Pass e vaccini: il parere del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina

“Superare il “muro contro muro” dei dati scientifici e riportare al centro della gestione politica del Covid i princìpi e i valori cui si ispira la riflessione bioetica”: questa la mission del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB), costituitosi nei giorni scorsi, con la partecipazione di docenti ed esperti di diverse discipline e nazionalità, per volontà dei professori Luca Marini (docente di diritto internazionale all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”), Francesco Benozzo (professore associato di filologia e linguistica romanza presso l’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”) e Laurent Mucchielli (direttore di ricerca presso il CNRS francese). All’articolazione italiana del CIEB, ospitato sul sito dell’European Centre for Science, Ethics and Law (ECSEL: http://www.ecsel.org), forniscono il loro contributo Lorenzo Alibardi, docente di biologia cellulare presso l’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”; Bruno Cheli, docente di statistica presso l’Università di Pisa; Maria Luisa Chiusano, docente di biologia molecolare presso l’Università di Napoli “Federico II”; Daniela Danna, sociologa presso l’Università del Salento; Alessandro Fraleoni Morgera, docente di scienza dei materiali presso l’Università di Chieti-Pescara; Gabriella Paolucci, docente di sociologia dell’ambiente presso l’Università di Firenze. All’articolazione francese del CIEB contribuiscono Jean-Paul Bourdineaud, docente di tossicologia e biochimica presso l’Università di Bordeaux; Elise Carpentier, docente di diritto pubblico presso l’Università di Aix_Marseille; Jouliette Rouchier, economista, direttore di ricerca presso il CNRS; Jean-Marie Seca, docente di sociologia presso l’Università di Lorraine; Matthieu Smyth, ricercatore di scienze religiose presso l’Università di Strasburgo; Christian Velot, docente di genetica molecolare presso l’Università di Paris-Saclay; Manuel Zacklad, docente di scienze dell’informazione e della comunicazione presso il Conservatoire national des arts et métieres. Gli appelli del CIEB sono motivati dalla gravissima deriva democratica in cui sta sprofondando il Paese. Il record di contagi raggiunto nei giorni scorsi rivela inequivocabilmente il fallimento totale della gestione italiana della pandemia: nonostante 108 milioni di somministrazioni complessive di vaccino, le fortissime limitazioni della libertà personale negli ultimi due anni, l’introduzione del Green Pass, del Green Pass rafforzato, del Mega Green Pass (la novità prevista nel decreto “natalizio”), dell’obbligo vaccinale per alcune categorie, il Governo non accenna minimamente a tornare sui suoi passi. Al contrario, procede spedito a colpi di decreti che contengono provvedimenti sempre più incomprensibili, illogici, antiscientifici e che fomentano divisioni sociali mai viste nella Storia della Repubblica. A ciò si aggiungono le enormi ripercussioni economiche causate da tali provvedimenti (si considerino gli effetti devastanti delle restrizioni in ogni ambito di attività nel periodo delle festività natalizie, per il secondo anno consecutivo), che rischiano seriamente di trascinare il Paese verso la completa autodistruzione. È ormai evidente a qualsiasi persona di buonsenso che il Covid non potrà mai essere debellato inoculando dosi a raffica a tutti i cittadini (praticamente un’iniezione ogni quattro mesi) e per un periodo indeterminato, in aggiunta contemporaneamente all’obbligo per le persone di vivere perennemente “distanziate” e “mascherate”. Di seguito il comunicato del CIEB: il Comitato “intende valutare le criticità della campagna vaccinale in atto, in Italia come in altri Paesi europei, campagna di cui molti Italiani stanno prendendo coscienza, talvolta con reazioni esasperate in assenza di informazioni coerenti e verificabili”. Inoltre: “È utile premettere che sta diffusamente emergendo la consapevolezza che l’autorizzazione all’immissione in commercio dei cosiddetti vaccini anti-Covid è avvenuta in via «condizionata» e temporanea, sulla base del regolamento della Commissione europea n. 507/2006 del 29 marzo 2006, che si applica espressamente a «medicinali» per i quali «non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia» (art. 3, n. 1)”. Il CIEB rileva inoltre la scarsissima attenzione nei confronti delle cure: nell’ultimo anno e mezzo sono aumentate infatti le evidenze scientifiche sull’importanza del trattamento domiciliare precoce del Covid, grazie a cui si ridurrebbero drasticamente ricoveri e decessi. “Parallelamente a ciò -prosegue il comunicato del CIEB- sta emergendo la consapevolezza che le due principali organizzazioni internazionali operanti sul piano regionale europeo, il Consiglio d’Europa e l’Unione europea, hanno ritenuto necessario ribadire la libertà di scelta vaccinale allo scopo di scongiurare l’introduzione di illecite discriminazioni tra soggetti vaccinati e non vaccinati. Per prima, in tal senso, è intervenuta l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa mediante la risoluzione 2361(2021) del 27 gennaio 2021, che auspica come «nessuno subisca pressioni politiche, sociali o di altro tipo affinché si vaccini, se non desidera farlo personalmente». Per seconda è intervenuta l’Unione europea mediante il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2021/953 del 14 giugno 2021, che tra l’altro intende evitare «ogni discriminazione diretta o indiretta delle persone che hanno scelto di non vaccinarsi». Mentre gli Italiani, pur in assenza di una comunicazione istituzionale trasparente, si sforzano di acquisire una maggiore consapevolezza critica della