ESCLUSIVO. Terapie domiciliari: pubblicato lo studio retrospettivo del professor Fazio

Terapie adeguate e tempestive scongiurano il Covid grave, abbattono drasticamente le ospedalizzazioni e riducono i danni permanenti causati dal virus. A sostenerlo è lo studio retrospettivo Retrospective Study of Outcomes and Hospitalization Rates of Patients in Italy with a Confirmed Diagnosis of Early COVID-19 and Treated at Home Within 3 Days or After 3 Days of Symptom Onset with Prescribed and Non-Prescribed Treatments Between Novembre 2020 and August 2021 (il link: https://www.medscimonit.com/abstract/index/idArt/935379), pubblicato sulla rivista internazionale di medicina generale peer-reviewed, Medical Science Monitor. Il lavoro porta la firma, in qualità di primo autore, del professor Serafino Fazio, componente scientifico del Comitato Cura Domiciliare Covid-19 (associazione fondata e presieduta dall’avvocato Erich Grimaldi), nonché già professore associato di Medicina Interna all’Università degli Studi di Napoli Federico II e specialista in medicina interna e in cardiologia. Tra i co-autori anche Paolo Bellavite (già docente di Patologia Generale all’Università degli Studi di Verona ed ematologo), Maria Elisabetta Zanolin (biologa, specializzata in Statistica Sanitaria e professore associato di Statistica Medica presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Verona), Peter Andrew McCullough (cardiologo, internista, epidemiologo di fama mondiale, professore di Medicina presso il Texas A & M College of Medicine di Dallas, da noi intervistato il 24 giugno scorso: https://www.buongiornosuedtirol.it/2021/06/esclusivo-covid-cure-e-vaccini-parla-il-luminare-peter-andrew-mccullough/), Sergio Pandolfi (neurochirurgo e docente al Master Universitario in Ossigeno-Ozono Terapia all’Università degli Studi di Pavia) e Flora Affuso (ricercatrice indipendente). Lo studio rivela che, curando i malati Covid in maniera mirata e personalizzata entro 72 ore dall’insorgenza dei sintomi, le ospedalizzazioni si riducono allo zero per cento. “Ciò che trovo inconcepibile -dichiara il professor Fazio- è che le autorità sanitarie, le università e gli istituti di ricerca non abbiano mai voluto produrre uno studio randomizzato esaustivo sulle terapie domiciliari precoci. Si è preferito puntare solo ed esclusivamente sulla campagna vaccinale, ignorando l’importanza delle cure. Le terapie sono fondamentali tanto quanto i vaccini, tant’è che pure i vaccinati, quando si ammalano, necessitano di assistenza”. Da oltre un anno e mezzo i medici del Comitato dell’avvocato Grimaldi chiedono alle Istituzioni di considerare la loro esperienza sul campo, per giungere a uno studio completo sulle cure tempestive: “Solo le università e i centri di ricerca hanno i mezzi e l’organizzazione per condurre i grandi trials. Da parte nostra abbiamo espresso sempre la massima collaborazione, affinché le Istituzioni potessero “sfruttare” il nostro lavoro”. In realtà le terapie domiciliari precoci sono state spesso oggetto di scherno. Precisa il professore: “Nella nostra esperienza e in quella di altri colleghi, anche in altri Paesi, numerosi farmaci si sono rivelati efficaci solo se somministrati ai primi sintomi. Non ha alcun senso utilizzarli nelle fasi più avanzate della malattia, quando il paziente si aggrava a tal punto da essere ricoverato. Nei reparti, infatti, vengono trattati i casi gravi: pochi medici ospedalieri hanno assistito i malati Covid all’inizio della malattia”.

Professor Fazio, come è stato condotto lo studio, quanti pazienti ha coinvolto e con quali risultati?

“Lo studio ha coinvolto 158 pazienti, di cui siamo riusciti a raccogliere i dati e ad analizzarli in maniera retrospettiva. Abbiamo diviso i malati in due gruppi: nel primo erano riportati i casi curati entro 72 ore dall’insorgenza dei sintomi. Nessuno di essi è stato ospedalizzato, inoltre il decorso della malattia si è rivelato più breve e privo di conseguenze. Del secondo, invece, facevano parte i malati presi in carico più tardivamente: 14 su 73 sono stati ospedalizzati, di cui due sono purtroppo deceduti”.

