Tito Cucciniello, il cuoco italiano piú famoso della Nuova Zelanda

La storia di Tito, ristoratore italiano ad Auckland e star della tv neozelandese 

Tito Cucciniello è un imprenditore italiano di successo in Nuova Zelanda nel campo della ristorazione ed è conosciutissimo, per le sue comparse nella tv neozelandese come cuoco esperto di cucina italiana. In esclusiva per Buongiorno Südtirol racconta la sua storia di vita, condividendo con i nostri lettori parte della sua vita, sicuramente avvincente e ricca di particolari.

Tito, non molti conoscono la tua storia di successo in Nuova Zelanda, ma Buongiorno Südtirol non si è fatto scappare opportunità di raccontare la tua storia di vita. Innanzitutto vorremmo che tu raccontassi di te ai nostri lettori.

La mia storia comincia da I Martinitt, un’istituzione di assistenza milanese fondata da S. Martin per aiutare i bambini meno fortunati, spesso senza famiglia. Attraverso il convitto della fondazione ho avuto la possibilità di frequentare la scuola alberghiera Vespucci di Milano che mi ha portato a contatto con la cucina italiana. Al Vespucci come nella vita sono sempre stato alla ricerca della pratica in cucina, cosa che negli anni ’80 mancava nelle scuole professionali. Al terzo ed ultimo anno ho deciso di abbandonare la scuola e di iniziare la carriera nell’hospitality. Qundi per 3 anni ho lavorato nel bar dell’università del politecnico di Leonardo Da Vinci, dove preparavamo 500/600 panini per gli studenti in tempi da record, ovvero in 2 ore. Ho fatto il militare in aeronautica al comando regionale dell’aeronautica italiana di Padova come chef della mensa ufficiali, dove ho potuto sviluppare la mia idea di team working. Infatti nel settore alberghiero ció che conta é il lavoro di squadra. Questa filosofia lavorativa mi ha accompagnato in tutti i miei 30 anni di carriera professionale. In quel periodo ebbi il privilegio di collaborare con uno chef dell’Emilia Paolo Catena che mi stimava a tal punto da raccomandarmi alla compagnia di navigazione passeggeri americana Princess Royal, presso la quale ho lavorato per 18 mesi dopo la naja. Tornando a Milano ho conosciuto Barbara, il mio grande amore, per la quale decisi dopo 3 mesi di rinunciare al mio lavoro sulle crociere. Era il 1989 quando decisi di continuare la carriera in cucina spostandomi da mia mamma a Vieste, che dirigeva una cucina di un hotel 3 stelle del marito sposato in seconde nozze. Da lei ho avuto l’opportunità di imparare la cucina regionale pugliese, i cui principali ingredienti sono a mio avviso olio extra vergine ,aglio e prezzemolo. Per quanto riguarda Vieste vorrei dire che per me e’ la perla della penisola del Gargano, bagnata dolcemente dall’Adriatico e caratterizzata da paesaggi mozzafiato. Il pesce e’il suo piatto principale: lo si può trovare cucinato in tutti i modi, ovvero ripieno con le verdure al forno, alla griglia bagnato con olio e agri etc. Ma ciò che la contraddistingue da un punto di vista culinario è il pesce ripieno alla griglia,al forno o in padella, peraltro piatto che ho esportato in Nuova Zelanda dove sta riscuotendo grande successo. Mentre nel periodo estivo continuavo a fare esperienza in cucina da mia madre, affinando le mie abilità, durante la parte restante dell’anno lavoravo a Milano dove avevo un subappalto di un servizio di trasporti per la Mondadori, lavoro estremamente frustrante. Lavorare nel milanese nel settore alberghiero non era abbastanza remunerativo e per campare mi ero messo a fare il trasportatore. 

Come sei arrivato in Nuova Zelanda?

