Meglio recuperare che demolire

Errare è umano, perseverare diabolico: afferma una vecchia massima che ora potrebbe esser applicata alle ex Pascoli. Sin dall’inizio la lunga vicenda legata alle scuole ex Pascoli mi ha appassionato, ma mi ero imposto di mantenere il silenzio di fronte alle varie sconfitte, in materia urbanistica, che avevo dovuto subire ad opera dei vari palazzinari tra il colpevole silenzio (involontario per ignoranza o compiacente) degli amministratori pubblici di allora: una per tutte, la demolizione dell’ex Cinema Corso.

A proposito delle ex Pascoli da più parti mi era stato “amichevolmente consigliato” di evitare di commentare negativamente un progetto che avrebbe risolto i problemi delle biblioteche in città. A questo punto però, sulla scia della presa di posizione dell’architetto Zoeggeler, affermo di essere del suo stesso parere, questo tra il silenzio di altre voci che si qualificano “protezioniste” quali Italia Nostra e il Dachverband”.

Zoeggeler ha perfettamente ragione quando afferma che spendere 90 milioni (ma alla fine diventeranno 100 e passa, ma nessuno si ricorderà più) è una follia, ma soprattutto quando sostiene che il progetto (come suggerito dai “soloni” della Giunta Provinciale e di quella comunale) di mantenere la facciata con la scalinata e demolire e ricostruire il resto è un obbrobrio urbanistico in sfregio all’armonia razionalista di Corso libertà. L’architetto Zoeggeler afferma ancora che l’attuale complesso ha degli spazi sufficienti per le due biblioteche, che potrebbero essere ristrutturati con la spesa di un terzo rispetto a quella prevista per il progetto attuale. Ma da questo orecchio sindaco, governatore, giunta comunale e provinciale sembrano non sentirci. Ed allora mi sorge un dubbio: mettere in azione le ruspe di Attila potrebbe forse favorire guache “amico” costruttore in agguato e pronto ad aprire i cordoni della borsa?  L’imperativo sembra quindi essere uno solo: evitare anche solo di ascoltare con fastidio dei pareri diversi dai loro in nome del “fatto compiuto” e “dei fulgidi destini dell’Alto Adige”.

Giovanni Perez

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