Perché è importante intervenire ai primi sintomi?

“Una cosa di cui non mi capacito è per quale motivo le autorità sanitarie abbiano suggerito la “vigile attesa” quale strategia contro una malattia infettiva. In tutta la mia carriera non ho mai visto una cosa del genere: le malattie e, in particolare la Covid-19, vanno curate appena si è sufficientemente certi della diagnosi. La nostra esperienza parte da marzo 2020: all’epoca nessuno sapeva come trattare i malati affetti da questo virus sconosciuto, perciò mi rimboccai le maniche e consultai la letteratura scientifica. Il Covid si sviluppa in tre fasi: l’ultima è la peggiore, la seconda è quella infiammatoria. Bisogna intervenire tempestivamente con i farmaci antivirali al fine di impedire al virus di penetrare nell’organismo, in quanto il Covid è una malattia sistemica. Chi guarisce nelle fasi avanzate della malattia subisce spesso danni permanenti, che richiederanno cure per tutta la vita, cure che sovraccaricheranno il sistema sanitario nazionale. Il presupposto dello studio non è solo quello di salvare il paziente ed evitargli l’ospedalizzazione, ma di preservarlo dalle conseguenze a lungo termine, ovvero dal cosiddetto Long Covid”.

Ai Suoi pazienti ha somministrato l’indometacina: quali sono le evidenze scientifiche su questo farmaco e perché si è rivelato un alleato contro il Covid?

“L’indometacina è una molecola appartenente alla classe dei FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei, ndr), in passato utilizzata inizialmente contro la miocardite e la pericardite e, successivamente, contro le malattie del sistema muscolo-scheletrico. Uno studio sul SARS-CoV, pubblicato da un gruppo dello “Spallanzani” di Roma nel 2006, dimostra un’efficacia antivirale dell’indometacina sia in esperimenti in vitro che in vivo, negli animali. Nel 2020 è stata studiata come antivirale contro il SARS-CoV-2, constatandone ancora una volta la sua efficacia. Il farmaco impedirebbe l’ingresso del virus all’interno dell’organismo bloccando il recettore ACE2 sulla superficie delle cellule, impedendone la diffusione e il passaggio della malattia alle fasi più avanzate”.

Parliamo dei flavonoidi: nello studio Lei dimostra la loro utilità contro il Covid…

“Oltre alle capacità antiossidanti, alcuni studi hanno dimostrato che l’esperidina e la quercetina possono essere sinergiche con l’indometacina, poiché bloccano il recettore ACE2 e anche la proteina Spike del virus. A questo punto, se riusciamo a fermare il virus a livello delle mucose delle alte vie aeree e/o dell’apparato gastroenterico, diamo il tempo al nostro organismo di produrre gli anticorpi, tra cui molto importanti le IgA di mucosa, che attaccano il patogeno. Nelle malattie virali i farmaci spesso devono servire a dare il tempo e la possibilità all’organismo di innescare le difese immunitarie”.

Oltre ad essere tempestive le cure devono essere anche personalizzate?

Sì! Desidero inoltre sottolineare che le terapie da noi adottate non hanno l’ambizione di essere le uniche o le più efficaci. I trattamenti contro il Covid potrebbero essere molteplici. Ciò che raccomandiamo è la tempestività: non a caso anche per le future pillole antivirali in corso di sperimentazione per la Covid-19, si suggerisce di iniziare la terapia ai primi giorni dall’inizio dei sintomi. Però le nostre cure, se la loro efficacia, come sembra, venisse confermata in studi controllati, hanno un costo basso, a differenza degli alti costi delle terapie attualmente in corso di sperimentazione da parte di alcune aziende farmaceutiche. Altro problema: se il SARS-CoV-2 entra nel circolo ematico e arriva alle piastrine, si lega ai recettori ACE2 di queste ultime rendendole iper-aggregabili. Questo meccanismo è all’origine dei microtrombi piastrinici: per evitarne la formazione ho abbinato la cardioaspirina, che viene usato da tantissimi anni come anti aggregante piastrinico. Inoltre, aggiungo sempre a questa terapia un farmaco gastroprotettore per evitare la eventuale gastrolesività di indometacina e cardioaspirina. Ho scelto l’omeprazolo perché, oltre all’azione gastroprotettiva comprovata, sembrerebbe avere anche un’azione positiva contro il virus. L’evoluzione della malattia va seguita molto attentamente e tutti i medicinali devono essere prescritti sotto stretto controllo medico”.

