L’assordante rumore di fondo dovuto allo scandalo delle prebende concesse a vario titolo, e con dubbia legittimità, ai consiglieri regionali  di lungo corso ha in parte coperto il campanello d’allarme suonato da Francesco Palermo e Alessandro Vitale nell’incontro tenutosi, per presentare l’ultima  fatica editoriale di Palermo sul bicameralismo, al Museo Storico. Il senatore della Bassa Atesina, soffermandosi su quella che è la normale attività dei senatori, ha messo in luce come il tradizionale concetto  di rappresentanza , alla base del rapporto eletti-elettori, sia letteralmente saltato, senza che si siano poste in essere nuove forme più rispondenti ai tempi. Il disegno di legge governativo  di riforma costituzionale della seconda Camera, fresco di stampa, secondo sia Vitale che Palermo aggiunge confusione a confusione, e così come è stato pensato non introduce né una riforma di tipo federale né un rafforzamento del regionalismo, che è fra i principi fondamentali della nostra Costituzione. Giocoforza la discussione si è poi focalizzata sugli articoli del disegno di legge che prevedono profonde modifiche al titolo quinto per quanto attiene il rapporto fra lo Stato  centrale e le autonomie speciali. Il ritorno allo Stato della competenza esclusiva in settori strategici come quelli dell’energia , delle comunicazioni,  dell’alta ricerca e formazione, sono segnali che indicano la volontà dello Stato di accentrare competenze che le Regioni hanno dimostrato di gestire senza riguardo alla lievitazione della spesa pubblica. Tornano alla mente i moniti di Ugo la Malfa, che negli anni settanta del secolo scorso, all’avvento delle Regioni, raccomandò inutilmente la soppressione delle Provincie onde evitare il moltiplicarsi dei centri di spesa. Oggi, causa l’incapacità dimostrata dalla classe politica regionale,  la palla torna allo Stato che, per evidenti ragioni di politica interna  e internazionale, non può lasciare settori strategici nelle mani di amministratori inconsapevoli: la Consulta ha già detto parole chiare per quanto riguarda la misurazione del  consenso popolare;  altrettanto stanno facendo le grandi famiglie politiche europee. Attendiamo che anche in Trentino le forze politiche battano un colpo onde evitare l’escalation della contestazione, che si preannuncia alquanto agguerrita, vedi il proliferare di referendum consultivi separatisti. Anche la luna di miele fra Renzi e il popolo italiano non è destinata a durare: “ Una nazione che crede alla collaborazione delle classi, che rinunzia per pigrizia alla lotta politica, dovrebbe essere guardata e guidata con qualche precauzione…. Privi di interessi reali, distinti, necessari gli italiani chiedono una disciplina e uno Stato forte: ma è difficile pensare Cesare senza Pompeo, Roma forte senza guerra civile”; parole chiare, sul carattere degli italiani, queste  d i Piero Gobetti ( “Elogio della ghigliottina”, novembre 1922). Trento e il Trentino, vasi di coccio fra vasi di ferro, rischiano, per la pochezza della attuale classe politica, di ritornare ai tempi di Carlantonio Pilati, a quando  il grande riformista descriveva Trento come luogo “ove van sempre i malfattori illesi/ e la virtù farsi veder non osa/se non mesta, tremante e paurosa” con la beffa finale per la quale “chi ha ragion riporta sempre il torto”.

Vincenzo Cali

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