Il volo degli italiani, la bilancia, il rinnegato, l’eroe

Mi accingo a scrivere queste quattro righe perché ogni giorno sento un sacco di miei connazionali che stanno male, soffrono, non riescono a tirare la “carretta”. So perfettamente che altre nazioni al mondo si trovano in situazioni peggiori della nostra, nazioni a cui auguro una pronta risalita, ma in questo scritto desidero rivolgermi alla mia nazione, ai miei fratelli e sorelle italiani. Non vorrei sembrare retorico, ma vi ricordo che siamo il popolo con una cultura millenaria, il popolo che ha dato leggi, lingua, emancipazione a tutto il mondo occidentale (i Gracchi, legislatori degni d’una democrazia moderna), siamo i primi e gli unici ad aver unito l’Europa per svariati secoli sotto una bandiera sola. (Tiè a chi ci vuole fuori) Ma siamo andati oltre. Alle conquiste militari brillanti siamo passati al buio del Medioevo, “periodaccio” a cui la crisi odierna farebbe il solletico. Ma ne siamo venuti fuori. Ci siamo inventati il Rinascimento. Dante osò l’impossibile, creò un poema da lacrime senza usare il latino, un genio.  Fibonacci s’invento il sistema decimale utilizzato poi in tutto il mondo. Poi ancora buio, genti da ogni dove che ci dicevano cosa fosse giusto e cosa sbagliato fare, Manzoni ce lo descrive divinamente nei Promessi Sposi. Arrivò il secolo dei Lumi, il 700. Noi ancora al buio. Foscolo accese una speranza, un poeta errante che esaltò le gesta del nostro popolo in un periodo in cui eravamo derisi e maltrattati. Ci volle il coraggio di Carlo Alberto prima, di Garibaldi poi, l’astuzia di Cavour, l’impegno di Mazzini, la loquacità di Massimo d’Azeglio e anche il cuore buttato oltre l’ostacolo dei nostri contadini, in divisa. La pazienza, i lutti delle nostre madri, nonne, delle nostre donne. Metternich sogghignando ci definì una “espressione geografica”, dovette ricredersi. Ci furono poi due grandissime guerre, la prima la vincemmo con un colpo di reni, da sfavoriti. I nostri generali, assai incompetenti, spesso codardi, non ebbero meriti, fu una spinta di popolo, all’improvviso gli italiani ricordarono d’ essere stati legionari. La seconda guerra mondiale invece, partita con i favori del pronostico, con gli italiani convinti d’esser super potenza fini in tragedia. Nel 1945 i nostri nonni non ebbero che macerie. Altra ricostruzione. Il boom economico portò l’Italia nel G8, rese la nostra economia la sesta del mondo, posto che ancora detiene. Arrivarono poi gli anni 2000, la crisi, i giorni nostri. Vedo gli italiani scoraggiati, dimentichi dei loro trascorsi, abulici e apatici. Quasi si fossero dimenticati che in questo lembo di terra siano nati Muzio Scevola, Metello, Attilio Regolo, gli Scipioni, Cesare, Plinio il Vecchio, Augusto, Virgilio, Seneca, Adriano, Marco Aurelio, Petrarca, Dante, Leonardo, Fibonacci, Foscolo, Manzoni, Carducci, Pascoli, Leopardi, Marconi, Ungaretti e ne dimentico a migliaia. Abbiamo fatto fatica fin dall’inizio non crediate sia stata una passeggiata, la nostra civiltà era minacciata da più parti. Vi cito un episodio. Il gallo Brenno saccheggiò Roma. Non contento decise di mettere una enorme bilancia in mezzo al foro e farvisi giacere sopra tutti gli ori ed i beni dei cittadini.  I Romani dapprima accettarono, poi protestarono sostenendo che le bilance utilizzate per la pesa del riscatto fossero state alterate; Brenno allora gettò sul piatto dei pesi anche la sua spada (in modo da aumentare il valore del bottino richiesto ai Romani), pronunciando la famosa frase “Va Victis!”, “Guai ai Vinti!”.

Marco Furio Camillo, venuto a conoscenza della richiesta di riscatto, tornò velocemente a Roma per affrontare di persona Brenno. Una volta giunto alle bilance gettò anch’egli la propria spada sui piatti, così da compensare il peso della spada del barbaro. Quindi gli si rivolse dicendo: “Non auro, se ferro, recuperando est Patria“, ossia: “Non con l’oro si riscatta la Patria, ma con il ferro”.

I Romani, a seguito di quest’episodio e dietro la guida di Furio Camillo, si riorganizzarono, la città venne liberata dai Galli. Il condottiero Romano continuò a inseguire Brenno e i suoi anche oltre i confini di Roma. Brenno fu quindi costretto a rifugiarsi nel nord dell’Italia. Ora, dovete sapere, che Camillo era stato esiliato ingiustamente. Nonostante avesse sempre servito Roma, venne accusato di essere disonesto. Nonostante l’assenza di prove, decise di andarsene in esilio. L’astio per lo stato però non gli impedì di salvare i propri concittadini da fine certa. Mi scuso con i lettori se sono sembrato retorico in questa nota, ma a me piace la storia e credo sia utile utilizzarla come metafora, per permettere al nostro popolo di continuare il proprio volo, placata la sete di speranza che attualmente ci spezza le ali. Dobbiamo avere LA CONSAPEVOLEZZA di poter guardare tutti gli altri cittadini del mondo negli occhi, non alla cinta. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, la nostra ha più di 2000 anni, nessuno ha il diritto di dirci cosa fare, noi abbiamo sempre saputo e sempre sapremo cosa fare, questo ricordatelo quando ci sfottono, non siate complici degli stereotipi, il rispetto o è reciproco o non è rispetto, questo deve essere chiaro. Coraggio italiani, la speranza in Italia è sembrata morta molte volte, in realtà era solo latente. Infatti da proverbio muore per ultima, quindi…non sarà un problema nostro.

Marco P.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale

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