Nelle linee guida ministeriali si consiglia ancora la somministrazione del paracetamolo come FANS di prima scelta per gli stati febbrili, di non utilizzare routinariamente i corticosteroidi, di utilizzare l’eparina solo nei soggetti immobilizzati e di evitare l’uso empirico degli antibiotici. Cosa ne pensa?

“Somministrare il paracetamolo è insensato. Esso è sì considerato un FANS ma, rispetto agli altri antinfiammatori, agisce prevalentemente sulla COX-3: abbassa solo la temperatura corporea e allevia i dolori. Concordo invece su alcuni punti delle linee guida. Mi spiego: gli antibiotici, ad esempio, vanno utilizzati con cautela, solo quando si sospetta una sovrapposizione batterica. I virus non sono batteri. Uno dei maggiori problemi futuri riguarderà infatti le antibiotico-resistenze. Il cortisone poi non va mai prescritto nella fase iniziale della malattia perché potrebbe avere un’azione immunodeprimente, ma soltanto se il paziente accusa problemi respiratori con riduzione evidente della saturazione, se subentra la polmonite e se la febbre e la tosse persistono. Stesso discorso per l’eparina a basso peso molecolare, che agisce come anticoagulante. Attualmente ci sono degli studi in corso, anche in Italia, per verificare meglio il dosaggio da utilizzare e per confermare l’ipotesi che l’eparina a basso peso molecolare abbia anche una sua azione antivirale”.

Quante vite umane si sarebbero potute salvare attraverso le cure domiciliari precoci?

“Non credo lo si possa stabilire. Ciò che invece posso affermare è che non sono state fatte le cose per bene. In commercio esistevano già farmaci potenzialmente efficaci contro il Covid, come la stessa indometacina: università, istituti di ricerca e Istituzioni avrebbero dovuto condurre studi randomizzati e controllati prima di tutto su questi farmaci, ma ciò non è mai avvenuto. Un’associazione come la nostra non potrà mai farsi carico di un lavoro del genere. Purtroppo le terapie domiciliari sono state boicottate per dare spazio solo alla campagna vaccinale. Individuare vaccini efficaci è giustissimo, ma non si possono ignorare le terapie: il malato Covid non può rimanere in “vigile attesa”, ma va preso in carico tempestivamente dal curante, onde evitare che si aggravi a tal punto da rischiare l’ospedalizzazione e la morte. Nello studio si dimostra che, su 73 pazienti curati tardivamente, 22 avevano il livello del d-dimero elevato anche dopo la guarigione, segno che c’era stata sicuramente un’attivazione della trombosi. Nel gruppo di coloro che sono stati curati precocemente, invece, solo 2 presentavano un’alterazione di questo parametro. Ho sottoposto i guariti a una radiografia di controllo al torace: 30 pazienti sui 73 (percentuale del 46%), in cui si era intervenuti dal quarto giorno, evidenziavano esiti di polmonite interstiziale. Tra quelli curati ai primi sintomi, invece, si è registrato soltanto un caso”.

Il Suo trattamento potrebbe rivelarsi efficace anche nei soggetti vaccinati, che si dovessero ammalare e contro la variante Omicron?

“I farmaci da noi somministrati bloccano i recettori ACE2, perciò si presume che possano rivelarsi efficaci contro gran parte delle varianti, a prescindere dallo stato vaccinale del soggetto. Per finire, voglio comunque stressare il concetto che il nostro studio e gli studi effettuati preliminarmente dal gruppo del “Mario Negri” sono studi osservazionali che vogliono stimolare con i loro risultati l’esecuzione, da parte di centri di ricerca organizzati, di studi prospettici randomizzati. Se vogliono, noi siamo pronti a collaborare. Questa pandemia si può vincere solo collaborando e scambiandosi le conoscenze”.