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ITALIA SOTTO TIRO

15 Novembre 2015

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ITALIA SOTTO TIRO

Analisi del ruolo italiano nell’attuale crisi geopolitica

La Francia è ferita, rabbiosa e lacerata dagli attentati parigini. Nello stesso momento in cui scriviamo l’Is tramite i suoi canali mediatici minaccia l’Europa e gli Usa. I prossimi bersagli? Londra, Roma e la capitale statunitense. Ovvero le capitali degli stati occidentali più impegnati a livello strategico militare in teatri caldi. La Francia ci ha fatto riflettere. I Italia siamo in grado di contrapporci ad attacchi di tale portata? La risposta è sì. Conosciamo molto bene il terrorismo, dopo averlo subito nei famosi anni di piombo e non solo, le stragi di mafia furono protagoniste di una stagione lunghissima. Come quelli inglesi (l’Irlanda del Nord fu una scuola dura e difficile) i nostri servizi segreti sono ben addestrati nel prevenire eventuali piani d’attacco, a Merano il lavoro degli ottimi Ros è stato certosino e molto lungo. Non era facile, anni d’intercettazioni, pedinamenti e molto altro prima dell’annullamento della cellula. L’arrestato in questione era ben mimetizzato, ma forse sarebbe stato catturato prima se la Francia ci avesse fornito i suoi precedenti. Il decreto antiterrorismo ha dato una mano, i cittadini però devono sentirsi parte attiva e segnalare qualsiasi possibile evento strano, senza scadere nell’isteria. La rete, territorio moderno di reclutamento è vastissima, quindi c’è bisogno di tutti.

Quello che gli italiani non sanno è che il nostro paese è molto avanzato (anche perché ne è la culla, correva l’anno 1916) nell’addestrare e formare corpi militari d’élite, unica nazione al mondo ad aver quattro corpi (GOI, Col Moschin, GIS e 17 Stormo Aereonautica) e ben 11 sottogruppi d’intervento speciale pronti all’uso.

Il 13 novembre 2015 rimarrà scolpito nella storia. I francesi si sono scoperti nudi, la Francia si era alzata orgogliosa e forte come ogni mattina, si è coricata debole ed impaurita. Dove è la nazione che nel 2004 all’attacco spagnolo fece uscire dalle basi i sommergibili nucleari e li posizionò nel Mediterraneo Orientale? Dove è la Francia delle forze speciali temute in tutto il mondo? Dissolta. L’Intelligence? Non pervenuta. Il Gign, ovvero le famose “teste di cuoio”? Lente, a tratti impacciate, (Utilissime durante le crisi franco-algerine, ad oggi danno l’idea d’essere obsolete). Stesso discorso vale per i caccia francesi (la Francia non possiede Eurofighter e si sente) impegnati in Siria, a livello d’azioni hanno fatto più i russi in un mese che i francesi in un anno. La macchina bellica francese sembra in tilt. Sui media francesi torna la sindrome del 1940, anno in cui l’Armee era considerata “il più potente esercito del mondo” ma che di fatto venne spazzata via in soli tre mesi dalla Wehrmacht. Vedere in queste condizioni il terzo partner Nato (Usa il primo, Gran Bretagna il secondo ed Italia il quarto) fa effetto e desta qualche preoccupazione. La marina militare francese nel Mediterraneo si occupa d’ operazioni di routine (insieme alla spagnola), di tutto il resto si occupano marina italiana ed inglese. Non per nulla la nostra marina è l’unica (insieme ad Usa e Gb) ad avere due portaerei in servizio attivo e tutte le navi moderne e di recentissima costruzione (il programma d’ammodernamento sarà concluso nel 2018). La situazione militare francese è chiarissima anche agli americani, che infatti nei teatri delicati oltre alle loro forze speciali, utilizzano quelle italiane (i luoghi comuni sull’esercito italiano in generale sono presenti da retaggi della seconda guerra mondiale e nelle teste di taluni i competenti in materia) o inglesi. (I famosi Sas). Se Parigi piange, Roma però non ride. Recentissimi rapporti Nsa (noto ente americano di spionaggio) mettono Roma (prima di Londra e città statunitensi) come prossimo obiettivo e invitano alla cautela.  Pochi sanno, italiani in primis, che i reparti speciali sono stati inventati da noi durante la Grande Guerra (i famosi Arditi, pugnale in bocca e bomba in mano) e negli anni poi si sono perfezionati sempre più. Il Gis (Gruppo Intervento Speciale) ad esempio nacque nel 1978 (i famosi anni di piombo) e sarebbe il primo reparto ad intervenire in caso di fatti simili a Parigi (di norma interviene in zone ad alto indice mafioso, quindi delicatissime). L’iter di comando in Italia prevede l’intervento di reparti speciali militari (non di polizia come in Francia) a seconda del territorio, in caso fosse un porto od una nave interverrebbe il Goi (incursori di marina) e via di conseguenza. Militari addestrati che vivono in funzione del reparto, non semplici poliziotti. Questo sistema ci garantisce più sicurezza? In parte sì, in realtà nessun sistema ci garantisce sicurezza (anche se l’intelligence italiana dal 2001 sta lavorando molto bene ed ha sventato vari attentati e recuperato una notevole mole d’ informazioni) davanti ad atti solitari o piccoli commando (come nel caso di Parigi). L’attentato parigino è stato condotto con armi da guerra e d’assalto, quindi granate, fucili a pompa e il classico Ak-47, fucile maneggevole e che spara in qualsiasi occasione. La tattica da guerra, fucile a pompa e granate per sfondare e fucili semiautomatici a copertura. Questo modus operandi verso inermi crea una carneficina. I francesi aspettavano forse la classica sparatoria od esplosione fanatica senza piano d’azione, che invece in questo caso ha sbaragliato il sistema difensivo francese concentrato su obiettivi come la Torre Eiffel (presidiata giorno e notte). Roma (minacciata più volte) o altre città italiane quindi cosa rischiano? In realtà questo attentato ha rimescolato le carte, il classico attentato simbolico (Vaticano? Colosseo? Gli Uffizi?) è più facile da disinnescare (il presidio militare è un deterrente notevole) ma se la modalità dovesse cambiare i guai sarebbero molti. (Di positivo vi è un recente dislocamento delle forze speciali in luoghi strategici del paese pronte ad intervenire in loco ma purtroppo sempre dopo l’attacco, quindi i morti del primo momento sono inevitabili). A questo come prevenzione vanno rafforzate le maglie in entrata (chi arriva qui, rifugiato o no, deve avere un nome ed un cognome, insomma deve fornire le proprie generalità o non entra) e monitorate tutte le attività informatiche e non, nonostante ciò il rischio zero non esiste, si può solo abbassarne il coefficiente. La battaglia in realtà è da combattere con un altro schema: cooperazione internazionale e dialogo con i moderati, taglio delle risorse finanziarie provenienti da Arabia Saudita, Qatar, etc. etc. (flussi di denaro che conosciamo perfettamente) e probabile intervento in zone sensibili come Siria o Libia (in accordo con la parte moderata e a fianco di forze locali). Inoltre l’Europa dovrebbe unire le proprie intelligence e creare un progetto d’esercito europeo (un deterrente per chiunque abbia in mente azioni d’offesa verso un continente che negli ultimi sessant’anni ha lavorato per una pacificazione globale), solo così potremmo preservare le nostre conquiste democratiche (che tutelano chiunque dimori qui) e limitare la paura. Riuscirà l’Italia a cogliere la sfida complessissima che le si pone davanti, avendo in casa la capitale della cristianità e l’evento giubilare?

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale