Il barbiere di Siviglia del regista in residence Fabio Cherstich prosegue la Stagione operistica 2024/25 della Fondazione Haydn

Caratterizzato da toni vivaci e acconciature rock’n’roll, l’opera più celebre di Rossini andrà in scena al Teatro Sociale di Trento venerdì 31 gennaio 2025 alle 20.00, in replica domenica 2 febbraio alle 16.00, per la regia di Fabio Cherstich, artista in residenza della Fondazione Haydn.

Oltre al cast vocale che vede tra i protagonisti il baritono armeno Gurgen Baveyan, il tenore Pietro Adaini e il mezzosoprano Mara Gaudenzi, l’opera si completa con i costumi dello stilista austriaco Arthur Arbesser, le scene di Nicolas Bovey e il Lighting design di Marco Giusti.

Attorno all’opera, alcuni eventi collaterali: l’incontro tra parole e musica con i protagonisti della scena (21 gennaio) e la Mostra alla Biblioteca Comunale di Trento (dal 13 gennaio al 7 febbraio).

Dopo l’evento di apertura in omaggio a Puccini e Schönberg, la Stagione operistica 2024/25 della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento prosegue con Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini venerdì 31 gennaio 2025 alle ore 20.00 al Teatro Sociale di Trento, in replica domenica 2 febbraio alle ore 16.00. L’opera più celebre di Rossini, scritta in sole tre settimane per essere eseguita al Teatro Argentina di Roma durante il Carnevale del 1816, vedrà alla regia Fabio Cherstich che, con questa prima produzione, inizia il suo percorso con la Fondazione Haydn in qualità di Artist in residence. La direzione musicale vedrà impegnato Alessandro Bonato, già vincitore del terzo premio assoluto al Nicolai Malko Competition nel 2018, nonché unico candidato italiano a essere ammesso al concorso. All’Orchestra Haydn si unirà inoltre l’Ensemble Vocale Continuum diretto da Luigi Azzolini, gruppo di cantanti fondato nel 2003 che, grazie alla sua versatilità, spazia dal repertorio lirico a quello moderno.

Il barbiere di Siviglia potrà vantare alcune delle voci più interessanti del panorama odierno. Così Figaro sarà interpretato dal baritono armeno Gurgen Baveyan, il Conte d’Almaviva dal tenore Pietro Adaini, il baritono Fabio Capitanucci offrirà la sua vocalità a Don Bartolo, il mezzosoprano Mara Gaudenzi sarà Rosina, il basso Nicola Ulivieri Don Basilio, il soprano Francesca Maionchi sarà Berta e il baritono Gianni Giuga sarà Fiorello, grazie al lavoro di Clarry Bartha, casting manager di questa produzione. Completano l’opera le scene di Nicolas Bovey, i costumi di Arthur Arbesser e il Lighting design di Marco Giusti.

Le due rappresentazioni de Il barbiere di Siviglia saranno precedute da Oper.a Talk, il consueto appuntamento di introduzione all’opera che si terrà nel foyer del Teatro Sociale di Trento alle ore 19.00 (venerdì 31 gennaio) e alle ore 15.00 (domenica 2 febbraio).

Regista, scenografo teatrale e operistico, nel suo lavoro Fabio Cherstich ha riscosso ampi successi da San Pietroburgo a Palermo fondendo l’arte visiva, il design e i linguaggi artistici contemporanei. Ideatore dell’ambizioso progetto on the road Opera Camion, celebrato anche dal New York Times, Cherstich ha recentemente presentato alla Triennale di Milano Visual Diary, uno spettacolo biografico potente:

