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Renzi come Luigi XVI?

9 Maggio 2014

Renzi come Luigi XVI?

La nostra epoca è caratterizzata per il crollo dei miti e per il tramonto delle ideologie. Oggi la politica che conosciamo e che abbiamo davanti non  piace : non è ora di liberarcene? Assolutamente si è la risposta, ma in che modo?

L’attuale insofferenza e il distacco del cittadino verso la politica nascono da un’insoddisfazione sulle inconcludenti iniziative politiche lontane ” mille miglia” dalle effettive e reali esigenze: agire politicamente significa prendere sul serio il tema della società e progettare qualcosa di nuovo a favore  dei cittadini come anche affrontare seriamente le contraddizioni tra scelte e comportamenti, tra reali necessità di cambiamento e finte operatività.

Sono trascorsi oltre duecento e più anni dall’inizio della rivoluzione indu­striale e si continua ad assistere da un lato responsabilmente al dibattito culturale e politico per l’elaborazione e ricerca di risposte sul destino del paese che vive una crisi di crescita quale mai ha avuto sin dalle proprie origini e dall’altro paradossalmente al proposito di ridimensionare i compiti del sindacalismo con frasi aggressive e con atteggiamenti di autoreferenzialità. E’ questo un esempio di verità conosciuta da certa politica che non guarda al passato, che non valorizza la storia e che appare priva da ogni rapporto con il tempo.

Ecco la novità del giorno: il ritorno della retorica anti-sindacale nei riguardi della CGIL con  la parola d’ordine “smantellare”.

Certo contestare la posizione assunta da un’organizzazione sindacale su decisioni politiche generali non è preoccupante o allarmante e fa parte, in un rapporto anche antagonistico, delle conflittualità democratiche e conferma la validità  del pluralismo democratico costituzionale. Basta ricordare la giustezza della posizione del governo Craxi sulla scala mobile contro la CGIL.

Il governo (Renzi) intende avviare una rivoluzione (democratica?) contro il sindacato della CGIL (Camusso) non per contestare errori, arretratezze, disfunzioni o avverse posizioni, quanto per entrare nel cuore dell’istituzione stessa ed eliminare determinati diritti: è questa un’iniziativa somigliante a quella della rivoluzione francese del 1789, la quale si liberò a tamburo battente dell’associazionismo allora  esistente e proibì le elezioni degli  organismi rappresentativi.

Se oggi riforma si vuole e non trasformismo basta dare attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 39 della Costituzione per il previsto riconoscimento giuridico-formale  del sindacato, della sua sfera di azione autonoma: invece sembra  che sia tornata la voglia  di preferire sistemi di subordinazione e di controllo governativo sul sindacalismo … fino a quando questo  continuerà ad esistere.. Altro che concertazione!   E la sinistra? Dov’è finita, in tutto ciò la sinistra? Ce la siamo persa per strada?