Domani Giornata della biodiversità, punto di forza della frutticoltura altoatesina

L’Alto Adige è un territorio apprezzato per la sua grande varietà, sia culturale che paesaggistica come anche economica. Una molteplicità che si ritrova anche nel settore agricolo e in particolare nel comparto frutticolo, dove la varietà non si riferisce solo ai prodotti – ossia ai frutti – ma anche alla biodiversità che regna nei frutteti. Una coltivazione rispettosa della natura, infatti, garantisce un’elevata varietà di specie e di individui. In occasione della Giornata della biodiversità di domenica 22 maggio, Consorzio Mela Alto Adige vuole ricordare le peculiarità della frutticoltura altoatesina.

La Giornata mondiale della biodiversità è stata istituita il 22 maggio del 2000 per celebrare la “Convenzione sulla diversità biologica”, il testo delle Nazioni Unite elaborato a Nairobi il 22 maggio del 1992. Oggi, a distanza di 24 anni dalla stesura, la convenzione sulla biodiversità è stata sottoscritta da 190 nazioni risultando uno dei documenti più condivisi dell’ONU. L’accordo di Nairobi ha come scopo principale la tutela della varietà biologica e lo sfruttamento sostenibile della natura.

Questa convenzione ha fornito lo spunto per diverse iniziative, che in Alto Adige vengono portate avanti dall’Istituto per l’ambiente alpino dell’Eurac di Bolzano. Tra queste figura la seconda edizione del concorso “Il prato più bello” e il progetto SOILDIV presentato nel 2014: in inglese Soil significa suolo, div sta per diversità. Lo studio è stato condotto da Ulrike Tappeiner, direttrice dell’Istituto per l’ambiente alpino dell’Eurac, e dallo zoologo Erwin Meyer dell’Università di Innsbruck. I ricercatori hanno testato 70 luoghi diversi estraendo 280 campioni di terra, nei quali hanno trovato oltre 60.000 organismi: lombrichi, ragni e opilionidi, millepiedi e centopiedi, forbicine, isopodi, coleotteri, larve di insetti e tanto altra microfauna. Nel corso delle ricerche Meyer e il suo staff hanno anche individuato oltre venti specie di animali del sottosuolo mai osservati prima in Alto Adige.

Tra i posti oggetto di studio figuravano anche 20 frutteti e 15 vigneti. Malgrado questi terreni siano sottoposti a sfruttamento agricolo – sia con coltivazione biologica che integrata – i ricercatori hanno riscontrato in alcuni casi una quantità e una varietà di organismi viventi superiori alle aspettative e paragonabili ai prati da fieno. La ricerca ha calcolato il numero di abitanti del sottosuolo per superficie: nei meleti sono stati contati mediamente 4.113 individui per metro quadro, un numero decisamente superiore ai terreni agricoli (1.070 per m2) e considerevole anche rispetto ai prati da fieno, dove per ogni metro quadro si incontrano 5.886 animali del sottosuolo.

In termini di biomassa invece – l’indicatore della capacità portante e della produttività degli organismi che vivono nel terreno – i meleti raggiungono valori medi (57 grammi/metro quadro) paragonabili ai terreni erbosi (48g/m²) e nettamente superiori ai campi (30g/m²) e alle vigne (23g/m²). Nella biomassa un’importanza primaria in termini di qualità del terreno ce l’hanno i lombrichi, che grazie alle loro dimensioni sono predominanti e costituiscono il 67% della microfauna sotterranea.

Ed è proprio la diversità degli animali del sottosuolo a determinare la qualità del terreno secondo un indice chiamato BSQ (Biological Soil Qualitiy Indicator). In questa graduatoria i valori migliori si riscontrano ovviamente nei terreni boschivi, ma anche le superfici soggette a sfruttamento agricolo – tra cui frutteti e vigneti – evidenziano valori di qualità del suolo elevati. Il valore BSQ dei meleti e vigneti oggetto dello studio, ad esempio, è un po’ più alto di quello dei prati anche se variabile a seconda del luogo. Le ragioni sono da ricercare nelle diverse situazioni naturali e nelle differenze di metodo di coltivazione. Fertilizzanti organici, irrigazione e pacciamatura aumentano la qualità del terreno; al contrario tutte quelle misure che intaccano le proprietà organiche del suolo, come ad esempio il ricorso sistematico alla lavorazione meccanica del terreno, hanno effetti negativi sulla qualità dello stesso.

Per Georg Kössler, presidente del Consorzio Mela Alto Adige, i risultati dello studio sono molto confortanti: “Questa ricerca ha dimostrato che la bontà degli sforzi che facciamo per praticare una frutticoltura quanto più possibile naturale, sia con metodo biologico che con la coltivazione integrata. Ed è una strada che vogliamo continuare a percorrere”.

Per vedere con i propri occhi la ricchezza biologica dei frutteti analizzati, martedì scorso i responsabili dell’Eurac, accompagnati dai rappresentanti del Centro di consulenza per la fruttiviticoltura dell’Alto Adige, hanno fatto visita agli agricoltori vincitori dell’ultimo concorso per il prato più bello.

Robert Wiedmer, coordinatore del Centro di consulenza: “Tanti frutticoltori hanno partecipato all’edizione di quest’anno del concorso per il prato più bello, un’iniziativa che intende valorizzare la biodiversità nella fruttiviticoltura. Noi del Centro di consulenza abbiamo potuto verificare di persona come l’Eurac ha condotto lo studio e come sono state rilevate le diverse forme di vita. E per noi è una grande soddisfazione sapere che anche i nostri meleti sono ricchi di biodiversità”.

Foto: I rappresentanti del Centro di consulenza per la fruttiviticoltura e dell’Eurac hanno potuto constatare con i loro occhi la grande biodiversità dei meleti altoatesini.

 

 

 

 

 

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