Quella lanciata da un gruppo di giuristi, accademici e intellettuali rappresenta una delle sfide più ardue nell’ambito della prassi referendaria: ci riferiamo alla proposta di referendum abrogativo contro il Green Pass. I tempi tecnici sono strettissimi, tant’è che la proposta sarà depositata a breve: “A causa delle scadenze incrociate derivanti dalla fine del mandato e dalla conseguente rielezione delle Camere, nessuna proposta di referendum abrogativo potrà essere presentata a partire dall’ottobre 2021 e fino alla metà del 2024”. L’affermazione è del professor Luca Marini (uno dei promotori di questa “mission impossible”), docente di diritto internazionale all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove è stato a lungo titolare anche della Cattedra Jean Monnet conferita Ad Personam dalla Commissione europea. Studioso dei problemi giuridici sollevati dal progresso tecno-scientifico, il professor Marini è stato componente del consiglio scientifico della Società italiana di bioetica, componente della Commissione sulla bioetica del CNR e, tra il 1997 e il 2013, componente e vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il professor Marini è stato inoltre coordinatore scientifico nazionale del PRIN “Il principio di precauzione”, componente della Commissione antidoping del CONI, esperto giuridico di numerosi comitati etici ospedalieri e presidente di Assobiobanche. Attualmente è presidente dell’European Centre for Science, Ethics and Law “ECSEL”.
Professore, perché la decisione di ricorrere al referendum abrogativo per fermare il Green Pass?
“Per dare voce ai milioni di Italiani che, da quasi due anni, sollevano dubbi e interrogativi sulla gestione dell’emergenza sanitaria e che ormai assistono quotidianamente alla crescita di un clima di odio e di violenza alimentato anche dalle Istituzioni. Il Green Pass, tra l’altro, per esplicita ammissione di chi lo propone, non ha alcuna valenza sanitaria. Ecco, potremmo dire che il referendum contro il Green Pass ha lo scopo, più generale, di evitare che l’emergenza sanitaria si trasformi in emergenza democratica”.
Quali sono i tempi tecnici per indire il referendum?
“Molto stretti. È una vera e propria lotta contro il tempo, tenuto conto dei termini imposti dall’adozione del Decreto Legge in pieno agosto. Ma è un tentativo che va fatto a tutti i costi, anche perché nessuna proposta di referendum abrogativo potrà più essere presentata a partire dall’ottobre 2021 e fino alla metà del 2024, a causa delle scadenze incrociate derivanti dalla fine del mandato e dalla conseguente rielezione delle Camere”.
La vostra proposta ha incontrato il sostegno di una parte della politica?
“Direi proprio di no. Ma del resto è comprensibile: in Italia i referendum sono solitamente appannaggio dei partiti e non dei cittadini. Questo, invece, è un referendum ideato, proposto, gestito e condotto dai cittadini per i cittadini, sulla base di risorse intellettuali, culturali, professionali e finanziarie promananti esclusivamente dai promotori stessi e dalla società civile”.
Secondo il coordinatore del Cts, Franco Locatelli, “il Green Pass va mantenuto anche dopo le riaperture complete”. Il sito ufficiale dell’Unione europea precisa, invece, che il certificato “contribuirà a far sì che le restrizioni attualmente in vigore possano essere revocate in modo coordinato”. Come stanno le cose?
“Si tratta di una contraddizione solo apparente. Dietro la gestione dell’emergenza sanitaria non è difficile scorgere la volontà di determinati centri di potere di varare un riassetto generale della società, dall’economia all’antropologia, in nome e per conto degli interessi liberisti, mercantilisti e globalisti di cui proprio l’Unione europea è portabandiera. La differenza è che l’Unione europea è molto più prudente, qualcuno potrebbe dire reticente, nelle sue affermazioni”.
Con il termine “green” si fa riferimento, di solito, ai temi legati alla salvaguardia dell’ambiente. Perché un lasciapassare dovrebbe essere “verde”?
“Temo che la scelta del termine sia anzitutto strumentale e di facciata. Il termine “green”, infatti, come del resto il termine “bio”, è ormai associato in modo del tutto acritico a valori e messaggi da molti ritenuti positivi, nei più diversi contesti. Nella strategia governativa, però, io intravedo qualcosa di più di una mera strumentalizzazione semantica e, in particolare, la volontà di preparare i cittadini all’altra grande mistificazione narrativa cui assisteremo nel prossimo futuro, e cioè quella relativa al problema del “climate change”. Ne riparleremo quando determinati comportamenti “green”, che ovviamente non saranno sorretti da alcun fondamento scientifico, diventeranno non solo obbligatori, ma anche indicatori di meriti e di virtù civili e sociali, proprio come oggi accade per il vaccino anti-Covid”.