La prima volta che ho visto la Nuova Zelanda è stata nel 1994 come turista ed è stato subito amore. Nel 1999 riuscivo a lavorare 4 mesi presso un ristorante italiano, ovvero l’Italian Calabria Restaurant, che si trovava a Ponsoby un sobborgo di Auckland. Quell’esperienza mi ha convinto che la Nuova Zelanda sarebbe stato il paese ideale dove avviare un business, soprattutto per la passione che i neozelandesi hanno per le cucine regionali. Altro fattore che mi spinse ad emigrare fu la nascita di mia figlia Valeria, che non volevo che vivesse in un contesto economico debole, che avrebbe potuto offrirle poche opportunità. Quindi arrivai con tanta passione e motivazione nel dicembre 2004 dopo essermi sposato con mia moglie Barbara sull’isola di Rarotonga. All’inizio ovviamente non è stato facile. La lingua era il problem più grande ma i neozelandesi si sono sempre dimostrati comprensivi nei nostri confronti. Il mio primo lavoro fu al Gina’s Italia restaurant della famiglia Fantoni, dove ho iniziato come cameriere ed in 6 mesi sono diventato manager del locale. Devo molto alla famiglia Fantoni, da cui ho ricevuto molto aiuto.

Rifarsi una nuova vita in Nuova Zelanda, a più di 20 mila chilometri da casa. Com’è stato possibile? Quali sono state le avversità incontrate?

Rifarsi una nuova vita in Nuova Zelanda non e’ stato semplice ma al contempo non molto difficile . E’ una terra grande come l’Italia ma ci vivono solo 5 milioni di persone mentre in Italia mi pare siano 55 milioni. Quindi la differenze sostanziale e’ tutta li’.Facile trovare casa , facile trovare lavoro…disoccupazione quasi zero. C’era tanto di quel lavoro, che all’inizio lavoravo dall’alba alla sera.  Le motivazioni che abbiamo trovato attraverso la nostra esperienza ci hanno esaltato e fatto dimenticare l’Italia facilmente. Certamente mia moglie e’ stata di grande aiuto per la crescita dei figli, senza mai farmi pesare l’assenza. Quando si fanno queste scelte penso che la componente per una buona riuscita sia un grande affiatamento nella coppia. Sapere poi che i nostri figli avessero avuto la possibilità’ di crescere in una terra cosi’ sicura e a contatto con la natura ci rendeva felici e consapevoli della grande scelta che avessimo fatto. Parlare di avversità incontrate potrebbero essere state la lingua soprattutto ma dovrei dire che l’italiano come persona e come lingua parlata e’ davvero molto considerata in Nuova Zelanda. Rapidamente ci siamo sentiti a casa. Quindi in generale non abbiamo incontrato nessuna avversità, anzi direi che abbiamo incontrato più avversità in Italia nonostante fossimo italiani. Ridicolo!

Spesso capita di girare e imbattersi in finti ristoranti italiani che commercializzano il ragù come sugo e polpette. In un contesto del genere far valere il vero made in Italy non è stato sicuramente facile. Com’hai fatto? Da alcuni video della tua pagina risulta che sei stato persino invitato a trasmissioni tv neozelandesi per parlare della cucina italiana?

Il concetto del mio ristorante “Pane e Vino” funziona molto perché serviamo piatti regionali dalla tradizione italiana e che i kiwi amano. Ci sono molti ristoranti italiani che si spacciano come il fine Italian dining ma il kiwi (il neozelandese bianco) non spende $25 per un piatto di spaghetti alla bolognese. A “Pane e Vino” costa $18. Il kiwi e’ parsimonioso in tema di “dining”. Loro no hanno la cultura del cucinare a casa come noi Italiani e quindi guardano molto al costo dei piatti.. Infatti molti fine dining italiani chiudono I battenti per I prezzi troppo alti.Anche alcune pizzeria vendono la pizza margherita a $25 …un prezzo incredibile. Difatti dopo alcuni mesi le vedi chiuse. Qui funziona il made in Italy, ma quello originale. Io sono un po’ pazzerello, il classico italiano che urla in cucina e saluta tutti e faccio tutto con grande passione. Da qui e’ nata la chiamata di qualche anno fa a cucinare al TV1 (RAI neo zelandese) al programma GOOD MORNING, dove ci sono 10 minuti dedicati alla cucina italiana. Quindi ogni venerdì in diretta preparavo I piatti regionali della tradizione italiana con spiegazione del piatto e delle origini. Diciamo che da molti italiani il programma era paragonato alla vostra PROVA DEL CUOCO su rai 1 se non sbaglio. Soprattutto con il mio inglese ancora maccheronico…ma credo che tutti abbiano capito. Ho avuto grande esposizione pubblicitaria e la gente mi riconosceva per strada soprattuto dalla voce. Incredibile!Il tutto è durato per 3 anni e mi sembrava un sogno.Adesso dopo 14 anni mi sono realizzato come padre felice, come businesses man (ho aperto una pizzeria con forno a legna, sempre piena di gente) e come marito Innamorato. Ditemi se non devo essere felice per tutto quello che mi e’successo emigrando.

