Se la maestra è violenta
Di Giuseppe Maiolo Psicoanalista
«Oggi ti faccio del male, stai zitto, ti metto fuori al freddo, sei duro come il muro, vai a piangere in bagno con te non ci parlo» (in copertina: Richard Johnson – Arma di scelta)
Parole violente che anche quando non si accompagnano a gesti, azioni e maltrattamenti fisici, colpicono e feriscono come lame taglienti. L’abuso è già lì nella violenza delle minacce, nell’intimidazione. A volte sono ancora più forti e devastanti le paure che suscita l’adulto con quel suo dire persecutorio e svalutante che uno schiaffo. Eppure accade che una maestra di un asilo nido a Pisa le pronunci o le usi con i bambini come strumento “educativo” e poi le accompagni da percosse quasi a sottolineare la forza del suo potere.
Succede. I maltrattamenti si realizzano e si sviluppano, purtroppo, ancora con troppa frequenza. Si esprimono proprio quando il compito di accudimento e di cura richiederebbe particolare attenzione, professionale amorevolezza, ma soprattutto autentico rispetto del bambino e dei suoi diritti. E allora la prima cosa che ci accade di pensare è che quegli operatori che falliscono il loro mandato, quegli insegnanti che si rivelano incapaci di fare il difficile mestiere dell’educatore, li giudichiamo impreparati. Con le maestre, siamo ancora più severi, perchè nell’immaginario collettivo le femmine ce le figuriamo per natura dotate di competenze educative.
Eppure una cosa è la preparazione professionale e un’altra la capacità di gestire la relazione e governare se stessi e l’universo affettivo ed emotivo. Ho insegnanto per anni all’Università proprio a chi dopo ssarebbe diventato insegnante della Scuola dell’infanzia o Primaria e in gran parte delle mie lezioni ho insistito sul fatto che, nel processo educativo, è importante un rigoroso rispetto e una grande l’attenzione ai bisogni del minore. Ho sentito un reale desiderio di aumentare il sapere e riflettere sui comportamenti a rischio che possono avere gli adulti nella relazione con i bambini.Ho trovato sempre un grande interesse a conoscere e approfondire le dinamiche dell’abuso e del maltrattamento familiare o extra-familiare che sia, come appunto può accadere nei contesti scolastici.
Il problema vero allora non è quello della preparazione teorica, quanto quello di formare gli insegnanti a saper gestire il proprio mondo interno e aiutarli a conoscere le dinamiche inconsce delle emozioni e dei sentimenti che ogni individuo si porta dentro. Perchè si insegna e si educa con quello che noi siamo, con la capacità che abbiamo di “amministrare” la nostra vita psichica e con il nostro universo affettivo. La relazione non si gestisce con la testa nè con le competenze didattiche acquisite ma dipende esclusivamente dalla elborazione che abbiamo fatto delle nostre esperienze infantili e adolescenziali. Nulla conta di più nell’educazione del come siamo perchè, diceva Jung, “I bambini vengono educati da quello che gli adulti sono e non dai loro discorsi”.
A giudicare dalla frequenza con cui questi fatti si registrano, dobbiamo pensare a quanta fragilità emotiva vi sia negli adulti che sono preposti ai processi educativi e pertanto alla necessità di formare e addestrare gli addetti alle relazioni di cura alla gestione dell loro emozionalità e alla conoscenza di se stessi. Contemporaneamente è necessario pensare che la scuola sia in grado di sostenere il carico emotivo degli insegnanti, aiutarli a gestire lo stress, accompagnarli a riconoscere le loro risposte affettive. In una parola sostenere il loro impegnativo lavoro.
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