Le informazioni che giungono dall’Ucraina sono frammentate. Inoltre, in tempo di guerra è estremamente difficile distinguere le notizie dalla propaganda, presente su entrambi i fronti. Ciò che, invece, pare chiaro è l’origine del conflitto, risalente ai fatti del 2014 e che nessuno evidentemente desiderava prevenire, unitamente all’asperità delle battaglie tuttora in corso. Ne danno conferma i recenti massacri di Soledar e Bakhmut, di cui non si conoscono ancora i dettagli. Non è poi escluso che la guerra possa salire notevolmente di livello. Abbiamo provato a fare il punto con Enrico Tomaselli, che scrive di strategia e geopolitica sul portale Giubbe Rosse News (https://giubberosse.news/author/enrico-tomaselli/).
Nel collegamento con la base americana di Ramstein, il presidente Zelensky ha invocato tank, jet F-16, missili a lunga gittata. Non sembra un inno al pacifismo e il conflitto potrebbe durare a lungo…
“Non stupiscono le richieste di Zelensky. La riunione di Ramstein assume tuttavia un significato simbolico: dalle foto si evince che, seduti intorno al tavolo, Americani e Ucraini ‘presiedevano’ l’incontro, mentre gli altri partner avevano un ruolo ‘subalterno’. Dal mio punto di vista, per gli Americani è importante puntare su un’offensiva verso Sud e quindi in Crimea, che potrebbe avere luogo in primavera. Gli Americani sono consapevoli che, con le battaglie di Soledar e Bakhmut, gli Ucraini si sono impantanati e stanno pagando un prezzo altissimo, ed è necessario ribaltare la situazione”.
Come giudica l’atteggiamento della Germania e, in particolare, del cancelliere Scholz?
“I Tedeschi si trovano in una situazione profondamente imbarazzante. L’idea di inviare i loro carri armati contro i Russi è già abbastanza discutibile sotto il profilo storico (il riferimento all’attacco hitleriano all’Urss nella seconda guerra mondiale, conclusosi con la disfatta tedesca, ndr). Peraltro, la Germania è consapevole della forte pressione esercitata nei suoi confronti dagli Usa. La verità è che i Paesi europei della Nato non dispongono di mezzi corazzati sufficienti neanche per la propria difesa, perciò la Germania gradirebbe che, a inviare i carri armati, fossero innanzitutto gli Americani”.
La Russia ha dichiarato di aver conquistato Soledar, teatro di una carneficina. Quali sono le ultime notizie dal fronte?
“Probabilmente nelle prossime ventiquattro ore potremmo avere notizie più precise. Le ultime novità riguardano l’accerchiamento ‘operativo’ russo di Bakhmut e l’offensiva in direzione di Zaporizhzhia. Per loro la conquista della città rappresenta un obiettivo fondamentale, sia perché si inserisce in un percorso di liberazione dei territori, sia perché si trova a cavallo del Dnepr. Se riuscissero a ripassare sulla riva destra del fiume, a quel punto i Russi potrebbero riprendersi anche l’altra parte di Kherson”.
Quando potrebbe terminare il conflitto? A chi conviene, invece, la guerra?
“Conviene agli Americani, che ci stanno guadagnando sotto tutti i punti di vista: gli aiuti e i mezzi che gli Usa stanno fornendo agli Ucraini non sono mai risolutivi, né decisivi, ma molto remunerativi, perciò hanno tutto l’interesse a prolungare il conflitto il più possibile. I Russi, d’altra parte, avvertono l’intervento di Usa e Nato come una minaccia e quindi non molleranno. Penso che da qui all’estate la situazione possa cambiare radicalmente: credo che i Russi tenteranno un attacco massiccio entro la fine di febbraio. Se le cose si dovessero mettere bene per loro, si potrebbe anche arrivare ad un cessate il fuoco. In caso contrario c’è il rischio di maggiore escalation”.
