Il mio ricordo del Cristallo

Ritengo senza tema di essere smentito di essere la persona che più ha avuto a che fare con il Teatro Cristallo nella sua storia. Ora la racconto in breve anche se, paradossalmente, non sono citato nei documenti che ne hanno narrato, ad esempio nel libretto “Un teatro che ritorna”, pubblicato all’epoca della ristrutturazione. Cerco allora di ricostruire gli elementi mancanti. Ancora adesso conservo molte testimonianze,  ricordi che nessuno conosce, men che meno coloro che ne hanno scritto. Ed anche tanti documenti, disegni, fotografie che nessuno può ricordare semplicemente perchè non c’era mentre io c’ero. Molti dei protagonisti di allora non ci sono più.

Andiamo alle origini. La storia del Cristallo è intrecciata con quella del quartiere che lo contiene, con il processo di insediamento degli italiani e con le attività che ha ospitato. Ripercorriamo la storia di quando la Parrocchia di Regina Pacis ancora non esisteva: al suo posto c’erano i vigneti dei frati di Novacella. Il teatro venne edificato nel 1954, per la precisione si dovrebbe dire il “Cinema-Teatro Cristallo”, perchè inzialmente questa fu la vocazione. Ma fu anche chiesa provvisoria, solo in seguito cinematografo di quartiere. La comunità, la chiesa ed il cinema-teatro hanno sempre costituito un complesso unico. E’ solo 9 anni dopo la edificazione, nel 1963, che il teatro venne inaugurata e poi visse il suo primo periodo, durato un decennio, fino al 1973 quindi.

La sala disponeva di 700 posti con una platea a pianta ellittica ed una galleria molto ampia; c’era perfino una fossa orchestrale per spettacoli operistici, e balletti. Quando non c’era proiezione cinematografica, venivano allestite manifestazioni varie; fu quindi un vero luogo di aggregazione e di promozione sociale. Il responsabile della conduzione era allora tale Scappi, amministrato- re, economo e coordinatore.

Il Cristallo, nella prima metà degli anni ‘70, ospitò le prime edizioni del festival studentesco, con manifestazioni d’arte varia che riempivano la sala all’ inverosimile. Io partecipai come cantante ad alcune edizioni, ne conservo ancora le fotografie e perfino una registrazione audio (su nastro di Revox ovviamente). Le foto le ho recentemente inviate al quotidiano Alto Adige che le ha scelte per una celebrazione. (I) Da qui con numeri romani indico i miei coinvolgimenti.

Anche il teatro Stabile (la Compagnia, da non confondere con il Teatro comunale) vi realizzò quattro stagioni. Nel 1973 il Cristallo chiuse i battenti causa i troppi debiti di gestione. La Parrocchia dovette accendere un mutuo e per sanare la situazione affittò la sala alla Rai.

Quando ospitava il centro di produzione in lingua tedesca della Rai Sender Bozen ci lavorai per diversi anni, ero ancora studente, con la Ditta paterna che realizzava tutte le scenografie. Si trattava in prevalenza di commedie tirolesi ambientate nelle classiche stube ma anche di musical e varietà. Allora all’interno dell’edificio si trovavano l’ufficio del direttore di produzione (Nino Frajria), dello scenografo romano (Rosario Mayo D’Aloisio), della segretaria di produzione (Christine Bologna Ohnewein).

Tutti amici che conoscevo molto bene. C’era una squadra di macchinisti teatrali guidata da Angelo Mosconi (una forza della natura) ed il palcoscenico era stato dilatato ed esteso fino in sala con alcune lunghe piste che consentivano alle telecamere di allontanarsi per le panoramiche (II). La tecnologia televisiva era ancora primitiva, le camere erano molto voluminose, montate su carrelli con seduta per l’operatore, il tubo catodico Plumbicon ed Orthicon (chi conosce la storia della tecnologia tv può capire). I microfoni erano montati su una grande giraffa.

