La comunicazione ai tempi di Facebook

Sono cambiati i tempi. Lo sentiamo dire di continuo. Sono aumentati i canali di comunicazione, i social sono un megafono che dà voce a qualsiasi cittadino. Ognuno (sotto propria responsabilità) può esprimere giudizi, apprezzare o criticare. Fin qui nulla di nuovo. Rispetto però a qualche anno addietro la comunicazione è immediata, diretta e spesso arriva prima degli organi d’informazione canonici. Non servono abilità particolari, basta solamente una tastiera. Finché si tratta di persone comuni è tutto relativo, ciò che si discute oralmente finisce in bacheca (insulti compresi), spesso senza colpo ferire. Quando però il social diventa veicolo commerciale o politico nascono i problemi. Nel passato infatti nessuno poteva commentare una réclame magari fastidiosa. Era di solito il giornalista che raccoglieva i malumori e dava spazio alle varie voci (positive o negative che fossero). Oggi invece, chiunque può commentare eventi, discorsi politici e tutto ciò che internet vomita. In questo caso un post scritto di fretta (magari legato ad iniziative o connesso alla politica) può innescare reazioni a catena e “giochi del telefono” che molte volte deformane l’informazione iniziale. In questa fase capita magari che un giornalista si trovi delle informazioni alternate ma non sapendolo ne confeziona un articolo. La smentita, vista la velocità delle rete, arriva sempre quando troppe persone hanno un concetto ormai radicato (è matematica) che continuano a veicolare nonostante sia ampiamente appunto smentito. In questi casi spesso si crea la famosa “bufala”, involontaria. Esistono poi persone che (anche pagate) creano “bufale” ad hoc per immergere l’opinione pubblica in bagni d’idee non sempre corrette. Importante in tempi burrascosi come i nostri affidarsi (in caso d’eventi a cui teniamo, discorsi o presentazioni che ci stanno a cuore) affidarsi ad un portavoce. Sarà lui a gestire eventuali polemiche o manomissioni, sarà lui a comunicare ciò che l’ufficio stampa “mastica” e sarà sempre lui a metterci la faccia in situazioni scomode. Anche una conferenza stampa mal gestita può diventare un boomerang, una domanda posta male od una risposta troppo veloce posso insinuare dubbi che generano poi in polemiche. Stesso discorso per un post. Bastano tre frasi scritte senza i crismi giusti e si finisce nel ciclone della mal interpretazione. Le condivisioni fanno il resto, sono sempre più veloci delle smentite. Anzi, in molte occasioni, nonostante video di smentita, molti rimangono convinti dell’idea originale e continuano a veicolarla. Il portavoce non necessariamente è un giornalista, ma deve conoscere i media e saperli anticipare, o nel caso tamponare situazioni che si vanno a creare. Gli esempi di cattiva informazione, poi dannosa sono moltissimi ed anche remoti. Nel 1962 due giornalisti italiani (sui 24 accreditati) descrissero il Cile (che ospitava i mondiali di calcio) come un paese del terzo mondo. I sudamericani la presero male e la nostra nazionale fu eliminata (proprio contro il Cile) da una direzione arbitrale scandalosa, tra botte espulsi e polemiche. Reagan giocò sulle indiscrezioni giornalistiche riguardanti lo scudo spaziale quasi tre anni, i russi abboccarono e si dissanguarono per star dietro all’inesistente progetto americano. Gorbaciov non ci dormi la notte e fini per credere ad articoli di fantasia, nonostante i rapporti del Kgb smentissero le testate statunitensi. Si fidò più della penna a stelle e strisce che dei propri servizi. Successe anche nel 1918, capitò che D’Annunzio “bombardò” con volantini Vienna e che il portavoce delle Forze Armate italiane emanasse un bollettino ove si comunicava che il nostro esercito fosse pronto a sfondare ad Asiago e bombardare Vienna e Salisburgo. Gli austriaci abboccarono (nonostante i nostri cannoni fossero sistemati in difesa). Lo stato maggiore austriaco, stremato, di fatto non ascoltò i propri ricognitori. Nerone ad esempio, fu vittima di un complotto mediatico a posteriori. Fu diffamato quasi a gara, molto fu inventato ma ancora oggi nell’immaginario collettivo è la rappresentazione della pazzia, nonostante l’impero lo avesse ben amministrato. Potere della comunicazione, in questo caso negativa. La comunicazione è sempre stata centrale, non per nulla l’imperatore Augusto creò un vero e proprio “ufficio di propaganda” con a capo il poeta Virgilio. Altri tempi ed altri modi, ma la gesta del “divino Augusto” del resto sono arrivate fino a noi senza particolari smentite.