Da ieri gira sui social network una fotografia che ha diviso l’opinione pubblica virtuale. La foto ritrae alcuni profughi felici d’aver (probabilmente per la prima volta) appreso quanto sia stupendo sciare, o se non altro provare a farlo. Le reazioni politiche (e non) sono arrivate puntuali: c’è chi urla allo scandalo e chi ritiene sia corretto proporre queste iniziative. Del resto in Alto Adige sciare è come camminare, pattinare etc. Esperienza che va fatta. Non l’hanno presa cosi invece i molti altoatesini che a sciare non vanno per motivi economici e che sempre il medesimo motivo non ci mandano nemmeno i figli. Ad onor del vero va riferito che gli istruttori di sci in questione hanno sottolineato che la comunità non ci abbia messo soldi, il progetto è partito da loro ed il tutto a costo zero. Lezione di sci gratuita, materiale noleggiato pure e stesso discorso per l’abbigliamento. L’inferno però si è scatenato ugualmente. Questo episodio fa emerge una verità assordante: l’affaire immigrazione nel nostro paese (forse in tutta Europa, visti i fatti di Germania) è mal gestito. Gli schieramenti politici ormai sono intransigenti, da una parte accoglienza a prescindere (e la Ue ci ha bacchettati), dall’altra l’esatto contrario (ed anche qui la Ue avrebbe da ridire). Nel mezzo, una situazione geopolitica non chiara ai più, non spiegata e soprattutto destabilizzante l’Europa. La Libia è una polveriera, gestita ormai da bande armate estremiste (Sirte), da due governi che non collaborano (Bengasi e Tripoli) ed anzi sembra abbiano tutto l’interesse a far partire dalle loro coste più persone che mai. Persone, spesso tra i 20 ed i 30 anni, provenienti per lo più dall’Africa equatoriale, da stati come il Niger (alzi la mano chi starebbe a lavorare nelle miniere d’uranio francesi per 3 euro al giorno…), il Kenya (dove le autorità hanno chiuso lo scorso maggio il più grande campo profughi africano), la Nigeria, il Senegal ed il Sudan (una guerra civile lunga trenta e più anni). In Libia si parte con un fucile piazzato in fronte e svariate spie sulla barca pronte ad uccidere in caso di denuncia alle autorità italiane (che i report declassificati indicano come le meno intransigenti e soprattutto restie a registrazioni d’impronte digitali etc.). Oltre a questo flusso vi è quello mediorientale, esploso con la guerra in Siria e l’avanzata dello Stato Islamico. Un polverone infernale che ha investito il sistema europeo, evidentemente non cosi pronto come si credeva. La Ue di fatto non ha una politica unitaria, sono molti gli stati (specialmente ad est) propensi a chiudere le frontiere. In queste ore, ad esempio, l’Austria ha deciso di sbarrare i propri confini con l’Italia, un vero dramma quello che si vivrà al Brennero nelle prossime settimane. Lo scenario, molto semplificato più o meno è questo: nessun leader europeo in questo periodo è andato oltre alla gestione del proprio orticello. I francesi hanno reagito con bombardamenti scomposti all’attentato di Parigi, gli italiani sono presenti su più teatri e tramite la marina gestiscono i flussi del Mediterraneo (gli inglesi nonostante le numerose basi, non pervenuti), i russi bombardano ma sembra non riescano ad avanzare senza mettere “gli scarponi a terra”. Gli Usa che tramite Obama dicono di voler risolvere politicamente il tutto, peccato che gli interlocutori politici non ci siano. In compenso vi sono gli stati come Arabia Saudita e Qatar, che foraggiano (con la Turchia?) Is e compagnia ma che risultano alleati dell’Occidente. Il risultato? Europa ai minimi storici e conseguente destabilizzazione dell’opinione pubblica, afflitta da disoccupazione, crisi varie e brancolante nel buio tra accoglienza ed intransigenza, il tutto sulla pelle di chi arriva qui. Quale soluzione? Intervenire lì? Accogliere qui? In realtà non lo ha ancora compreso nessuno, analisti in primis. Ogni azione non ha conseguenze chiare e questa fase di stallo (le lezioni americane in arrivo non aiutano) sta logorando tutti i fronti, compreso quello interno. L’opinione pubblica europea infatti non è più compatta come lo scorso anno, molti i moti d’insofferenza, dai paesi nordici alla Germania, passando per l’est fino alla Spagna. Sembra quasi tutti aspettino un qualcosa, fosse un leader od una azione che sblocchi la situazione. Sembriamo uno sciame di vespe agitate, che si punzecchiano, urlano e sbraitano, ma che alla fine non escono dal proprio vespaio litigioso e statico.