Conta più la sicurezza o la felicità?
Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista
Quando la terra trema la fragilità umana si manifesta in tutta la sua ampiezza. Il terremoto con la sua carica devastante infligge perdite umane e spesso stravolge drammaticamente territori e geografie. Ma non solo. Apre sicuramente ferite individuali e collettive ma contemporaneamente evidenzia ampi scenari di paure ancestrali e terrori che l’uomo da sempre ha cercato di combattere con una sorta di delirio di onnipotenza illudendosi di dominare la natura. Così quella terra che si muove sotto i nostri piedi fa emergere un profondo sentimento di precarietà che nascondiamo nelle profondità della psiche e mette in evidenza in questo mondo globalizzato una società dell’incertezza e una fragile comunità di individui che, come diceva Freud nel Disagio della civiltà, ha barattato un po’ di felicità con un po’ di sicurezza. Una sicurezza che oggi è sempre più sottile.
Così il terremoto, sinonimo di trauma, che vuol dire lesione o ferita, ci impone un’esperienza profonda e sconvolgente perché ha l’eco acuto e tagliente di qualcosa che lacera e mette in pericolo l’integrità fisica e
psichica. Il movimento della terra è evento che paralizza e al contempo sommuove qualcosa di profondo legato all’identità delle persone, alle certezze di una vita e rende traballante la visione del futuro
Metafora di questi vissuti profondi sono le immagini che documentano in tempo reale le crepe nei muri e quella nebbia polverosa in cui finisce la vita di una città o di un villaggio con gli edifici frantumati o feriti dal movimento tellurico. Rappresentano le fratture interne della psiche e quel caos confuso di emozioni che genera un presente paralizzato dal terrore per la totale precarietà dell’esistenza.
Allora conosciamo il dolore di chi sta sul campo o nelle tende, di chi si allontana dalla distruzione quel tanto che serve per contenere i fantasmi di morte e gli incubi legati all’inadeguatezza umana. A queste sofferenze più che urgenti tentiamo, subito di dare risposta. Sono gli interventi di aiuto e progetti di ricostruzione immediata che alimentano la fiducia e la resilienza, cioè la forza di sopravvivere per poi tornare a vivere. Come prima.
Risposte fondamentali. Ma allo stesso tempo c’è un’altra ricostruzione da fare e un altro territorio da rigenerare. È quello del sé. Perché più la terra trema e più si avvertono i nostri limiti. È a quella dimensione profonda dell’anima che dobbiamo mettere mano, riposizionare la coscienza e risanare un territorio alterato e ferito dove si intrecciano sentimenti opposti e incomprensibili che hanno a che fare con la rabbia e il dolore, con la colpa e la sfiducia, con il risentimento e l’impotenza. Per questa ricostruzione abbiamo bisogno di tempo e di chi ci possa aiutare a ritrovare quei punti cardinali andati persi e la forza di rimettere in piedi un nuovo calendario della vita.
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