Il cyberbullismo

Di Giuseppe Maiolo, Psicoanalista

Il cyberbullismo è fenomeno nuovo ed inquietante. Si diffonde a macchia d’olio e in rete non te ne accorgi che stai facendo il bullo. Sembra uno scherzo, un gioco, e invece offendi, prendi in giro e umili senza rendertene conto. Bisogna che i ragazzi sappiano, che i bambini vengano educati presto, che gli adulti controllino.

E questo perché il cyberbullismo, per sua stessa natura, si alimenta del potere dell’immagine e della forza che gli attribuisce la nuova tecnologia della comunicazione. Una volta il comportamento violento del bullismo, peraltro tollerato in alcuni contesti chiusi come i collegi e le caserme in quanto considerato un elemento del processo di crescita, si perpetrava nascostamente dietro lo sguardo degli adulti.  Sfruttava i luoghi isolati e le stanze appartate, perché gli atti persecutori dovevano avere come protagonista solo le vittime e al massimo il piccolo gruppo degli alleati del bullo. Il piacere derivava dal poter essere leader di una “banda”, anche piccola, ma che rimaneva nell’ombra e sconosciuta ai più.

Oggi invece il cyberbullo cerca il massimo di visibilità. Più fa conoscere la sua forza e le sue imprese e più è popolare, più si costruisce la fama di “eroe”. Contemporaneamente la vittima è sempre più vittima e stigmatizzata, emarginata e isolata perché collettivamente derisa e biasimata. La comunicazione digitale e le immagini delle persecuzioni veicolate dalla rete costruiscono in un tempo rapidissimo sia la “fama dell’eroe” di turno che la disperazione di chi subisce e si sente progressivamente impotente.

Lo smartphone divenuto ora lo strumento dei “selfie” che narcisisticamente sostiene la ricerca della propria immagine, è anche un oggetto persecutorio che può moltiplicare in un attimo popolarità e angoscia.  La rete fa sì che platea degli spettatori diventi potenzialmente illimitata. Sconfinata. Questo incrementa la tendenza del bullo a ripetere le azioni aggressive e nello stesso tempo riduce in maniera consistente la percezione del danno.  Poi le scene di aggressioni riprese e postate su un Social, cliccate centinaia o migliaia di volte, se da una parte aumentano il sentimento di potere del cyberbullo dall’altra moltiplicano l’angoscia di chi è vittima ma anche di quelli che possono temere di diventarlo. L’azione di violenza veicolata da Youtube rimane indelebile o difficile da cancellare dalla memoria di chi vede. Una volta in Rete nessuno può dimenticare le imprese del bullo ma neanche il corpo della vittima e il suo stato di sottomissione. Questa è la vera azione persecutoria, quella che fa la differenza con il passato, con il bullismo tradizionale.

Se una volta dal bullo che a scuola minacciava e colpiva fisicamente nell’angolo nascosto del cortile o nei bagni, ci si poteva difendere chiedendo aiuto e cambiando di classe o addirittura scuola, ora questo non può più avvenire. Nel web lo spazio è immenso, indefinito. Quasi impossibile nascondersi, scappare e salvarsi. Per lo meno così pensa la vittima. Le offese che circolano rimangono, le diffamazioni sono visibili a tutti così come la vergogna e l’umiliazione che si moltiplicano all’infinito.

Questa è la disperazione della vittima del cyberbullismo.  E’ una sensazione totale di sconfitta che produce prostrazione e un dolore insopportabile. La sofferenza, che in breve tempo diviene ingestibile, fa prevalere la convinzione disperata che nessun luogo sia sicuro e non vi sia più nulla da fare.

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