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8 Marzo: cosa festeggiare?

7 Marzo 2016

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8 Marzo: cosa festeggiare?

8 Marzo: cosa festeggiare?

Di Giuseppe Maiolo Psicoanalista

Mi sembra che non ci sia niente da festeggiare in una ricorrenza che rimanda a un evento del 1908  a New York che ha visto arse 128 donne. Forse potrà sembrare controcorrente dire che le mimose delicate e luminose, simbolo di questa giornata che dovrebbe annunciare una nuova primavera, non servono a nulla se ancora siamo immersi in un freddo inverno culturale.

Perché è inverno pieno quando, secondo le indagini ISTAT, veniamo a sapere che 14 milioni di donne italiane sono state oggetto di violenza fisica, sessuale o psicologica nella loro vita. E’ l’era glaciale se dobbiamo contare un milione e 400mila ragazze (il 6,6%del totale) che ha subito uno stupro prima dei 16 anni o che a fronte di quasi 4 milioni di violenze sessuali più di 6 mila sono le donne che  hanno subito solo violenza psicologica dal partner con cui convivono.

E’ inquietante vedere come si espande il fenomeno dello stalking, dei comportamenti persecutori a danno delle donne, ma è ancora più spaventoso sapere che oltre il 90% di queste azioni non vengono denunciate e rimangono nascoste, per paura e vergogna, sotto il silenzio delle vittime ma anche di chi sa e non dice. Questo in fondo è l’aspetto più inquietante del fenomeno violenza che si riproduce con drammaticità: l’indifferenza di una società che si anima e si stupisce in modo intermittente, che manifesta attenzione una volta all’anno e poi si distrae volgendo lo sguardo altrove.

Abbiamo invece il dovere di ricordare, di mantenere viva la memoria oggi più che mai visto che siamo per lo più una società smemorata. La memoria è una questione educativa di fondamentale importanza. Serve per sviluppare coscienza e consapevolezza e dovrebbe sostenere il processo di crescita personale e collettiva in grado di contenere quel disagio profondo che alberga ancora nella psiche maschile.

C’è infatti un maschio tuttora incapace di riconoscere le sue parti fragili e violente, incapace di gestire e contenere le proprie pulsioni, che si rapporta all’universo femminile con paura e insicurezza. E a quell’ aspetto violento e mostruoso, che alberga in ognuno di noi, si aggiunge una diffusa cultura fatta di pensieri e di gesti violenti a cui non viene dato un contenimento attraverso l’educazione al rispetto dell’altro e un  immaginario sessuale alimentato  da una costante erotizzazione del corpo femminile e di quello dei minori che produce più collusione con un’istintualità  primitiva e rozza che una autentica capacità  relazionale.

Allora l’8 marzo può servirci solamente se riusciamo a mettere a fuoco l’impegno che ci serve per far riemergere quella sonnolente comunità educante che da troppo tempo si è resa assente.

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