Cresce l’insicurezza nel settore della ristorazione con il 20% delle attività preoccupate per il fatturato 2023. Waldner (Confesercenti): “Le oscillazioni di prezzo delle materie prime sono fortissime di mese in mese. I ristoratori stanno diventando dei broker per prevedere gli andamenti dei prezzi”.
I rincari delle materie prime stanno picconando la fiducia di bar e ristoranti in Alto Adige. O meglio, sarebbe più preciso dire: la volatilità dei costi è la vera spada di Damocle dell’intero settore ricettivo. Specie quello più votato al turismo. Lo studio pubblicato l’altro recente dal Barometro di giugno dell’Ire (l’Istituto di Ricerca Economica della Camera di Commercio di Bolzano) ha messo a nudo una certa preoccupazione. Prendiamo i ristoranti: se nel 2022 la soddisfazione sul fatturato era al 96% delle attività ecco che nelle previsioni per il 2023 questa percentuale crolla all’80%. Significa che il 20% dei ristoratori (uno su cinque) ha paura della stagnazione del fatturato. Scendendo un po’ più in profondità molti professionisti hanno indicato proprio nei rincari delle materie prime la causa principale.
“I prezzi cambiano da un mese all’altro anche del 10%”
Per capire meglio cosa sta accadendo abbiamo interpellato Ivan Waldner, presidente della categoria ristoranti in Confesercenti e titolare della “Casa al Torchio” di via Museo. “La ricerca dell’Ire ha certamente colto nel segno mettendo a nudo una preoccupazione economica ed operativa. Oltre ai rincari in sé, comunque, a spiazzare è più la volatilità dei prezzi delle materie prime. Da un mese all’altro subiamo variazioni che possono anche essere del 10%. In più o in meno. È un quadro che rende più complicata la pianificazione delle attività, degli ordini e, chiaramente, incide in maniera diretta sui margini”. Quali materie prime sono più soggette a queste variazioni? “Cito solo gli ultimi casi e penso al riso oppure alle carni. A volte i motivi sono da identificare nelle variabili che incidono sull’agricoltura, altre sono oscillazioni determinate dai trasporti o anche da logiche di speculazione. In tutti i settori quando un prezzo è stato alzato difficilmente si torna indietro abbassandolo se non ci si è scontrati con una forte contrazione della domanda. A mio parere questo è anche il meccanismo che sta alla base dell’inflazione che stiamo vivendo in questo periodo storico”.
“Un check mensile con i fornitori”
Torniamo ai riflessi operativi di questa oscillazione continua. “Il fatturato può essere la prima voce soggetta a queste variazioni – continua Waldner – ma cambia anche il workflow con i fornitori. Noi, per esempio, abbiamo istituito un check mensile per verificare tutti i vari prezzi delle materie prime e relativi cambiamenti. Una volta non sarebbe stato necessario perché quantità e costi erano sostanzialmente stabili. Gli stesi grossisti hanno dovuto cambiare alcune pratiche quotidiane organizzandosi, dove possibile, per alcune scorte di magazzino senza lavorare solo ed esclusivamente sui flussi di mercato diretti. Cambiano, insomma, alcune dinamiche storiche di lavoro e anche questo incide sulla sensazione di insicurezza. Senza contare, infine, che il nostro mestiere richiede oggi delle skills che prima erano impensabili. Bisogna essere bravi, per esempio, a capire e prevedere le variazioni di prezzo come se fossimo dei broker delle materie prime. Per quanto possa sembrare una forzatura ironica talvolta è proprio la verità di tutti i giorni”.