Spazioplano da turismo con traiettorie da volàno tra le stelle

I bglietti sono già andati a ruba. Da Di Caprio a Lady Gagà la corsa allo spazio è iniziata. Richard Branson, magnate di Virgin Group ha sviluppato con l’azienda Usa The Spacechip Company lo spazioplano sub-orbitale SpaceShipTwo dotato di un motore a razzo ibrido. Dotato di un basso allungamento alare disegnato per trasportare passeggeri nello spazio. Gli occupanti possono essere massimo otto, sei passeggeri e due piloti. L’apogeo del velivolo è circa a 110 km da terra (nella termosfera) quindi in fase astronautica, ricordando che la FAI (Federation Aeronautique Internationale) definisce tale un volo oltre la linea di Karman, posta appunto a 100 km da terra. In pratica siamo sul confine tra aerodinamica e resistenza fluidodinamica (che diminuisce salendo) e le leggi di gravità, in completo sopravvento. In pratica oltre tale limite la rarefazione della materia nello spazio non permette più la portanza alare, limitandola nei suoi pressi a parità di superficie alare e velocità. La cabina ha una lunghezza di 3,66 m per un diametro di 2,28 m. Dimenticatevi quindi di un normale viaggio in aereo, ovviamente da un punto di vista tecnico, tutto ciò non influirà sui passeggeri, distratti da un paesaggio quasi spaziale. Ma come funziona nel dettaglio questo particolare velivolo? Scopriamolo insieme e proviamo a salirci. Siamo allo spazioporto nel deserto del Mojave in California, biglietto da 200000 dollari tra le mani. Entriamo a piedi sulla navetta, discretamente grande ed agiata, dotata di comodità da aereo di linea. Per decollare però ci dobbiamo appoggiare ad una navetta madre, che ci porterà in quota. Fin qui tutto normale. Agganciati al doppio aereo il decollo non è differente da quello classico.  Lo spazioplano raggiunge circa i 4200 km/h, spinto per l’appunto da un motore a razzo ibrido, il RocketMotorTwo, che come ossidante utilizza protossido di azoto e un composto a base di gomma come combustibile solido, fondamentale in un motore ibrido, più stabile a temperatura ambiente, facile da stoccare e non tossico. L’inviluppo di volo (che ricorda quello per gli alianti) prevede lo sganciamento dal veicolo madre a circa 15.200 mt d’altitudine ed una accelerazione supersonica in meno di otto secondi. Ci sganciamo e sentiamo il boato del razzo che ci porta a volare nello spazio senza l’ausilio di tute e respiratori.  Passati 70 secondi circa il motore a razzo ovviamente si spegne, lo spazioplano sale per inerzia fino ad altitudine massima. Ora immaginatevi di essere incantati e fluttuanti tra le pieghe dello spazio, la luce del sole che che flette sulla Terra e rimbalza sul metallo della navetta. Passano circa tre minuti ed è ora di rientrare, in questo passaggio andiamo a capire la vera natura del nostro viaggio e la sua innovazione. Chi mastica l’areospazio sa quanto sia complesso il rientro nell’atmosfera, le classiche navette spaziali rientrano nell’orbita a 25000 km/h con angolo di rientro al millimetro e scudi termici per la dissipazione di calore. Noi invece viaggiamo a bassa velocità, utilizzando una traiettoria che ricorda quella del volàno (presente il Badminton?) e che ci permette di rientrare nell’atmosfera con un angolo qualsiasi. Inoltre per andare ad aumentare la resistenza e la stabilità dello spazioplano nella fase iniziale di ricaduta, le estremità posteriori delle ali vengono fatte ruotare verso l’alto tra i 65 e i 70 gradi. A circa 24.000 m sono riportate in asse iniziale e consentono un comodo rientro in volo planato verso lo spazioporto.

Lo sviluppo del programma nonostante l’incidente

In data 30 luglio 2015 finalmente è stata fatta chiarezza riguardo l’incidente incorso durante il volo di test del 31 ottobre 2014, ove perse la vita uno dei due piloti. L’altro si è salvato nonostante un lancio con il paracadute da circa 16000 m. L’errore sembra sia stato umano: in fase di rientro il sistema alare che permette riduzione di velocità e mantenimento traiettoria che va azionato a Mach 1.4 (1715 km/h) sarebbe stato azionato a Mach 0,92 causando una perdita di controllo ed un inevitabile cedimento strutturale. La National Trasportation Safety Board statunitense ha spiegato cosi l’esposione. Branson aveva comunque già deciso di portare avanti il programma che porterà alla costruzione di una flotta di cinque spazioplani (due attualmente in costruzione) che solcheranno entro il 2018-20 i cieli terrestri. Oltre ai “tre minuti” nello spazio promessi sarà possibile spostarsi da Los Angeles a Sidney o Parigi in soli 45 minuti, contatti sono attualmente in corso per la costruzioni di spazioporti in varie località mondiali. Dite a Di Caprio e Lady Gaga di non gettare i biglietti, nel frattempo un progetto spaziale dell’ Università di Napoli ha previsto voli orbitali tra varie città del globo con spazioplani ancora più tecnologici, la corsa allo spazio continua.

Sitografia in inglese

Maiden flight for Branson’s SpaceShipTwo in ABC News (Australian Broadcasting Corporation)

AviationWeek.com

 

Marco P.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale

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