facebook. Algoritmi che cambiano a seconda del flusso di dati ed operano in autonomia per far stare la piattaforma “sul pezzo? Altamente probabile. L’ Impero di Facebook continua a crescere, saranno nel 2022 ben 3,5 miliardi gli utenti. Andrà in campo l’intelligenza artificiale per gestire la mole di dati? Forse film come Matrix o teorie alla Asimov (modelli matematici che prevedono azioni umane) sono più vicini alla realtà che alla fantascienza…

Marco P.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale

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Marco P.

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