In tempi di guerra è difficilissimo distinguere la vera informazione dalla propaganda. Tuttavia il conflitto ha origini antiche…
“Le cose sono chiare: gli Americani lavorano da almeno dieci anni sull’espansione della Nato. Questi sono dati di fatto, storici, non opinabili. La conferma giunge dalla straordinaria facilità con cui l’Europa ha ammesso di aver firmato gli accordi di Minsk del 2014, soltanto per consentire agli Ucraini di armarsi e di preparare il conflitto. Nei mesi precedenti la guerra gli Ucraini si stavano posizionando massicciamente ai confini del Donbass. Inoltre, secondo gli osservatori dell’Osce, i bombardamenti dell’artiglieria sul Donbass erano aumentanti in maniera significativa. Si può dedurre che, se Putin non avesse attaccato per primo, l’avrebbero fatto gli altri”.
Che fine ha fatto la diplomazia?
“La diplomazia non è mai stata messa sul piatto della bilancia. Non ce n’era proprio l’interesse”.
Rischio escalation: cosa potrebbe accadere?
“Sul piano economico le conseguenze sono evidenti e le sconteremo per almeno un decennio. Indipendentemente dall’esito della guerra, si è ricreata una sorta di cortina di ferro, perciò gli scambi tra Est e Ovest non riprenderanno nel breve periodo. In termini di vite umane, invece, il bilancio potrebbe aggravarsi ulteriormente. Attualmente gli Ucraini hanno subito le perdite maggiori; tuttavia pure i Russi stanno pagando un prezzo”.
Quali sarebbero, a Suo parere, gli interessi di Usa, Nato e UE?
“Dopo aver firmato l’accordo con la Nato, secondo cui le risorse verranno destinate alle esigenze militari, l’UE di fatto non esiste più. L’Europa ha perso completamente la percezione della realtà, in quanto la sua leadership è schiacciata dalla volontà della Nato e, di conseguenza, degli Usa di erigere una barriera tra Europa e Russia. Come ho detto in precedenza, si vuole ricreare la cortina di ferro”.
L’Italia si è schierata apertamente con Kiev, finanziando armi e supporto strategico. In base all’articolo 11 della Costituzione, non sarebbe stato più saggio assumere una posizione neutrale e diplomatica?
“Ormai l’articolo 11 della Costituzione viene calpestato da decenni. Si pensi agli interventi nella ex Jugoslavia, in Iraq e in Libia senza il coinvolgimento dell’Onu. Sul piano effettivo, invece, l’Italia sta contribuendo molto poco alla causa ucraina: i mezzi italiani sono, infatti, limitati e mediocri. Preoccupa semmai l’atteggiamento politico, estremamente feroce nei confronti della Russia e che comprometterà irrimediabilmente i nostri rapporti futuri con i Russi. Del resto, l’attuale Presidente del Consiglio non ha mai nascosto le sue preferenze nei confronti dell’Atlantismo. Anzi”.
All’inizio del conflitto è esplosa la russofobia. Artisti e intellettuali russi sono stati presi di mira. Si è trattato di un boomerang pericoloso? Come ha reagito il mondo dell’arte?
“Purtroppo male. Si respira un conformismo spaventoso e senza senso. Pochi artisti hanno reagito, mettendoci la faccia. Tutti gli altri sono rimasti in silenzio e hanno subito passivamente questa follia nei confronti dell’arte e della cultura”.
Secondo i cosiddetti “complottisti”, il conflitto in Ucraina sarebbe in qualche modo una prosecuzione dell’emergenza Covid, a cui seguirà quella climatica. Si prevedono batoste sugli immobili e sulle nostre tavole sono in arrivo grilli e insetti di ogni genere. Qualcuno vorrebbe anche condurre una crociata contro il vino. Al di là delle varie teorie cospirazioniste, sembra però che non si possa più vivere in pace. Qual è il Suo parere?
“Non vi è dubbio che la politica dell’emergenza rappresenti una manna per i governi occidentali. L’emergenza permanente è perfetta, perché consente a chi governa di aggirare leggi ordinarie, ma anche di violare principi di natura etica. Per qualcuno ciò che sta accadendo rappresenta una ghiotta opportunità: la pandemia è stata sfruttata per sperimentare una gestione autoritaria della società. Dissentire è sempre considerato inaccettabile dall’autorità che, invece, con l’emergenza giustifica qualunque provvedimento”.