Il cavo che collegava la telecamera al C.C. (Controllo Camere) era grosso e rigido, richiedeva due assistenti per le movimentazioni, quindi ogni camera era servita da tre persone (erano quelli che poi diverranno gli S.D.R. Specializzati Di Ripresa).

La regia era mobile, sul tipico  pullmann di colore azzurro della Rai di allora e che ogni quindicina proveniva da Roma o Torino insieme ai cosiddetti “luciferi” (illuminotecnici, ma allora si diceva invece “datori luci””) e si piazzava nel cortile. Anche i registi provenivano da Roma o anche Napoli, ricordo bene Vittorio Brignole che venne criticato per la gestualità partenopea ritenuta poco adatta a rendere il carattere tirolese.

Ogni quindici giorni si realizzava una nuova scenografia, costruita interamente da zero, ovviamente in legno, panforte, compensato, ecc. che poi veniva da noi completamente pitturata e decorata. Ho dipinto centinaia di metri quadri di pavimento “finto assito” (“a bastimento” si dice) che si realizzava con una tinta  giallo tenue di fondo e venature con spugna e mordente.

Ricordo il “pappone”, che non era uno sfruttatore del meretrico ma  una miscela di segatura, colla vinilica e pittura con la quale si realizzava l’effetto intonaco. E tanti tralci di vite, gerani, decori, stemmi e scritte. Una serie di trasmissioni di successo di questo tipo si chiamava “Unser Lied”. Dopo le esperienze con i registi del sud si passò a professionisti locali come Erich Innerebner che firmò moltissime produzioni.

Ricordo ancora l’emergenza di una produzione teatrale-televisiva (Woyzeck) che per motivi logistici doveva assolutamente essere completata in un week-end. Ci assumemmo l’incarico e la realizzammo da soli io e mio padre in tre giornate di 15 ore, stakanovisti pazzi,  per dimostrare che eravamo in grado di farlo. Fu una sfacchinata epocale, mio padre ebbe come conseguenza uno strappo alla schiena che durò settimane.

Conoscevo il teatro come le mie tasche, inclusi gli interrati e la soffitta dovendo provvedere per gli allestimenti scenici. Tenevo in tasca perfino le chiavi quando non c’erano i macchinisti che lavoravano nel laboratorio situato nell’attuale foyer. La pittura si realizzava in palco o in una baracca nel cortile. Cosi trascorse molto tempo e partecipai a tantissime produzioni di vario tipo. Dopo molti anni la Rai cessò la locazione e il teatro tornò alla proprietà, la Parrocchia di Regina Pacis. Mi occupai anche dello sgombero.

Per una situazione di emergenza, mancando gli spazi necessari in città, venne allora ospitata per un periodo l’Orchestra Haydn per le prove. Ricordo bene il Presidente che allora era il Senatore Mascagni e il Prof.Paolucci che se ne occupò con l’Associazione Nuovo Spazio. Venni incaricato di realizzare una camera acustica per l’orchestra finalizzata ad evitare la dispersione sonora nella torre scenica (III).

Poi di nuovo il teatro conobbe un lungo periodo di inutilizzo. Si cominciò infine a parlare della ristrutturazione della quale venne incaricato lo studio degli Ing. R.Bizzo, dell’Arch.C.Saltuari e Ing.Tonellotto. Dallo studio venni incaricato della progettazione scenotecnica ed acustica (IV).

Il progetto prevedeva oltre al teatro spazi per un centro anziani ed uno giovanile. Dopo un lungo iter venne ultimato, approvato e la ristrutturazione portata a termine. L’Ufficio Cultura della Provincia Autononoma si lanciò in una complessa operazione di sostegno e rilancio del teatro ma nessuno aveva davvero idea di come procedere esecutivamente. Cosi venni incaricato dello studio di un piano di gestione (V)  mentre due giovani provenienti dalla Trentino School of Management (G.Carroli, la attuale Direttrice e D.Isaia), studiarono un piano di marketing per il rilancio nel quartiere.

