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Franco Zeffirelli e Mel Gibson, due modi di interpretare Gesù3 min read

2 Aprile 2015 2 min read

Franco Zeffirelli e Mel Gibson, due modi di interpretare Gesù3 min read

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Franco Zeffirelli e Mel Gibson, due modi di interpretare Gesù

Oggi è giovedì santo ed effettivamente lo si nota anche in tv. Su Tv2000 a partire da oggi fino a domenica potremo rivedere, forse per l’ennesima volta, il celebre sceneggiato televisivo “Gesù di Nazareth” di Franco Zeffirelli. Quattro giorni all’insegna della figura di Cristo come l’ha interpretata il regista e politico italiano Zeffirelli. Certo, come parlamentare della Casa delle Libertà lo conosceranno in pochi, ma come regista ha lasciato un segno indelebile. Il suo “Gesù di Nazareth” ottenne un tale successo da stupire non solo il pubblico italiano, ma anche i telespettatori all’estero, in particolare  del mondo inglese. Naturalmente parliamo di altri tempi. Allora, alla fine degli anni’70, fu trasmesso su Rai Uno in cinque puntate con numerose repliche, specialmente in occasione delle festività di Natale e della Pasqua. Raramente una serie televisiva italiana  ha riscontrato tanto apprezzamento nel pubblico, soprattutto all’estero. Tanto è vero che negli Stati Uniti la TV Guide la definì persino “la miglior miniserie televisiva di tutti i tempi”. Infatti l’Italia non è solamente uno Stato di corrotti come forse qualcuno vuole far credere. Rivederla mi emoziona, in particolare Robert Powell che con grande bravura interpreta Gesù Cristo. I costumi sono a dir poco stupendi, ma non c’è da meravigliarsi, considerando che la scelta era stata affidata a costumisti di grido come Marcel Escoffier e Enrico Sabbatini. L’autore dell’incantevole musica fu il celebre compositore francese Maurice Jarre, la consulenza artistica fu affidata al pittore italiano Francesco Fedeli, mentre la fotografia la curarono Armando Nannuzzi e David Watkin. Secondo la produzione, il regista nella sua opera intendeva offrire un affresco atto a distruggere al mitologia legata alla figura di Cristo per fare di Gesù un vero uomo e non un personaggio da favola. Nel suo insieme ci è certamente riuscito, benché non tutti i passaggi siano sempre fedeli alla scrittura e forse un poco troppo soggetti a interpretazioni di sorta. Molto diversa “La passione di Cristo” o “The Passion of the Christ” di Mel Gibson, uscito nelle grandi sale nel 2004 e girato interamente in Italia con il divieto ai minori di 17 anni non accompagnati da un adulto negli Stati Uniti, mentre in Italia non c’è stata alcun tipo di censura. Un film che alla sua uscita ha scatenato feroci dibattiti, in particolare per le accuse di eccessivo ricorso alla violenza e di antisemitismo. Come al solito le opinioni sono state variegate e la critica si è spaccata in due, sia in Italia che all’estero. Nel dizionario Morandini troviamo una nota durissima sul film: “Per chi crede come noi che l’estetica sia inseparabile dall’etica, è un film estremamente ignobile e non religioso nel suo efferato dolorismo.” Dura anche la critica di Poalo Mereghetti, mentre Pino Farinotti e Robert Ebert nella loro recensione lo valorizzano. Sorprendente la posizione di Jami Bernard che lo definisce “violentemente antisemita”. Personalmente mi associo alle considerazioni di Morandini e Mereghetti, poiché molti passaggi, a prescindere dalla brutalità, sono storicamente molto discutibili e superficiali. Quindi neanche paragonabile con il capolavoro di Zeffirelli che a distanza di tanti anni è sempre bello da rivedere. Ma come disse Cecil Blount De Mille “Il cinema è la nuova letteratura”, e così buona visione a tutti!

 

 

Giornalista pubblicista, scrittore.