Agli operai del mondo automobilistico servono soluzioni concrete e immediate

Sono giorni non facili per gli operai del gruppo italo-francese Stellantis. 

La multinazionale dell’auto infatti è alle prese con una allarmante situazione di contenimento del proprio bilancio dovuta a un disavanzo di alcune produzioni e ai costi di produzione troppo alti delle vetture elettriche che trovano una domanda scarsa da parte del mercato. 

Meno auto prodotte significa meno lavoro per gli operai non solo degli stabilimenti Stellantis, ma anche di tutti coloro che lavorano nel settore dell’automotive, ovvero tutte quelle aziende che producono la componentistica per la filiera automobilistica, per intenderci i sedili, i cerchioni, i freni o tutti gli altri pezzi che servono per assemblare un’automobile.

L’Amministratore delegato di Stellantis Tavares ha già parlato di licenziamenti, suscitando allarme e angoscia in tutti gli operai del settore automobilistico. 

Secondo la FIM-CISL i posti di lavoro a rischio sarebbero 25.000 fra gli stabilimenti Stellantis e quelli dell’indotto, un numero che fa paura e che rappresenterebbe un serio problema sociale dal momento in cui queste persone si ritroverebbero a perdere l’occupazione in una età non facile per potersi reinserire nel mondo del lavoro. 

La strategia del gruppo automobilistico, che oggi detiene i maggiori marchi italiani come Alfa Romeo e Fiat, sembrerebbe orientata su due versanti. 

Da un lato razionalizzare i costi all’osso negli stabilimenti italiani a discapito degli operai, mentre dall’altro investire nel Paesi dove i costi di produzione e del personale sono nettamente inferiori rispetto a quelli italiani, ad esempio Paesi dell’Est Europa come la Polonia o il Nord Africa. 

Il fatto che John Elkann, presidente di Stellantis, abbia deciso di non andare in Parlamento a riferire sulle decisioni del gruppo per l’Italia, a mio avviso, la dice lunga su come la multinazionale automobilistica prenda in considerazione più il bilancio monetario che le persone come i suoi operai di cui oggi sembra non avere più bisogno.

Vedremo come andrà a finire, ma una cosa è certa. 

Queste situazioni sono sintomo di un mondo economico che deve essere cambiato nelle sue dinamiche, serve un modello più sostenibile non solo sul piano ambientale, ma soprattutto umano.

L’economia globale sta cambiando, mercati come l’Est Europa e il Nord Africa offrono mano d’opera a basso costo, la Cina sta creando relazioni economiche con tutto il mondo a prescindere dai conflitti internazionali riuscendo a offrire costi molto competitivi rispetto a quelli europei. 

Dunque, chi tutelerà la nostra economia e i nostri lavoratori? Vedremo se la classe politica attuale saprà rispondere concretamente a questa complessa domanda. 

Intanto, gli operai di Stellantis, e non solo, aspettano risposte concrete e risolutive.