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Addio Andreotti


Giulio Andreotti: un sudtirolese acquisito

di Jimmy Milanese                                                                                          07-05-2013

 

 

 

Lunedì è mancato Giulio Andreotti. Un politico attento con visioni e una particolare sensibilità per le minoranze linguistiche. 

 

 

 

Dalle nostre parti era assai conosciuto e rispettato, fino al punto di potere girare liberamente sulle passeggiate di Merano senza essere fermato o disturbato dalla gente. Per oltre trent’anni ospite fisso tra Hotel Palace e Hotel Meranerhof, Giulio Andreotti frequentava e conosceva profondamente l’Alto Adige, dopo avere contribuito alla chiusura del c.d. pacchetto di Autonomia. Era il 1992, 22 aprile, per la precisione, e uno degli ultimi atti di Andreotti come Presidente del Consiglio fu proprio l’invio all’Ambasciata della Repubblica Austriaca a Roma della celebre nota con la quale si trasmetteva copia dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige. Era l’ultimo dei Governi Andreotti, in tutto sette, tra il 1972 e, appunto, il 1992.

Laurea in legge con una tesi sulla personalità del delinquente nel diritto canonico, accompagnò De Gasperi agli Accordi di Pace di Parigi (1947), redigendo il c.d. decreto delle riopzioni, che rimediava alla scellerata Legge n. 1241 del 1939, meglio conosciuta come legge sulle Opzioni.

Fu proprio nel 1953, in qualità di Sottosegretario di Stato del Governo de Gasperi che Andreotti impose il senatore Raffeiner quale relatore del DL sulla riammissione piena degli altoatesini optanti; sia nelle proprie funzioni amministrative sia in quelle civili e politiche, imponendo la sospensione del blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione deciso qualche anno prima.

Nel corso della discussione sul DL, Andreotti si distinse opponendosi fermamente a considerare gli optanti sudtirolesi come seguaci nazisti, spiegando che quella dolorosa scelta di abbandonare l’Alto Adige era motivata dallo stato di insopportabile repressione al quale erano sottoposti cittadini italiani di madrelingua tedesca che non condividevano con lo Stato Italiano ne la lingua ne gli usi e costumi.

Insomma, al di là delle cronache più recenti, che hanno visto il senatore Andreotti sul banco degli imputati per reati di mafia, la sua lunghissima carriera politica, ininterrotta dai tempi dell’Assemblea Costituente, rivela un uomo dal profondo senso di devozione assoluto verso la c.d “cosa pubblica”: un uomo che ha vissuto per la politica, fino al punto di postulare la famosa massima che individua nella mancanza del potere il motivo del logoramento personale, e non certo nella sua detenzione. A ben osservare i più recenti sconvolgimenti della situazione politica italiana, sembra proprio che avesse ragione.

 

Jimmy Milanese  

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