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Bolzano. Comunità albanese, una mostra per dire grazie

13 Gennaio 2017

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Bolzano. Comunità albanese, una mostra per dire grazie

Presentata l’esposizione aperta al pubblico da sabato 14 gennaio alle ore 16.00 nella sala A. Nikoletti a Oltrisarco.

A 25 anni dal loro “approdo” in Trentino Alto Adige, gli albanesi immigrati nel 1991 intendono testimoniare la loro riconoscenza per l’accoglienza ricevuta, in particolare nella caserma “Battisti” di Monguelfo. Stamane nel centro civico di Oltrisarco, alla presenza tra gli altri anche del Sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi, la presentazione di una mostra davvero particolare.
Per riproporre quegli eventi, sono state scelte le immagini di quei giorni  raccolte nella mostra “Quando approdarono gli Albanesi” che documenta l’arrivo dei profughi in Val Pusteria, i primi incerti passi verso la sistemazione in caserma, i primi momenti di sicurezza e serenità dopo la traversata dell’Adriatico e lo sbarco tumultuoso, a migliaia, sulle coste della Puglia.
Una mostra organizzata dalle associazioni regionali degli albanesi, Teuta di Trento e Arberia di Bolzano,  con il sostegno di Comune, Provincia e Regione, recuperando le immagini scattate in quel marzo del 1991 dal fotoreporter Guido Perini e dando voce ai tanti nuovi cittadini trentini e altoatesini, ormai parte a pieno titolo della società regionale, nella quale sono un esempio riuscito di integrazione responsabile e attiva.
L’inaugurazione della mostra è in programma sabato 14 gennaio alle ore 16.00, presso il Centro Civico del Quartiere Oltrisarco Aslago, in Piazza Nikoletti. Il programma  prevede testimonianze di chi ha vissuto in prima persona quei giorni del 1991 e poi musica e degustazioni della cucina albanese e altoatesina.  La mostra sarà aperta fino al 21 gennaio nel seguente orario: LU-MER-VEN 8.30-12.30, MAR-GIO 8.30-17.30 L’ingresso è libero Il  catalogo redatto da Leonora Zefi e Marco Viola accompagna la mostra

Inaugurazione sabato 14 gennaio ore 16, Sala polifunzionale piazza Nikoletti Oltrisarco. Previste altre tappe a Monguelfo, Brunico, Bressanone e Trento.

Dal testo introduttivo del catalogo
L’arrivo a Monguelfo
L’Albania, caratterizzata sin dal secondo dopoguerra dal più cupo isolamento dal regime comunista di Enver Hoxha non sfuggí alla corsa verso la libertà dopo la caduta del Muro di Berlino. Avvisaglie di una situazione insostenibile si erano già registrate nell’estate del 1990 con l’occupazione delle ambasciate straniere a Tirana e con lo sbarco ad Otranto di un gruppo di disperati. Il collasso di un intero sistema politico-sociale indusse nei primi mesi del 1991 decine di migliaia di albanesi a fuggire su natanti di fortuna sulle coste pugliesi. Nelle prime ore del 7 marzo 1991 Brindisi fu svegliata dal suono delle sirene per l’arrivo di piccole navi gremite di migranti provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico. Dopo lo sbarco in Puglia, passati i primi giorni nell’area del porto in uno stato di confusione e di incertezza, il Governo Italiano organizza l’accoglienza in collaborazione con le diverse Regioni e Province Autonome. Gli immigrati albanesi verranno alloggiati nelle numerose caserme dismesse o poco utilizzate, dove sarà possibile ospitarli e far fronte alle prime esigenze, provvedere all’identificazione, individuare dove possono trovare lavoro e alloggio e un futuro dignitoso.
Un gruppo di queste persone fu mandato a Monguelfo/Welsberg, in Sudtirolo, vicino al confine con l’Austria. Era un salto nel buio, per gente che non aveva la minima idea delle peculiarità e della storia travagliata di quella comunità bilingue nella quale si stavano avventurando e che li avrebbe accolti, ma non sapevano come! Un gruppo di circa 350 albanesi viene inviato in Alto Adige/Südtirol (un numero analogo avrebbe raggiunto il Trentino, ospitato nella caserma “Degol” di Strigno in Valsugana): la caserma “Battisti” di Monguelfo/Welsberg è stata scelta per alloggiare i profughi. La caserma “Cesare Battisti” di Monguelfo venne attrezzata per accogliere profughi, e divenne il teatro di uno sforzo collettivo di persone, enti e istituzioni uniti nel cercare soluzioni adeguate e soprattutto “umane” al disorientamento e alle ansie di tante persone. Si mobilitarono: Gli Apini del Quarto Corpo d’armata, comandato da Generale De Salvia, la Protezione Civile della Provincia di Bolzano, la Croce Rossa, la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e la Caritas Diocesana, il Comune di Monguelfo.