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Elena Guerriero, da Bolzano a Carmen Consoli, una storia di successi

25 Gennaio 2022

Elena Guerriero, da Bolzano a Carmen Consoli, una storia di successi

Un fiume in piena, alla perenne ricerca di qualcosa. Chi la conosceva da giovane a Bolzano, tutto avrebbe detto tranne che quella ragazza timida, a distanza di anni avrebbe stravolto la sua vita organizzando e coordinando grandi eventi e finendo per suonare addirittura su palchi importanti in giro per il mondo. A fine agosto ha suonato all’ Arena di Verona accanto ad Elisa e alla “cantantessa” Carmen Consoli, per festeggiare i venticinque anni di carriera di quest’ultima. L’ultima apparizione televisiva invece, qualche mese fa, a fine ottobre, accanto a Carmen Consoli, Max Gazzè e Marina Rei. Era la fine ottobre, più di uno a Bolzano, durante la prima puntata di Xfactor 2021, ha esclamato sul divano “quella alle tastiere la conosco!”
È Elena Guerriero, giovane donna bolzanina che tra mille dubbi, incertezze e difficoltà, di strada ne ha fatta tanta, eccome!. Una storia profonda la sua, che ci aiuta a comprendere come lasciarsi andare può stravolgere la vita e portarti dove forse non ti saresti mai aspettato. Oggi sa più che mai chi è, e chi vuole essere. Consapevole e grata a chi in questi anni le ha chiuso porte in faccia, l’ha delusa e ferita; perché senza quelle ferite dice, non avrebbe mai potuto realizzare ed essere quella che è oggi.

Elena era una ragazza che non credeva fino in fondo nelle sue capacità.
Non si sentiva all’altezza del mondo, delle aspettative, probabilmente anche della vita stessa. Andava bene a scuola, era una studentessa modello, aveva mille passioni, ma non era ancora riuscita a trovare la sua giusta collocazione nel mondo ed il canale giusto per esprimersi davvero. La raggiungiamo telefonicamente lasciandoci travolgere dalla sua verità, dalla sua storia di bruco divenuto farfalla.

Elena Guerriero, cosa ti ricordi di quando eri giovane fanciulla bolzanina?
Mia madre mi definiva “un’anima in pena”. Sempre in movimento, sempre alla ricerca di qualcosa. È stata proprio lei, quando facevo l’università, a spingermi a sottoporre la mia candidatura come collaboratrice al “Corriere dell’Alto Adige”, vista la mia nota passione per la scrittura. Ed è così che ha preso il via quel percorso che mi ha portato dove sono arrivata oggi

In che senso?
Il quotidiano per cui lavoravo, era il 2005, mi mandò a recensire il concerto di Anastacia. Ero elettrizzata all’idea, perché ho sempre amato la musica, in tutte le sue forme. Quando arrivai al Palaonda cominciai a scrutare ogni dettaglio del palco, del pubblico. Tutto! Ma più guardavo il palco, più mi chiedevo che mondo si nascondesse lì dietro. Scoprirlo è stata proprio un’urgenza più forte delle mie paure, delle reticenze anche motivate dei miei genitori, dell’incognita di lasciare tutto per andare a costruirmi un destino di cui non conoscevo né la forma né il contenuto. Ricordo come fosse ieri, quello è stato il giorno in cui ho realizzato quello che volevo fare “da grande”.

E quindi?
Dal giorno dopo cominciai a cercare percorsi formativi che si occupassero di organizzazione di eventi. Fu così che arrivai all’università Cattolica di Milano. Volevo frequentare il master in pianificazione, progettazione e comunicazione di eventi culturali e spettacolo dal vivo. Onestamente non credevo che sarei stata ammessa. C’erano più di 1000 richieste per 25 posti, le mie speranze erano davvero flebili. Quando un venerdì di ottobre mi chiamò Luca Monti, l’organizzatore del master, per dirmi che ero stata ammessa, pensai fosse uno scherzo. In un weekend avrei dovuto decidere della mia vita. Andare, lasciando Bolzano e le certezze che avevo, o restare, rinunciando al mio sogno? Come diceva Walt Disney “Se puoi sognarlo, puoi farlo” e così decisi di mollare tutto e partire.

Quando e quale incontro ti ha fatto diventare la Elena di oggi?
Non credo ci sia un solo incontro ad avermi trasformata in quella che sono oggi.
Sicuramente le prime persone a cui penso sono i miei genitori, la mia famiglia. Per anni, come tutti gli adolescenti, ho lottato contro le idee di mio padre e mia madre e ho respinto quello che pensavo appartenesse a loro, fino a quando mi sono resa conto che, proprio quello che volevo allontanare da me, è stato l’elemento chiave che mi ha permesso di diventare quella che sono oggi.

