Scuola bilingue? Nein, nel nome di Magnago…

La scuola bilingue in Alto Adige/Sudtirol è un tabù che di norma viene spolverato ogni anno prima delle elezioni provinciali. Il 2017 non fa eccezione. Vi furono discussioni e proposte anche nel 2010 e 2011 ma rimasero lettera morta. La Svp ha sempre e solo detto no. Le paroline convivenza, unità e mediazioni, tanto usate dai politici italiani sono rispedite gentilmente al mittente con la formula: fate pure i progetti linguistici ma le scuole rimangono rigorosamente separate. La Svp su questo punto si gioca la propria esistenza e nessuno da parte italiana possiede la forza politica per forzare la mano. La destra è lacerata, incapace di darsi voce unica. La sinistra è altrettanto in crisi, tra governabilità e pancia dei cittadini. Il mare è in tempesta ma l’unica nave che non affonda è quella della Svp. Intendiamoci, la corazzata sudtirolese è in crisi, ma è una crisi più leggera rispetto a quella del mondo italiano. La scuola rappresenta uno spazio etnico che un partito fondato sull’identità territoriale non può farsi scappare. Cittadini che frequentano una scuola a doppia cultura, si sentirebbero tutti sullo stesso piano a fine percorso, molti avrebbero frequentazioni miste (già in aumento) ed in famiglia verrebbe meno l’uso del dialetto. Non ci sarebbe più da tutelare nessuno, andrebbe a cadere l’identità sudtirolese e cadrebbe il senso d’aver perfino dei sindacati etnici. L’impianto creato dalla generazione Magnago finirebbe d’un colpo. Sono molti i soloni che non hanno compreso la posta in palio. La Svp puntando al monolinguismo di fatto picchetta il proprio ruolo, gli italiani al solito non comprendono. Viene spontanea una domanda? Perché Palermo non ha barattato una scuola bilingue totale in cambio della toponomastica monolingue? Sarebbe stato uno scambio provocatorio che avrebbe messo la dirigenza Svp davanti ad una scelta politica a doppio taglio. La strategia morbida, della mediazione con richiesta postuma, con gli arcigni sudtirolesi non funziona, anzi spesso diventa una tagliola. Infatti nel 2018 ci troveremo con una realtà di questo tipo: nessuna scuola bilingue, toponomastica monolingue e gruppo italiano al lumicino. Una sconfitta su tutta la linea ed il monolite sudtirolese sempre più forte. Chi è nel governo della provincia deve prenderne atto, magari evitando d’incartarsi i guerre civili dannose soprattutto per gli italiani. I candidati per le prossime elezioni vanno ponderati con grande prudenza, errori su questo piano potrebbero portare all’estinzione. Una sorta di PATT servirebbe come il pane al gruppo italofono silurato da più parti. Toponomastica compresa. La strategia della toponomastica è fine, infatti i più parlano di “non problema”, ma se impegnati in politica dovrebbero cambiar mestiere, non ha compreso appieno il sistema politico altoatesino. La scuola bilingue? Le proposte si strutturano con testa. Sarebbe bastato coinvolgere gli insegnanti, italiani e tedeschi. Creato un documento d’intenti, in un secondo tempo insieme alle famiglie. Il tutto supportato da una chiara forza politica, in grado di fare da scudo a pretese o polemico. Il problema? Manca la forza politica, con la proposta (che per motivi tecnici mai passerà) di Palermo si rischia di non accontentare nessuno ma rimanere con gli animi surriscaldati. Il mondo della scuola, spesso silenzioso, non è convintissimo da certe proposte, sarebbe utile parlarci prima di proporre a scatola chiusa. La Svp è attualmente su questo punto imbattibile, ne è conscia e sfrutta il momento per non indebolirsi ulteriormente a discapito di un vero futuro basato sulla convivenza. Ma siamo proprio sicuri che la classe politica altoatesina la convivenza totale la voglia? Senza conflitti etnici sarebbero parecchi i politici disoccupati…

Marco P.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale

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