

/c-Walter Facchini

«Di Strie, Salvan, Vivène e altri misteri – La Val di Fassa tra fantasia e realtà»: se già il titolo della performance di imminente rappresentazione in quel di San Giacomo stimola l’attenzione e incuriosisce, ancora più intrigante appare sulla carta la proposta quando si scopre che ad essere riportate nel nostro tempo saranno fascinose figure di respiro antico, e che la rappresentazione vivrà sul filo della suspanse, condita anche da un’aura di mistero. Non senza, però, addentellati reali e contemporanei.
Ma procediamo con ordine, annotando che l’appuntamento è alla ‘Casa delle Associazioni’ in via Maso Hilber 1 a San Giacomo di Laives sabato 21 ottobre, con inizio alle 20,30 e ingresso libero.
Sulla scena la compagnia New Eos PerformingArts Bolzano, con Mara Da Roit (voce narrante femminile, ‘visuals’), Patrizio Zindaco (voce narrante maschile) e Luca Dall’Asta (musiche, effetti speciali).
Altro particolare di rilievo: lo spettacolo rappresenta della riduzione scenica in parole-musica-immagini del libro della scrittrice di Soraga in Val di Fassa Alberta Rossi “Misteri, avventure e magiche creature” (ed. AthesiaTappeiner, CurcuGenovese). Un’opera completamente incentrata su leggende dolomitiche: che nella riproposizione multimediale verranno narrate a due voci su una colonna sonora eseguita dal vivo, e con il corredo di immagini originali visualizzate.
A propria volta, la componente visiva sarà ricca e composita. Predominanti saranno gli scenari oggetto di narrazione, vale a dire le splendide Dolomiti Fassane, in un rincorrersi di cime imponenti come la Marmolada, la Roda di Vael, il gruppo dei Monzoni eccetera, specchi d’acqua idilliaci come il Lago di Antermoia o quello di Fedaia, e altri scorci del territorio. Determinante sarà altresì la presenza – fra le immagini di natura, e spesso addirittura in combinazione con le stesse – di ricostruzioni grafiche firmate da Elena Corradini delle figure dal sapore ‘antico’ di cui si diceva in apertura: e quindi Strie – ovvero streghe -, Vivène, Salvan… ma anche altri ‘esseri’ quasi sopiti perfino nelle memorie locali. In più, faranno qui e là la loro comparsa interessanti oggetti della tradizione: calzedrie, pazeide, vecchie botti.
I vari elementi andranno a formare un ordito unico, che promette di catturare il pubblico in una dimensione sospesa tra fantasia (le ammalianti leggende dolomitiche) e la realtà visiva di uno dei territori più affascinanti dell’arco alpino.
Tornando ai temi e contenuti, qualche anticipazione la si trova nella prefazione al libro da cui lo spettacolo è tratto. La già procuradora general de Fascia Cristina Donei parla di “una serie di racconti originali magici, ammalianti, che conducono per mano lungo la val di Fassa a scoprire le origini dei suoi abitanti, la storia dei luoghi con le loro radici etimologiche, un sapere antico che affonda nel passato millenario della vallata ladina.” Nel tempo della globalizzazione, chiosa Cristina Donei, “una chance di vita per questo patrimonio, offrendo al contempo preziose informazioni prossime ad essere dimenticate per sempre.”
A detta poi della nota scrittrice Brunamaria Dal Lago Veneri, il percorso consta nella “scoperta, o riscoperta, di antiche storie” e palesa “un profondo amore per la propria terra, unito alla conoscenza del territorio.”
Qualche decodifica ulteriore la fornisce l’autrice stessa, Alberta Rossi, spiegando che il suo lavoro alla base è stato lungo e appassionante. “Ho preso spunto dalla mitologia classica, da quella ladina, dalla toponomastica locale; e dalla storia, dalle tradizioni e dal meraviglioso ambiente della valle”, dice, confidando il suo auspicio che il lettore – o in questo caso lo spettatore che assisterà alla performance tratta dal suo libro – “sia poi invogliato ad andare a scoprire di persona i luoghi raccontati”.
Corre l’obbligo di annotare come, dal canto suo, anche la trasposizione scenica multimediale abbia comportato un impegno articolato e non privo di sfide, trattandosi, per i performers di New Eos PerformingArts, di selezionare i testi senza snaturarli, plasmare su di essi musiche appositamente concepite e abbinare al tutto le immagini in maniera ‘naturale’.
Obiettivo di Mara Da Roit, autrice delle riduzioni, e dei colleghi Zindaco e Dall’Asta, era ottenere un tutt’uno fluido e filante che non desse in alcun modo l’idea di un insieme di ingredienti gettati nel frullatore. “E fino ad ora – testimoniano – il pubblico ci ha confermato che questa missione è riuscita; ci è stato anzi riportato che la platea si sente coinvolta dal primo all’ultimo istante e come proiettata, nell’ora di durata della messa in scena, in una sorta di spazio fuori dal tempo.”
Doverosa la citazione, in chiusura, dei fotografi che hanno contribuito al corredo visivo, principalmente fassani: e cioè Diego Leder, Nicola Detomas, David Dorich, Anton Sessa, la stessa Alberta Rossi, Valeria Battel, Alberto Chiocchetti, Renato Grassi, Walter Facchini, Ezio Chenetti e Sonia Turetta. Significativo anche l’apporto dato dall’Istitut Cultural Ladin di Sèn Jan di Fassa, mettendo a disposizione le testimonianze dei reperti su menzionati.
Nell’insieme, un lavoro che pare decisamente strizzare l’occhio all’originalità, anche nel senso di incontro tra fantasia, elementi della tradizione e impatto visivo di stampo paesaggistico.
Ma a chi si rivolge la performance, nello specifico?
“È uno spettacolo per tutti” – spiega a nome dell’organizzazione Alberto Covanti, presidente del Centro culturale San Giacomo, aiutato nella sua valutazione dall’aver visto lo spettacolo in un’occasione precedente. Infatti precisa meglio: “In particolare ci rivolgiamo a un pubblico attento alle narrazioni legate al territorio, affascinato dagli scenari dolomitici; e pronto anche a lasciarsi sorprendere.”
Per informazioni: c.culturale.sangiacomo@gmail.com oppure new.eos.bz.performingarts@online.ms
Foto, Patrizio Zindaco, Mara Da Roit e Luca Dall’Asta/c-Stefano Odorizzi