Parliamo di geopolitica: la Danimarca sta tornando alla piena normalità, la Spagna ha detto “no” al Green Pass, mentre l’Italia è orientata addirittura ad estendere la “certificazione verde”. Linea durissima anche in Francia. Che cosa sta accadendo?
“Accade in buona sostanza che i Paesi che hanno conservato la propria identità nazionale (e potrei citarne altri non compresi nel Suo elenco) riescono ad opporsi ancora con successo al liberismo globalista. Per quanto riguarda la Francia, in particolare, ritengo sia solo un problema contingente, legato all’attuale establishment: quando quest’ultimo cambierà, i Francesi si riapproprieranno delle loro tradizioni culturali e respingeranno con forza uno strumento discriminatorio tanto odioso e scellerato come il Green Pass. Il problema è capire invece se l’Italia, dopo avere subito passivamente almeno due decenni di narrazione a senso unico sull’intangibilità del feticcio Europa, nonché due cosiddetti governi tecnici di chiara ispirazione mercantilistica, riuscirà a recuperare la sua identità”.
La pandemia è esplosa in Cina ed è arrivata subito in Italia. Qualcuno teme che Roma sia davvero troppo “vicina” a Pechino…
“Troppo vicina. Le basti pensare che l’anno scorso, nel pieno dell’emergenza sanitaria, il Ministero della Salute diffuse un decalogo comportamentale in cui, accanto a indicazioni ovvie e scontate (lavati spesso le mani, non toccarti gli occhi, etc.), figurava un’indicazione quanto meno singolare, secondo cui “I prodotti “MADE IN CHINA e i pacchi ricevuti dalla Cina non sono pericolosi” (in maiuscolo nell’originale). È davvero stupefacente che, quasi due anni fa, il Ministero della Salute – della Salute, si badi, non del commercio – si preoccupasse di rassicurare gli Italiani su prodotti e imballaggi provenienti da un’area, all’epoca, ad alto rischio di contagio, quando ancora oggi non sono disponibili evidenze scientifiche che escludano al di là di ogni ragionevole dubbio la possibilità di contrarre il virus e sviluppare il Covid per il tramite di manufatti di vario genere. Maliziosamente, si potrebbe affermare che l’intero decalogo sia stato concepito al solo scopo di additare all’attenzione degli Italiani, accanto a comportamenti banali nella loro semplicità, il risultato che più stava a cuore al Ministero: e cioè evitare di compromettere gli scambi commerciali con un partner così ingombrante come la Cina”.
Secondo il Premier Draghi “gli appelli a non vaccinarsi sono inviti a morire, oppure a far morire: non ti vaccini, contagi, muori, o fai contagiare e fai morire”. Per il Presidente Mattarella “vaccinarsi è un dovere morale e civico. Non si invochi la libertà per sottrarsi dalla vaccinazione, perché quella invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui”. Papa Francesco ha dichiarato che “vaccinarsi è un atto d’amore”. Come interpreta queste dichiarazioni?
“Si tratta di affermazioni non solo prive di fondamento scientifico, ma – duole ammetterlo – capaci di rivelarsi in grado di elevare a norma giuridica e morale la pratica dell’odio e della discriminazione sociale. Del resto, mi sembra che in questi giorni il Presidente Mattarella sia stato querelato da alcuni avvocati proprio per le dichiarazioni pubbliche rese a Pavia. Ovviamente è compito della Procura vagliare le querele, ma resta il fatto che queste affermazioni sono indicative di un clima di tensione che certo non contribuisce all’unità nazionale, di cui il Presidente della Repubblica è il garante e che non può essere sottovalutato”.
Obbligo vaccinale generalizzato: l’Italia ci pensa. Al momento è in vigore solo in Indonesia, Micronesia, Tagikistan e Turkmenistan. Qual è il Suo parere, al riguardo?