Nel 1994 venne avviata un indagine per conoscere il pensiero degli abitanti del quartiere sulla destinazione futura dell’immobile. La ricerca e lo studio dei dati vennero affidati al professor A. Scaglia, Preside della Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento, affinché prospettasse una panoramica degli orientamenti e delle aspettative culturali degli abitanti. Risultò che nel quartiere c’era una grande aspettativa sulla riapertura del teatro e che questo, per il suo ruolo, sarebbe stato un punto di riferimento di enorme importanza. Credo che di questa missione la Parrocchia possa essere considerata il vero propulsore con il Parroco Don O.Ghizzo, che ricordo uomo di grande apertura mentale.

La Parrrocchia costituì una Associazione allo scopo di gestire il teatro e nominò il Dr.Pio Fontana come suo fiduciario. Non era finita, mancava qualcuno che si incaricasse della direzione. La Dr.ssa Cristina Costa che se ne occupava per l’Assessorato mi chiese se avevo qualche idea, io dissi (ma cosi, quasi una boutade) “potrei farlo io”. E cosi fu, quindi feci il direttore del teatro per il suo varo ed il primo anno di attività (V) e passai dal team di progettazione alla gestione concreta.

La ristrutturazione del Teatro Cristallo è stata il maggiore investimento della Provincia Autonoma per le attività culturali del gruppo italiano. Si trattò della restituzione al quartiere Europa-Novacella di un teatro che negli anni ebbe una fondamentale importanza. Il quartiere aveva trentamila abitanti e presentava una situazione sociale particolare. Nell’indagine demoscopica condotta emerse chiaramente come la popolazione si fosse sentita deprivata di questa struttura e attendesse con molto interesse ed adesione la sua restituzione.

Esauriti i problemi tecnici del varo il lavoro era però diventato ripetitito, per nulla creativo. Per me fu una esperienza certo interessante ma avevo anche uno studio di architettura ed altri incarichi da mandare avanti. Occuparmi delle produzioni e dei finanziamenti non rientrava poi nelle mie ambizioni e cosi dopo il primo anno lasciai l’incarico. Era come gestire un Hotel, “valutare ed ospitare” ma le idee le mettevano gli altri.

Nel settembre del 2005 avvenne l’inaugurazione del nuovo corso con gran battage sulla stampa, servizi e interviste. Ricordo che per tre giorni tenni delle visite guidate nelle quali la gente poteva prendere visione anche della parte occulta, la cosiddetta “macchina teatrale”. In seguito fui ancora incaricato di adeguamenti ed integrazioni ma il teatro ormai era lanciato, il riscontro più che positivo (VI), era divenuta routine.

Negli anni a seguire ci sono tornato ancora come organizzatore di eventi e musicista (nel 2018) con lo spettacolo “I ragazzi del Juke-Box” ed “Omaggio a Claudio Cavallaro”, un autore di canzoni bolzanino ingiustamente dimenticato dalla città (VII).

Questa è in sintesi la storia del mio rapporto col teatro Cristallo che come ho illustrato è lunga e molteplice, ai più poco conosciuta, anzi misconosciuta. Le chiamate per me (chiamiamole cosi, come nel gergo teatrale si dice per gli applausi) furono quindi almeno 7. Ma non è affatto detto siano finite visto che continuo a lavorare a nuovi progetti, sebbene in altro modo.

Una storia per certi versi simile potrei raccontarla per il teatro della Haus der Kultur “Walter von der Vogelweide” ed altre strutture della Regione come il teatro di Gries, il Palasport, le sale polifunzionali delle circoscrizioni, studi tv, a Bolzano come a Trento.

Del resto gran parte della mia carriera professionale si è sviluppata nei teatri, auditorium, sale varie che ho studiato, progettato, realizzato, frequentato con ruoli diversi. Ma questa è un altra storia e ormai, passati cinquanta anni, credo non interessi più a nessuno. Sic transit…