Pubblichiamo la lettera al direttore di Alessio Oss Emer di Bolzano sulle celebrazioni natalizie.

Di Alessio Oss Emer

Vorrei riflettere cinque minuti sulla questione delle cerimonie natalizie nella Scuola. Si è conclusa con una farsa ipocrita voluta da chi, a scopo elettorale, intende soffiare sulle braci ed acuire lo scontro. Però questa vicenda dovrebbe far riflettere tutti su due punti. Il primo che c’è un generale disorientamento creato dalla questione migranti. E’ un tema complesso che investe singoli e comunità, sentimenti e paure, religione e cultura. Ma se vogliamo che sia questa ultima a trionfare e non a soccombere, se vogliamo che la ragione prenda il posto delle ‘emozioni’ dobbiamo fare ricorso alla parte migliore di ciascuno. Cosa per niente facile. In tutti noi infatti si annidano alcuni di quei sentimenti, più o meno celati ed i recenti fatti di cronaca certo non aiutano ad una riflessione serena.

Non siamo forse tutti un po’ razzisti ed egoisti? Me ne rendo conto ogni giorno quando sono infastidito da postulanti per strada, quando subisco l’arroganza di certe dichiarazioni, quando leggo la cronaca nera, quando devo accettare il desiderio di sopraffazione dominante. Poi mi chiedo ‘se c’è a al livello istituzionale perché non dovrebbe riproporsi al livello personale’ ? Eppure esserne consapevoli è già un passo per andare oltre.

Secondo punto. Su questa questione dei simboli nella scuola credo sia ora necessario rivolgersi non a chi semplifica affermando i ‘suoi’ valori contrapposti ma al contrario, a chi crede in una società laica e non accetta l’affermazione del dogma al di fuori dell’ambito personale. Una nota battuta racconta di un consigliere comunale che in un incontro avrebbe detto “Ci stiamo avviando verso una società ‘multirazzista!’. Il lapsus contiene forse una buona fetta di verità? Avrebbe dovuto usare la parola ‘multirazziale’ o meglio ‘multiculturale’, ma anche qui c’è chi ha malinteso il significato del termine.

Multiculturalità non può significare cancellare una cultura per non fare torto al alcuno, si dovrebbe allora chiamare ‘nullaculturalità’; l’intendimento può essere apprezzabile ma la conclusione è errata. Censurare la storia e la tradizione di un popolo può solo creare ulteriore tensione, come si è visto. Il rispetto delle altre culture (riferite a quella dominante) non può significare appiattirsi per fingere di non esistere. La scuola pubblica è di tutti ma, lo dico da laico, ma bisogna riconoscere che il Natale è si una festa cristiana ma nel tempo ha assorbito e rappresentato valori molto più ampi e condivisi: è la festa della famiglia e degli affetti, un momento che ci induce a riflettere sui nostri sentimenti.

Forse sono cosi anche la festa dell’inverno o del sole che ritorna a primavera (per gli esquimesi), ma per noi è quello, volenti o nolenti. Il nostro è uno Stato che si dichiara laico (smentendolo di continuo nei fatti) ma quello che conta ora è capire che il rispetto verso altre tradizioni deve essere includente, non escludente. Non si deve perciò pensare a cancellazioni ma al contrario ad arricchimenti. Nella scuola sono gli insegnanti che devono farsi carico di educare alla tolleranza ed alla condivisione, non alla opposizione ed al contrasto.

La Chiesa non apprezzerà ma inevitabilmente stiamo andando verso una società multivariata affermando sempre più quel relativismo che Papa Ratzinger arrivò a definire come “il male del secolo” mentre potrebbe al contrario essere proprio la chiave per la realizzazione di una società più complessa ma equilibrata.

 

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