gestione politica dell’emergenza Covid, anche in vista di informare il proprio consenso all’eventuale vaccinazione, il Governo continua nella sua azione volta a promuovere – mediante provvedimenti e metodi normativi sempre più coercitivi, controversi e contestati – la campagna vaccinale, ora prorogando continuamente lo stato emergenziale pur a fronte di una mutata realtà sanitaria, ora obbligando alla vaccinazione gli appartenenti a specifiche categorie professionali secondo un approccio mirato (prima i sanitari, poi i docenti, poi gli appartenenti alle forze dell’ordine e alle forze armate), ora adottando provvedimenti che di fatto costringono surrettiziamente alla vaccinazione larghe porzioni di cittadini. L’azione del Governo prefigura possibili violazioni dei diritti e delle libertà fondamentali garantiti dall’ordinamento italiano, con specifico riferimento al diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione, che antepone, sul piano sistematico, il diritto individuale all’interesse collettivo («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività»: e non viceversa). L’art. 32, come noto, stabilisce altresì che «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», laddove per «legge» non può che intendersi, nello spirito della Costituzione repubblicana approvata nel 1948 dopo l’esperienza fascista, un provvedimento legislativo adottato dal Parlamento al termine di un dibattito democratico aperto e trasparente, che in Italia a tutt’oggi è evidentemente mancato. In ogni caso, anche qualora un Parlamento dovesse adottare una legge siffatta, l’art. 32 si preoccupa di scongiurare che tale legge finisca per violare i diritti fondamentali dell’uomo («La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»). Le azioni del Governo italiano si pongono in contrasto anche con alcuni princìpi generali di diritto internazionale ed europeo, nonché con i princìpi fondamentali della bioetica, quali il principio di precauzione, come formulato dalla Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 e recepito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; il principio del consenso informato, sancito da strumenti di carattere deontologico (il Codice di Norimberga del 1947, la Dichiarazione di Helsinki del 1964) e di natura giuridica (il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, ratificato dall’Italia nel 1978); nonché i principi di beneficenza, di non maleficenza e di equo accesso alle cure sanitarie, cui si ispira anche la Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina (nota come Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina), firmata nel 1997 a Oviedo e ratificata nel 2001 dall’Italia. A questo proposito va osservato che, sebbene l’Italia abbia omesso di depositare lo strumento di ratifica della Convenzione di Oviedo (con la conseguenza che la Convenzione medesima non è ancora entrata in vigore nell’ordinamento italiano), il suo valore ermeneutico è indiscutibile e non può essere ignorato dagli operatori giuridici interni. La dimensione biogiuridica del problema in esame è resa ancora più complessa dalle divisioni che lacerano la comunità scientifica in ordine all’efficacia e alla sicurezza dei vaccini, divisioni che, a un anno dall’immissione in commercio dei vaccini medesimi, si moltiplicano anziché ridursi e che assumono importanza crescente anche agli occhi dell’opinione pubblica, nonostante il clima di aperto favore che i media accordano, in modo praticamente unanime, alla campagna vaccinale. In ogni caso, al di là della contrapposizione tra dati clinici ed epidemiologici confliggenti, ciò che appare singolare al CIEB è il fatto che i vaccini basati su acidi nucleici costituiscano a tutt’oggi l’unico risultato degli sforzi compiuti, nell’arco di ben due anni, dalle politiche locali e internazionali di ricerca scientifica nella lotta contro il virus Sars-Cov-2 e la malattia Covid. Ciò, agli occhi dell’opinione pubblica e di una sostanziale parte della comunità scientifica, ha escluso dal novero degli strumenti a disposizione della medicina contemporanea ogni altro approccio, tanto di natura preventiva – dall’igiene e profilassi, all’analisi scientifica delle cause della malattia e della sua diffusione, allo sviluppo di vaccini tradizionali (a base proteica o da patogeno attenuato) – quanto di natura clinico-terapeutica”. La posizione del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina è dunque chiara: “Sulla base delle considerazioni svolte, il CIEB auspica anzitutto che il Governo italiano riveda le modalità e gli obiettivi della gestione dell’emergenza Covid, con particolare riferimento all’eventuale, ulteriore estensione della campagna vaccinale in atto, al fine specifico di salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini mediante la valorizzazione di un approccio precauzionale che prenda adeguatamente in considerazione le documentate incertezze scientifiche relative all’efficacia, alla sicurezza e alla reale capacità dei vaccini medesimi di contrastare la diffusione del virus Sars-Cov-2. In questa prospettiva, l’obbligo vaccinale dovrebbe essere utilmente sostituito da strumenti non invasivi volti a monitorare la diffusione dei contagi e a contrastare efficacemente la malattia fin dalle prime fasi dell’insorgenza”. Il CIEB “raccomanda al Governo italiano di depositare lo strumento di ratifica della Convenzione di Oviedo del 1997” e di “promuovere, conformemente all’articolo 28 della Convenzione medesima, un adeguato dibattito pubblico concernente le questioni fondamentali sollevate dallo sviluppo della biologia e della medicina alle luce, in particolare, delle loro implicazioni mediche, sociali, economiche, etiche e giuridiche”.