Da dove nasce il tuo successo in Nuova Zelanda?

 Dopo aver vinto alcuni premi, fra cui quello di miglior cameriere ad Auckland, ho deciso di mettermi in proprio ed a Ponsoby, sobborgo di Auckland, ho aperto il mio primo ristorante in una vecchia casa. Sono partito subito con l’idea di fare qualcosa che coinvolgesse i bambini. Difatti ho cominciato, vendendo ai bambini della scuola di mia figlia box pranzo con la pasta alla Bolognese o al sugo di pomodoro. Attraverso il passaparola oltre ai bambini della mia scuola, ne sono arrivati da tante altre rendendo il mio ristorante “busy” anche la mattina!

Quindi un successo che passa anche attraverso la cucina rivolta ai più piccoli?

Si, proprio così!

Successivamente ho cominciato ad organizzare classi di cucina italiana per bambini dell’associazione giovanile Youthtown, in cui insegnavo a fare la pizza, pasta all’uovo fresca, polpette originali e ovviamente il nostro tiramisù. Loro stessi poi volevano portare le cose da loro cucinate a casa dai loro genitori, per fargliele provare.In giro per la Nuova Zelanda ho sempre consigliato alla comunità italiana di provvedere a dei servizi diretti ai più piccoli.

Oltre che per la qualità del tuo cibo, per i tuoi progetti e avventure, per cosa pensi di esserti distinto in Nuova Zelanda?

Ho sempre nutrito un profondo amore per la comunità e per le famiglie. Ho iniziato infatti a dare il mio contributo nel sociale, partecipando attivamente alle attività della Fondazione Brighten di Giuseppe Martegani, che si occupa di bambini in difficoltà di tutto il mondo. Oltre che donazioni da parte del mio ristorante, mi sono impegnato nell’offrire dei campi per i giovani in giro per il mondo, il cui scopo fosse quello di aiutare bambini in difficoltà ed insegnare loro, oltre che renderli più consapevoli, come fare una pizza o una pasta. Dal 2013 ho fatto campi in India, nelle Filippine, in Thailandia, in Birmania, in Cambogia, in Malaysia e in diverse isole del Pacifico. Fra gli imprenditori impera avidità, ma è nostro dovere contribuire ad un bene sociale, lasciando ai nostri figli un futuro migliore.

Tanti giovani tentano l’impresa e armati di coraggio provano la via della Nuova Zelanda per un futuro migliore. Pochi ci riescono, tanti no. Consigli per molti di quelli che ci vorrebbero provare?

Io quello che raccomando a tutti gli italiani che vogliono emigrare all’estero e’che si armino di grande voglia di lavorare e soprattutto che non abbiano la fretta di raggiungere i propri sogni in breve tempo.. Nella mia esperienza con gli italiani che ho assunto per i miei ristoranti ho riscontrato una costante: tutti volevano fare i soldi subito. Ciò che serve in primo luogo è l’umiltà, attraverso cui con passione e dedizione si possono realizzare tutti i sogni.Gli italiani di 20/30 anni hanno una visione sbagliata del lavoro e dove tutto è dovuto e niente è guadagnato. Fortunatamente in Nuova Zelanda i datori di lavoro hanno quasi più diritti dei lavoratori in quanto motori dell’economia. Ma se un lavoratore merita riconoscimenti qui gli vengono dati. Il mio primo stipendio al ginas restaurant e’ stato $16 all’ora e ho lasciato il lavoro dopo 5 anni con uno stipendio di $26 all’ora. Ho aperto il mio primo ristorante nel 2009 e all’inizio vivo in un bilocale di 60 metri quadrati in una piccola palazzina. Adesso sono proprietario di più case. Non voglio vantarmi di ciò, ma vorrei solo essere da esempio per altri, che vorranno intraprendere la mia strada da emigrante. Tutto e’ possibile, basta volerlo. Ciò che bisogna mettere in conto sono ovviamente grandi sacrifici. Non aspettatevi che la vostra fortuna possa cadervi dal cielo, ma siate voi i protagonisti del Vostro successo.

Giuseppe Marino

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