Il coraggio di Papa Francesco

Sua Santità Papa Francesco ha ricordato le parole di San. Giovanni Paolo II, ribadendo il riconoscimento del genocidio avvenuto nel 1915 ad opera della Turchia. Il Governo di Ankara non ha affatto gradito, e non solo ha convocato il nunzio apostolico Lucibello per manifestare la propria irritazione, ma ha anche richiamato il proprio ambasciatore dal Vaticano. Evidentemente la libertà di parola non è gradita ovunque, altrimenti non si spiega una tale reazione da parte della Turchia. In fondo Papa Francesco, non ha fatto altro che ricordare che la nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite. Mi sembra doveroso che un Papa ricordi le vicende tragiche della storia che hanno colpito degli esseri umani, anche in considerazione di quanto sta accadendo in questi giorni. Difatti Bergoglio, consapevole delle situazioni dolorose odierne che molti cristiani subiscono, ha sottolineato quanto sia necessario ricordare, poiché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita e nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla. È interessante che proprio la Turchia che vorrebbe entrare nell’Unione Europea, nonostante le condoglianze presentate lo scorso anno dal premier Recep Tayyip Erdogan ai discendenti delle vittime, si ostini a rifiutare il riconoscimento del genocidio. Per il ministro degli Esteri turco, Mevlut Vacusoglu la definizione genocidio usata dal Papa sarebbe persino senza fondamento e lontana dalla realtà legale e storica, e pertanto inaccettabile. Chissà, forse il presidente Erdogan ha reagito così duramente nei confronti del Vaticano, ritirando il proprio ambasciatore in vista delle prossime elezioni politiche in Turchia il sette giugno. In Turchia il partito dei nazionalisti, il MHP (Partito del Movimento Nazionalista, in turco Milliyetçi Hareket Partisi) nato negli anni ’70 ad opera di Alparslan Türkeş e caratterizzato fin dalla sua fondazione come un partito fortemente nazionalista, avverso alle minoranze etniche, in modo particolare Curdi ed Armeni, e contrario alle politiche del Partito Popolare Repubblicano, potrebbe raccogliere molti voti di coloro che stanno perdendo fiducia nel Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, in turco: Adalet ve Kalkınma Partisi – AKP, il partito islamico-conservatore turco che sostiene Erdogan. Ma a prescindere dalle scelte politiche o ideologiche del governo turco, il genocidio armeno è riconosciuto da una ventina di Paesi, tra cui Italia, Argentina, Uruguay, Francia, Svizzera, Russia, nonché dal Parlamento europeo. San Giovanni Paolo II menzionò il termine “genocidio” in un documento firmato nel 2001 dal patriarca armeno, e Jorge Bergoglio aveva già impiegato il termine prima di diventare Pontefice nel 2013, e almeno una volta in privato. Tuttavia solamente ora un Papa lo ha pronunciato pubblicamente. Storicamente il primo Paese al mondo a riconoscere il genocidio armeno ancora nel lontano 1965, fu l’Uruguay.  Alcuni Paesi particolarmente democratici – come la Svizzera o la Slovacchia – ne sanziono anche la negazione, difatti un tribunale federale svizzero nel 2007 condannò un negazionista.  Contrariamente, nel 2013, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che processare e condannare qualcuno per negare il genocidio armeno costituisce un attentato contro la libertà di espressione. Siccome però la sentenza è stata emessa da un tribunale di prima istanza, ora è in corso il riesame. Vedremo cosa decideranno i giudici chiamati in causa. In ogni caso, evidentemente la storia è veramente maestra di vita e così grazie Papa Francesco!

In foto: ritratto di Papa Francesco di Claudio Calabrese

Claudio Calabrese

Giornalista pubblicista, scrittore.

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Claudio Calabrese

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