Undici anni fa, a settembre, il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione di Istanbul, un importante accordo volto a prevenire e combattere la violenza contro le donne.
Da allora, l’Italia ha attuato una serie di misure per affrontare la violenza di genere. Nonostante questi sforzi, la prevalenza della violenza fisica e sessuale contro le donne da parte di partner intimi rimane allarmante.
I numeri parlano chiaro: oltre il 30% delle donne in Italia ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita. Tra il 1° gennaio e il 1° settembre 2024, 65 donne sono state vittime di omicidio, 36 delle quali uccise dal partner o dall’ex partner.
Il Paese che portiamo alla vostra attenzione si trova ad affrontare sfide simili nella protezione dei diritti delle donne e nella creazione di un ambiente non violento, ovvero l’Armenia, una piccola nazione del Caucaso meridionale.
Le donne in questa nazione, temendo il giudizio e il contraccolpo della società, preferiscono tacere le loro esperienze. Infatti, in Armenia, così come in Azerbaigian o in Georgia, numerosi casi di violenza non vengono denunciati a causa di norme sociali profondamente radicate e di pressioni che scoraggiano le donne dal cercare aiuto. Queste condizioni ostacolano gli sforzi di sensibilizzazione delle giovani generazioni e impediscono la lotta alla violenza di genere.
Sebbene l’Armenia, a differenza dell’Italia, non abbia ancora ratificato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ha compiuto notevoli passi avanti nel rafforzamento della legislazione sulla violenza domestica.
Un passo importante è stato compiuto quest’anno con l’adozione di un pacchetto completo di emendamenti su tale violenza. Tra le aggiunte più importanti vi sono definizioni più chiare, l’ampliamento del concetto di “partner intimo” e sanzioni più severe per gli autori di violenza in famiglia.
Secondo il Comitato investigativo dell’Armenia, in un Paese con meno di 3 milioni di abitanti, lo scorso anno 14 donne hanno perso la vita a causa della violenza in casa. I numeri raccontano poco delle storie personali che le statistiche non possono cogliere. Tuttavia, il ruolo dei Centri antiviolenza e delle organizzazioni internazionali e non governative è particolarmente importante nei Paesi in cui il lavoro di sensibilizzazione e di promozione della legislazione sulla parità di genere è agli inizi.
Uno dei fondamenti per il recupero fisico e psicologico delle vittime è rappresentato dai Centri di protezione per le vittime di violenza domestica. Oltre agli sforzi di advocacy, il Centro di sostegno alle donne offre una casa di accoglienza per le stesse e i loro figli che hanno subito violenza. Mentre in Armenia questi progetti sono relativamente recenti e scarsi, in Italia ci sono diverse iniziative per accogliere le donne in difficoltà. Oltre a offrire luoghi sicuri alle vittime di violenza, in Alto Adige è stato avviato il progetto ERIKA, che consente alle vittime di richiedere assistenza tempestiva e di accedere ai servizi di supporto nel più breve tempo possibile.
Quando la vita e la salute sono a rischio, i ritardi nell’agire contro la violenza e l’indifferenza possono portare a esiti tragici. Uno dei casi più noti di violenza mortale si è verificato nel 2022 nel villaggio di Zovuni, nella provincia di Kotayk, dove un uomo ha ucciso la sua ex moglie facendo esplodere una granata, uccidendo se stesso e la moglie. Questo atto orribile ha lasciato orfani i loro quattro figli, nonostante le ripetute richieste di aiuto della moglie alla Polizia e ai Centri di assistenza.
Le Forze dell’ordine sarebbero tenute a mantenere i più alti standard di rapidità di intervento e di responsabilità. La carenza di risorse economiche e l’insufficiente formazione degli enti preposti a intervenire minano l’effettiva attuazione anche della legislazione più avanzata in materia di violenza sulle donne.
Nel complesso, l’Armenia, come molti altri Paesi del mondo, è caratterizzata da misure preventive poco sviluppate, nonostante l’avanzamento della legislazione e il suo allineamento agli standard internazionali. Come ha scritto Nelson Mandela nel rapporto mondiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità su violenza e salute: “Molti di coloro che vivono la violenza giorno dopo giorno pensano che sia una parte intrinseca della condizione umana. Ma non è così. La violenza può essere prevenuta. I Governi, le Comunità e gli individui possono fare la differenza “.
In foto: Jacopo Cosenza e Anna Stepanian