“Faccio una premessa. I vaccini anti-Covid attualmente in commercio non sono vaccini. Sono farmaci sperimentali. Chiunque sostenga il contrario non rende un buon servigio all’informazione trasparente e obiettiva e dunque ai cittadini. E la prova di quanto affermato è data dal fatto che i “vaccini” in questione sono stati autorizzati in base al regolamento della Commissione europea n. 507/2006, che appunto autorizza l’immissione in commercio di farmaci per i quali non sono disponibili dati clinici relativi alla loro sicurezza ed efficacia. Anche in questo caso è stupefacente che i media celino queste informazioni. Sorprende di meno il fatto che, grazie alla strumentalizzazione del termine “vaccini” quotidianamente operata dai media e dalla politica, gli Italiani si siano convinti, erroneamente, che nella vicenda Covid la medicina – e più in generale la scienza – stia svolgendo quella funzione sociale che le era propria ai tempi dei vaccini veri, quelli, per intenderci, di Pasteur, Jenner, Sabin, Koch. E ora rispondo alla Sua domanda, ma con un’altra domanda: quale sarebbe stata la Sua reazione se due anni fa le avessero detto che un Governo, che peraltro non gode di alcuna legittimazione popolare, avrebbe imposto agli Italiani di testare un farmaco sperimentale? E mi sembra difficile sostenere ancora che tutto ciò è giustificato e legittimato da una situazione di crisi, visto che la gestione politica di questa crisi è stata indubbiamente avvolta da molte ombre: a cominciare dalla strategia ministeriale della “vigile attesa e tachipirina”, che senz’altro non ha agevolato l’individuazione di efficaci terapie precoci anti-Covid”.
Nei giorni scorsi si sono disputati due grandi eventi sportivi (praticamente sold-out), senza troppi patemi per il virus: il G.P. di Formula 1 a Zandvoort (Paesi Bassi) e la partita di calcio Svizzera-Italia a Basilea. Stadi pieni, in occasione degli Europei di giugno-luglio, anche in Ungheria e in UK. Nessuna restrizione in Svezia. Sembra che il virus si accanisca solo in determinati Paesi…
“Torniamo a quanto detto prima. Ci sono Paesi che mantengono la propria identità e altri che l’hanno perduta da tempo. L’opinione pubblica italiana è stata drogata per anni da quel buonismo solidarista di stampo europeista, funzionale alla globalizzazione dei mercati, che stigmatizza ogni residua espressione di identità nazionale facendola passare per “sovranismo”, che per molti media fa rima con “fascismo”. Ciò, ovviamente, distrae il pubblico da problemi più seri, come le cause del Covid, di cui infatti nessuno parla”.
Il professor Ugo Mattei ha dichiarato, in una nostra intervista, che sono saltati gli organi di garanzia e che “esiste un progetto di sostituzione del diritto con la tecnologia informatica, intesa come strumento di controllo sociale”. Condivide la sua analisi?
“Direi proprio di sì. La teoria politica classica propone i seguenti elementi come fondamenti del totalitarismo: ideologia, propaganda, scienza, terrore. Mi dica Lei se non sono gli stessi elementi che hanno caratterizzato la gestione del Covid. E anche in questo caso è stupefacente che buona parte degli Italiani non se ne sia accorta. Del resto, a restare in silenzio di fronte a questa deriva sono stati anzitutto gli intellettuali, universitari in testa, che nella stragrande maggioranza dei casi accetta acriticamente il Green Pass, come domani accetterà il vaccino obbligatorio. E lo dimostrano i diversi appelli che molti colleghi docenti hanno sottoscritto in questi giorni, che si risolvono semplicemente nell’auspicare l’apertura di dibattiti politici: forse un po’ poco, visto anche l’andamento dei lavori parlamentari”.
Oggi c’è il Green Pass. E domani? Che cosa ci riserverà il futuro?
“Oligarchie plutocratiche che agiscono d’intesa con tecnocrazie sovranazionali per assoggettare l’intera umanità, privandola, per prima cosa, della libertà di pensiero e di parola, per poi disporre a piacimento dell’ultimo serbatoio incontaminato di materie prime: il DNA umano. Ma non lo dico io: bastava che gli Italiani leggessero, tra gli altri, London, Huxley, Orwell, Bradbury, Asimov o Harrison e avrebbero capito cosa il futuro riservava loro. Occorre rifondare le basi culturali della società per rimediare a questo stato di cose e per sconfiggere i draghi che pretendono di approfittarne: per quanto è possibile, ci stiamo lavorando e la proposta di referendum abrogativo del Green Pass serve anche a questi scopi”.