Carlo Freccero guarda al futuro con ottimismo: il Green Pass non potrà reggere a lungo. Ex direttore di numerose emittenti (tra cui Rai2), dirigente d’azienda, è uno dei massmediologi più famosi e apprezzati del panorama italiano. Per lui la televisione non ha segreti, essendone uno degli autori più importanti e innovativi degli ultimi quarant’anni. Fondatore ed ex direttore di Rai4, autore e co-autore di programmi di notevole successo, è uno dei più grandi sperimentatori delle nuove tecnologie, in particolare della televisione digitale. Fine intellettuale, ha abbracciato con convinzione l’idea di promuovere il referendum contro il Green Pass, giudicandolo uno strumento di difesa dei principi costituzionali.
Carlo Freccero, perché ha accettato di far parte del Comitato dei Garanti del referendum No Green Pass?
“Innanzitutto perché credo nella Costituzione, di cui difendo i principi fondanti, a partire dall’articolo 3, che vieta la discriminazione dei cittadini. In secondo luogo perché ho notato, a livello mediatico, una cosa che non avevo mai visto nemmeno ai tempi di Berlusconi: la maggioranza governativa è stata costruita sulla propaganda. Desidero tuttavia trasmettere ottimismo: questa propaganda, che ha investito sia la tv generalista, sia i social, inizia a sgretolarsi. Ne dà testimonianza l’elevato astensionismo che ha caratterizzato le ultime elezioni: la metà degli Italiani non sopporta più questa politica. Ricordo però a coloro i quali sostengono che il decreto-legge alla base del Green Pass sia anticostituzionale e che non sia quindi opportuno promuovere il referendum, che tale decreto è tuttavia vigente. Dal punto di vista giuridico non si pone l’obiettivo di avere ragione in astratto: il decreto è sì ingiusto ma, avendo forza di legge, potrà essere abrogato solo da un’iniziativa ben precisa, quale è appunto quella referendaria”.
I media hanno alimentato la paura e sui social la censura ha raggiunto livelli estremi: la scienza è diventata un dogma, sui giornali e in tv è sparito il contraddittorio. Tuttavia, come una goccia che scava la roccia, la verità inizia lentamente ad emergere. Alla fine saranno proprio i media a “salvarci” in extremis oppure è già troppo tardi?
“L’indottrinamento subito dai cittadini è stato davvero incredibile. Tuttavia c’è una minoranza della società che, opponendosi a questo messaggio maggioritario, crea una resistenza. Quest’ultima si articola secondo due modalità: la disobbedienza civile e mediatica. Nella prima forma rientra l’esempio della vicequestore Schilirò, del dottor Giorgianni, ma anche dei promotori del referendum. Esiste poi la disobbedienza mediatica, che coinvolge gli ambiti dell’informazione: l’aspetto interessante è la derisione contro gli algoritmi dei social. Questi ultimi adottano una censura pazzesca, ma è possibile “ingannarli” giocando con le parole chiave su cui essi stessi si fondano. È quindi importante conoscere i media e non avere paura dell’algoritmo, la cui intelligenza è comunque meccanica”.
Ha affrontato più volte le tematiche del “Grande Reset” e del depopolamento. L’elité mondiale sta gettando le basi per un futuro distopico, dominato dalle macchine e dalla tecnologia, a metà strada tra i cyborgs di James Cameron e le allucinazioni di “Videodrome” di David Cronenberg?
“Preferisco prendere in considerazione i documenti del potere, anziché la letteratura distopica, sebbene mai come in questo preciso momento storico sia indicato rileggere Orwell e altri autori. Mi preme sottolineare due aspetti. Il primo: la pandemia rappresenta una frattura nel pensiero capitalistico. Qualcuno ha parlato di ante-Coronavirus e di dopo-Coronavirus, per indicare davvero uno spartiacque. E poi…
C’è il secondo aspetto…
“Il libro di Klaus Schwab “La quarta rivoluzione industriale” (Franco Angeli Edizioni, ndr), con la prefazione di John Elkann, il nipote di Gianni Agnelli, il quale scrisse invece la premessa a “La crisi della democrazia”. L’opera di Schwab, che io amo definire “Nostradamus”, ipoteca il futuro, descrivendo la rivoluzione tecnologica, imperniata sul digitale. Il Green Pass rappresenta il prototipo, l’embrione, non solo di una tessera sanitaria, ma di un’identità digitale che potrebbe valutare anche il livello della nostra obbedienza al sistema. C’è un pastore e c’è il gregge: c’è un potere assoluto e c’è il popolo. Proprio la pandemia ha rivelato la fragilità degli Stati, facendo emergere l’idea di un governo mondiale. Il referendum non pone soltanto la tematica della democrazia diretta, ma ci permette di intervenire per mettere la parola “fine” a tutto questo. Oltre a riportare il dibattito nell’alveo della legalità, cosa fondamentale (lo sottolineo tre volte), il referendum pone il tema della democrazia”.
Una riflessione sull’esito delle elezioni comunali, i cui ballottaggi sono previsti nel prossimo fine settimana. Circa il 46% degli Italiani non è andato a votare: qual è la Sua interpretazione, al riguardo? Questo dato è il segno della protesta di una parte della cittadinanza oppure di una sorta di rassegnazione del Paese?
“Credo sia un segnale corrispondente a uno sciopero. Come si sciopera per difendere il lavoro, allo stesso modo si sciopera per difendere una democrazia che viene stuprata continuamente. Io stesso non sono andato a votare, perché non ho ravvisato nessuno che mi potesse rappresentare. Del resto viviamo in un incubo, per cui che si voti o no, l’esecutivo domina ugualmente”.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un imbarbarimento del linguaggio e certi salotti televisivi hanno offerto uno spettacolo decisamente sconcertante. Se ne avesse il potere, quale giornalista del passato farebbe tornare in vita e perché?
“In questo momento -e lo dico con grande rispetto- non ci sono né giornalisti, né costituzionalisti. In compenso abbiamo i lavoratori portuali di Trieste, ai quali ho scritto una lettera: “Di fronte agli influencer coi tacchi, la superiorità morale dei portuali di Trieste si impone e genera rispetto ed ammirazione. Eppure gli influencer coi tacchi sono oggi l’espressione di una certa sinistra che ha dimenticato i lavoratori. Essendo ligure, conosco i portuali di Genova. In questi anni il porto è stato la riserva indiana della solidarietà e dell’integrità morale. I portuali hanno conservato una consapevolezza che li spinge a comprendere il momento storico e a fare del loro lavoro un continuo esercizio etico. Autonomamente i portuali sono intervenuti a bloccare le distorsioni del neoliberismo. Si sono rifiutati di aiutare il transito delle navi cariche di armi, destinate alla guerra infinita dell’Occidente contro il resto del mondo. I portuali di Trieste riportano in vita una parola che era cancellata dal nostro vocabolario: solidarietà””.
Se nessuno fermerà il Green Pass…
“Io sono ottimista. Il problema del Green Pass consentirà, paradossalmente, di riappacificare il Paese. Draghi deve farsene una ragione, non può trattare tutti come Fantozzi, ma rispettarci un po’ di più”.
Foto, Carlo Freccero