«Per Il barbiere di Siviglia mi sono immaginato lo spettacolo come un grande ingranaggio ad orologeria, uno spazio vuoto che di scena in scena si riempie di immagini ed elementi che niente hanno a che fare con la Spagna della tradizione – afferma il regista friulano, artista in residenza della Fondazione Haydn -, unica concessione un Figaro torero e scatenato. I cantanti e il coro indossano abiti moderni, o comunque reinventati e stilizzati dalla fantasia dello stilista austriaco Arthur Arbesser. Erwin Wurm, Maurizio Cattelan e Carsten Holler sono i riferimenti visivi condivisi con lo scenografo Nicholas Bovey e il Lighting designer Marco Giusti. Almaviva vestirà Settecento. Lui sarà l’unico all’antica, destinato comunque a travestirsi (da trama!), in figurino settecentesco e pretaccio bacchettone. E poi, come per dar corpo all’irresistibile «follia» della musica, nonché al puro godimento che può derivarne sganciandola da ogni realismo, proporzioni ribaltate nella scena dove tutto scorre su binari, o sale e scende all’improvviso.

Nel laboratorio del perfido dottor Bartolo è costretta al ruolo di allieva una sempre più indispettita Rosina, Berta scoperta a bere dentro a un frigorifero o appostata in graticcio a sganciare pesi e corde del teatro sui pretendenti. L’insegna della bottega di Figaro diventa una scritta gigantesca e luminosa, in stile Broadway per accompagnare il barbiere più famoso della storia del teatro, una vera superstar. Il conte travestito da prete fa il suo ingresso accompagnato da un pesante armadio, all’interno del quale vive Basilio. Piogge di monete e soldi, botole, l’ingresso della forza su un carro armato giocattolo. E ancora travestimenti e sotterfugi».

Per questa edizione dell’opera di Rossini, la regia di Fabio Cherstich incontra i costumi di Arthur Arbesser, stilista austriaco e consulente creativo in diversi ambiti, compreso quello del design e dei prodotti, e le scenografie di Nicolas Bovey, artista svizzero che ha vinto due edizioni del Premio Ubu e il Premio Le Maschere 2021 nella categoria miglior scenografia.

«Il barbiere di Siviglia è un’opera rappresentata innumerevoli volte, con svariate interpretazioni di scene e costumi: come nell’arte metafisica, ci sono degli aspetti comuni, previsti, e altri più intimi, profondi e inaspettati che stanno invece negli occhi di chi immagina – dichiara Arthur Arbesser. Associazioni che si sviluppano paradossalmente per contrasti, molto forti e vivaci, che rappresentano e danno carattere al personaggio. Nei loro costumi, a metà tra il fiabesco e l’estremamente realistico, i personaggi dialogano con una scenografia dai toni altrettanto vivaci, che rende visibile a tutti quell’essenza più intima della realtà che di solito solo alcuni vedono. Figaro è il nostro protagonista, sicuro e sfacciato, un torero dall’acconciatura rock’n’roll, che indossa un completo verde brillante con decori in oro; Rosina, come a sottolineare il suo nome, ha un abito da scolaretta rosso e rosa; il Conte, con il suo frac a righe giallo limone si destreggia bene nei suoi travestimenti. Il coro è una massa di colore ben visibile, una banda/truppa di soldati in fucsia acceso. Nulla si lega in modo diretto con un momento storico specifico, ogni cosa è fuori dal tempo e, probabilmente per questo, adatto e inerente allo spettacolo».

«La gioiosa pulsione pirotecnica e pericolosamente anarchica che Il barbiere sprigiona è la sola pista che ho cercato di seguire nella prima fase della mia immersione nel mondo delle possibilità visuali – sottolinea lo scenografo Nicolas Bovay. In accordo con il regista e il costumista abbiamo proceduto per gradi in una sorta di collage dadaista tridimensionale dove tutto fosse artificioso e inverosimile, più in relazione a stilemi dell’arte contemporanea che teatrale, lontani da qualsiasi aggancio a codici di verosimiglianza naturalistica. Lo spazio si è presto delineato da sé come un campo da gioco in cui legge di gravità, codici, forme e soprattutto colori vivessero di vita propria. La scenotecnica di tradizione, prezioso bene di questo Paese, ci permette di giocare in un mondo contemporaneo sfidando con leggerezza e divertimento l’impossibile. L’arte sta poi nel convogliare queste schegge apparentemente incontrollabili in un rigoroso equilibrio formale al servizio della musica».

Foto, Barbiere di Sevilla/c-Fabio Cherstich