Per la prima volta, dopo oltre sessant’anni di relativa tranquillità, in Occidente stiamo vivendo un momento storico decisivo. Nonostante in questo momento non ci stiano cadendo addosso le bombe, la polarizzazione della società in due fazioni sta creando le premesse di un mondo nuovo. In particolar modo stanno venendo a mancare i presupposti per ogni prospettiva democratica.
Con ciò non si allude ad un qualche supposto attuale “deficit di democrazia”, ma piuttosto si intende porre l’attenzione su cosa ci si possa aspettare dalla politica del domani. Se, infatti, nel mondo contemporaneo la società civile è divenuta soggetto politico sempre più attivo, pretendendo di avere costantemente voce in capitolo sui processi decisionali, il sistema politico sta risentendo profondamente delle dinamiche interne che la percorrono. Lo strumento della democrazia come da noi comunemente intesa sta diventando obsoleto.
Esso prosperava in un mondo in cui l’informazione veniva somministrata attraverso canali più o meno istituzionali, e quindi controllabili. La cultura di massa che ne derivava, e quindi la percezione della realtà in cui vivevano i cittadini, veniva così stabilizzata e rafforzata da una continua validazione da parte delle diverse fonti. Il limite delle divergenze di vedute possibili si circoscriveva all’interno della dualità progressisti-reazionari, e al di fuori di questi confini rimaneva solo qualche bisticcio trasversale su tematiche sociali.
L’esplosione di internet e dei social network ha però scombussolato le carte in tavola. Numeri stratosferici di informazioni discordanti tra loro – spesso anche prive di qualsiasi fondamento – hanno posto l’individuo in una posizione molto scomoda. Esso ora possiede una nuova consapevolezza: non siamo immersi in un mondo fatto di verità, ma in molteplici interpretazioni della stessa.
In questo modo l’autorevolezza degli esperti, sulla quale si basava la manipolazione percettiva nei vari ambiti, viene totalmente a mancare e la società del sospetto che ne deriva non è più compatibile con quel sistema informativo che, in precedenza, aveva il compito di circoscrivere il dibattito pubblico in territori del pensiero controllabili. A qualcuno potrebbe suonare strano ma forse siamo semplicemente diventati troppo intelligenti per restare democratici.
Con queste premesse, sarebbe naturale temere, a questo punto, un ritorno a forme totalitarie e oppressive come le abbiamo conosciute nella prima metà del Secolo Breve. Bypassare la consapevolezza appellandosi alla coercizione potrebbe apparire la via più semplice per mantenere il controllo su un’umanità percettivamente iperattiva, almeno davanti alla prospettiva di lotte intestine e all’impossibilità di manipolare gli interessi individuali per armonizzarli con quelli collettivi. La soluzione così verrebbe ad essere il totale annullamento dell’individuo, i cui interessi – da esso presunti o reali – sarebbero parimenti destinati al sacrificio davanti al Bene Comune.
Conosciamo bene i pericoli che si nascondono dietro a questo tipo di derive e non trovo strano che, al minimo segno di centralizzazione del potere, alcuni intellettuali come Massimo Cacciari e Alessandro Barbero abbiano iniziato a mugugnare. Tuttavia, sono convinto che dietro a prospettive inquietanti si possano celare, invece, grandi opportunità.
Messo alle strette, l’essere umano ha provato nel corso della storia di avere la capacità di estrarre il famoso coniglio dal cappello. Sapere attingere dall’imponderabile: forse è proprio questa caratteristica ad averci eletto specie dominante su questo pallido puntino blu che chiamiamo Terra. Il cambiamento che incombe, ci impone il rinnovo di abitudini comportamentali e politiche, ma allo stesso tempo apre una finestra utile per sradicare abitudini cristallizzate e dannose.
Non possiamo sperare di trovare risposte efficaci ad una realtà nuova voltando lo sguardo all’indietro, e così non ci resta che procedere verso un mondo nuovo, che richiede in questo caso una rivoluzione nella comunicazione tra istituzioni e cittadini.
Proprio la comunicazione è l’aspetto chiave della gestione politica dell’occidente contemporaneo e, di questo, le nostre classi dirigenti dovrebbero rendersi conto. Uno degli aspetti più disastrosi della comunicazione sulla pandemia è stato, infatti, il tentativo di iper-semplificare questo tema tanto complesso, contando sulla presunta incapacità cognitiva da parte della cittadinanza. Si è fatto così un continuo ricorso ad universali, distribuendo certezze a destra e a manca ed impedendo nella misura del possibile il contraddittorio. Questa verità artificiosa ed imposta, sostenuta con la coercizione e con il paternalismo, ha solamente alimentato confusione, rabbia sociale e sfiducia nei confronti di chi è preposto a prendere le decisioni. I cittadini di oggi hanno bisogno di un approccio diverso e più maturo, perché bluffare certezze inesistenti indebolisce le interpretazioni più ragionevoli e rafforza le posizioni di chi grida al complotto globale. Comunicare e pensare in termini probabilistici è invece il miglior antidoto al sospetto ed è proprio questo l’approccio onesto ed equilibrato sul quale auspico si potrà fondare, in futuro, una nuova politica e, con essa, una percezione più ampia ed estesa della realtà in cui viviamo.