Reportage Corea del Nord

Un partner per qualcuno, un dittatore particolare che ama il basket Usa ed un popolo che forse è allo stremo. Guerra fredda, tiepida o calda?

Una volta si chiamava “guerra fredda”, era lo scontro silenzioso fra gli Usa e l’allora Unione sovietica; non una vera e propria guerra quanto più un Risiko mondiale basato su minacce, alleanze scomode ed interventi indiretti che generò una tensione che per anni condizionò gli equilibri politici mondiali. Uno dei picchi più alti fu la crisi dei missili cubani, la famigerata Baia dei Porci, che vide anche l’intervento del Papa di allora per scongiurare una guerra che sembrava imminente.

Oggi, praticamente 50 anni dopo, lo scenario è cambiato, i contendenti sono cambiati, ma la tensione resta altissima comunque e la paura lentamente comincia a diffondersi perché quando c’è di mezzo lo spettro della bomba atomica e della guerra nucleare, le stragi di Hiroshima e Nagasaki si fanno improvvisamente dietro l’angolo, tanto della memoria quanto geografico.

Così la notizia che la Corea del Nord è pronta alla guerra nucleare, a bombardare gli Stati Uniti con missili nucleari, non solo ha allertato l’esercito americano ormai da qualche giorno, ma ha generato una grande attenzione da parte di Russia, Cina, Giappone e Sud Corea, tutte superpotenze geograficamente a ridosso della Corea del Nord e quindi potenzialmente attaccabili dai temibili missili nucleari. La cosa paradossale di questa situazione è che la Corea del Nord continua a minacciare gli Usa pur non avendo le armi per impensierirne il territorio, visto che anche il missile più potente, ancora in stato di sviluppo per altro, arriverebbe a stento in Alaska.

Dunque tanto rumore per bombardare un ghiacciaio? No, la vera minaccia è costituita dalla bellicosità del governo di Pyongyang che con le sue minacce ha creato un clima di forte tensione, perché nessuno Stato vorrebbe stare vicino ad uno armato a missili nucleari. Quindi la preoccupazione più grande al momento è di CinaGiappone e Sud Corea, con la Russia che segue interessata la situazione visto che la sua parte asiatica sarebbe raggiungibile dai missili nord coreani.

Le ragioni di questa situazione, di questo “odio atomico”, sono recenti ma affondano a qualche anno fa quando il governo nord coreano assecondò, in materia di antiterrorismo, le richieste degli Stati Uniti collaborando ad un programma internazionale, collaborazione che per altro fu premiata con l’eliminazione della Corea dall’elenco degli stati che favorivano il terrorismo, i famosi “stati canaglia”.

Poi qualcosa si è rotto nel rapporto diplomatico; gli Stati Uniti hanno cominciato a flirtare anche con la Corea del Sud con cui hanno dato vita ad una collaborazione che ha portato i due paesi a fare test atomici su suolo coreano. Questa decisione non è piaciuta a Pyongyang che per tutta risposta ha ripreso il programma di riarmo nucleare che aveva sospeso nel 2007, proprio su pressione degli Stati Uniti che in cambio avevano promesso ingenti aiuti alimentari, visti i problemi di denutrizione del paese asiatico.

L’escalation nucleare da allora è proseguita regolarmente tanto che è notizia di ieri che l’esercito nord coreano ha ricevuto l’ordine di tenersi pronto ad un attacco nucleare agli Stati Uniti che dal canto loro hanno già allertato tutte le basi del Pacifico, Guam e Hawaii per citare le più famose, ad intercettare una possibile offensiva missilistica nord coreana.

Una guerra non è evidentemente negli interessi di nessuno, paesi come Cina e Russia invitano alla distensione e alla calma reciproca, ma al momento la diplomazia non sembra rappresentare un deterrente efficace. Quello che è certo è che siamo in uno dei momenti più critici degli ultimi 50 anni dal punto di vista delle relazioni internazionali e a livello militare non siamo mai stati così vicini a prefigurare un conflitto mondiale, perché se alle parole seguissero i fatti le conseguenze di un attacco agli Usa sarebbero un domino mondiale, Afghanistan insegna. A molti questa crisi ricorda quella del 1961 che lasciò il mondo con il fiato sospeso per tredici lunghi giorni…ma al tempo le teste erano altre e la situazione critica venne assorbita.

La crisi dei missili di Cuba fu un confronto tra USA e URSS conseguente al tentativo di invasione di Cuba, nell’aprile del 1961 e al relativo spiegamento difensivo nell’Isola di Cuba di missili nucleari sovietici. La crisi iniziò il 15 ottobre 1962 e durò tredici giorni, in seguito alla loro scoperta il 14 ottobre, da parte di un aereo americano U2, in volo da ricognizione sopra il territorio cubano. È considerato uno dei momenti più critici della Guerra Fredda, assieme al Blocco di Berlino e all’esercitazione Able Archer 83.Dopo giorni di tensione, Chruščëv, vista la fermezza di Washington e di John Fitzgerald Kennedy, ordinò il ritiro dei missili in cambio della promessa di non invasione dell’isola e del ritiro dei missili Jupiter installati nelle basi di Turchia e Italia, avvenuto sei mesi più tardi. In questi giorni inoltre ho assistito al patetico ritornello del PD italiano, ovvero nel meravigliarsi dell’autorevolezza di Obama, che alle minacce nordcoreane ha risposto con i B2 e l’allerta della base di Guam. Obama, cari signori, è americano fino al midollo e agisce in base agli interessi e alla difesa del proprio paese. (Quando gli Usa fiutano pericoli fanno quadrato) Sono sicuro che se l’Italia fosse minacciata in egual modo, qualche testa quadrata si farebbe invadere pur di non stringere alleanza con l’avversa parte politica. A destra quanto a sinistra….

 

Marco P.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale

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