Gioco pubblico, tutte le radici della crisi del settore terrestre in Italia

Continua la crisi del gioco pubblico e legale terrestre in Italia, continua un periodo nero che, nonostante alcuni timidi segnali di ripresa nell’immediato post pandemia, adesso torna a spaventare. Negli ultimi anni, il settore del gambling terrestre italiano, quello rappresentato prevalentemente da apparecchi da intrattenimento come AWP e VLT, ha subito un declino significativo. E a tirare avanti il comparto è quasi esclusivamente il gioco online, che con la sua crescita sta ridefinendo il panorama del gioco d’azzardo legale nel Paese.

Partiamo per gradi, però. E cerchiamo di capire innanzitutto il giro d’affari complessivo del gioco pubblico italiano. Per farlo possiamo leggere il Libro Blu 2022 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la pubblicazione che fotografa, anno dopo anno, l’andamento del gambling del nostro paese. Nel 2022 la raccolta del gioco ha raggiunto i 136 miliardi di euro, con un aumento del 22% rispetto all’anno precedente.  Cresce anche l’impatto fiscale, con il gettito complessivo dei giochi che ha contribuito per 11miliardi e 220 milioni di euro, con gli apparecchi da intrattenimento che rappresentano la quota maggiore (circa il 50% del totale). Una percentuale che però è in costante diminuzione, confermando così il calo della rilevanza di questo settore.

Il comparto AWP e VLT, da sempre centrale per il gambling terrestre, ha visto una significativa riduzione sia nella raccolta sia nella presenza sul territorio. I dati del Libro Blu mostrano infatti che tra il 2021 e il 2022, il numero di apparecchi è diminuito del 5%, passando da circa 250.000 a 237.000 unità. Parallelamente, il numero di esercizi che offrono questi apparecchi è sceso a poco più di 60.000. Anche a livello occupazionale la crisi si è fatta sentire: lo “Studio sul settore dei giochi in Italia 2023 – Focus su apparecchi con vincita in denaro e online”, realizzato dalla CGIA Mestre mette in mostra una perdita di circa 7.500 posti di lavoro diretti rispetto al 2019, con un ulteriore impatto indiretto su tutta la filiera del gambling terrestre.

In controtendenza invece il settore digitale, con i casinò online italiani protagonisti di una crescita senza precedenti: +36% dal 2020 al 2022, che tradotto in euro vuol dire passare da 49 miliardi a oltre 73 miliardi. I perché di questo exploit dei casinò sono da ricondurre innanzitutto nella maggiore accessibilità del gioco online, che offre la possibilità di giocare ovunque e in qualsiasi momento, ma anche una regolamentazione che, sebbene rigorosa, gode di maggior flessibilità normativa rispetto agli apparecchi terrestri. A questo cambiamento, già in atto, ha contribuito l’accelerata data dalla pandemia: durante il lockdown, infatti, il gioco online (e più precisamente i casinò online) era l’unica alternativa possibile, dettando così un cambiamento di abitudini che oggi è diventato definitivo.

Se questo è il presente, però, il futuro rischia di essere ancora più incerto. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli stanno considerando ulteriori interventi per razionalizzare il comparto, tra cui una riduzione del numero di apparecchi e una riorganizzazione dei punti gioco. Misure che però rischiano di indebolire ulteriormente un settore già in crisi. Si parla infatti di una riduzione da 250 mila AWP a 200 mila, mentre le VLT passerebbero da 55 mila a 45 mila.

Una proposta che difficilmente passerà ma che rischia di dare il colpo di grazia ad un settore già in crisi. Il futuro allora può essere quello dell’omnichannel, dell’integrazione tra online e terrestre, tra digitale e fisico. Usare la crescita del gioco a distanza per riabilitare anche quello in presenza può essere la giusta via per tutelare un settore e una filiera importantissimi per l’economia italiana.