E a livello professionale?
Lungo il mio percorso ho avuto la fortuna di incontrare delle figure che sono diventate un po’ il mio faro nella notte: Luca Monti, Vincenzo Cavaliere, ex direttore tecnico della Fondazione Santa Cecilia. È a lui che devo il mio trasferimento a Roma a fine master. Ha visto qualcosa in me, che i miei occhi non riuscivano a scorgere, e mi ha voluto al suo fianco come sua assistente per sei mesi. Lui è stato ed è tuttora la mia guida. Senza filtri mi ha trasmesso tutto quello che sapeva di questo settore e mi ha reso più consapevole e sicura di me. Poi Roberto Catucci, responsabile dell’Ufficio Produzione della Fondazione Musica per Roma mi ha dato invece la possibilità di fare la mia gavetta e carriera all’interno dell’Auditorium Parco della Musica.

Manca ancora qualcuno?
Sicuramente Carmen Consoli, a cui devo quella che sono diventata negli ultimi dieci anni. Lei e il suo manager Francesco Barbaro, hanno riposto in me la loro fiducia, assegnandomi il difficile, delicato e complesso ruolo di personal manager. Carmen è stata in grado di tirare fuori da me capacità e competenze che nemmeno credevo di avere, portandomi a sfidare me stessa oltre i mille limiti che la mia testa ancora oggi si pone.

L’ incontro con Carmen Consoli è stato anche la causa di un altro grande passo…il tuo trasferimento a Catania?
Mi sono trasferita a Catania undici anni fa, dopo aver trascorso sei anni a Roma all’Auditorium Parco della Musica. Avevo bisogno di un cambiamento nella mia vita. Mi capita tutte le volte in cui sento di essermi adagiata troppo su equilibri e schemi, che a lungo andare portano la mia passione verso quello che faccio ad affievolirsi. Conoscevo Carmen dal 2006 per via dei numerosi concerti che lei ed il suo staff organizzavano presso la struttura nella quale lavoravo. Ci siamo sempre stimate reciprocamente e così, quando decisi di licenziarmi dall’Auditorium, mi propose di cominciare una nuova carriera al suo fianco in qualità di personal manager. Accettai, vedendo in quel nuovo percorso l’opportunità di crescere umanamente e professionalmente.

Che rapporto hai con questa città e con i suoi abitanti?
Catania è una città magica. Tra le sue vie respiri cultura ad ogni passo. Ci sono strade, palazzi, scorci che ti lasciano senza fiato e nonostante io continui a percorrerla, scorgo sempre qualcosa di cui ignoravo l’esistenza e ne rimango incantata. Se a così tanta bellezza, aggiungi le persone, ospitali e sempre in grado di farti sentire a casa, si raggiunge una pozione magica che ti cattura e ti impedisce di andare via da lì. Più precisamente io vivo poi ad Aci Castello, un paesino tranquillo sul mare nei pressi di Catania, che mi offre albe mozzafiato ad ogni risveglio.

Quale l’esperienza più entusiasmante di questo tuo percorso?
Ho avuto la fortuna in questi anni di fare tante esperienze. Tour, viaggi, incontri.
Ho un ricordo vivissimo dell’ultima esperienza prima del Covid e cioè il tour mondiale del 2019, che ci ha visto toccare Cuba, Cile e Stati Uniti. La prima volta per me Oltreoceano, con una squadra affiatata, una vera e propria famiglia viaggiante. Questo lavoro mi ha permesso di visitare luoghi incredibili e fare esperienze indimenticabili. Non sempre, dovendo lavorare, abbiamo il tempo di fare i turisti nelle città che tocchiamo, ma già il fatto di respirare un’aria diversa, ti apre la mente e ti predispone al nuovo. Altra esperienza importante è l’ultimo tour che abbiamo fatto, da poco concluso. Ripartire, con grandi sacrifici e fatica, dopo la pandemia, ancora in corso tra l’altro, è stata un’emozione indescrivibile. Tornare a viaggiare, guidare un camper, incontrare il pubblico, ascoltare di nuovo le note diffondersi dal palco… indimenticabile!

Quanta la fatica nel mezzo del cammino?
Credo che nella vita la passione sia alla base di tutto. Ma la passione da sola, così come il talento, non portano a nulla. Ci vogliono studio, sacrificio, fatica, impegno, costanza, tanta determinazione. Il mio motto è sempre stato “la goccia scava la pietra non per la forza ma per la sua costanza”. Dietro queste parole per me c’è la chiave di tutto. Spesso di fronte alle prime difficoltà e agli ostacoli, ci allontaniamo dai nostri obiettivi, molliamo la presa e cambiamo meta. Capita in ogni settore, anche nelle relazioni e nei rapporti sentimentali. Costa così tanta fatica lottare per un sentimento, per una passione, per qualcosa in cui si crede, tanto da scegliere spesso la strada più semplice. È come se volessimo “tutto e subito” e, quando non è così, siamo subito pronti a spostare lo sguardo altrove.

Quindi, mai pensato di mollare?
Ho avuto i miei momenti di incertezza, momenti in cui ho pensato di aver sbagliato tutto, di non essere nel posto giusto. Ma se volto lo sguardo indietro e osservo da dove sono partita e poi torno a guardare il mio presente, sono felice di ogni passo, di ogni ostacolo superato, della fatica e dell’impegno, di tutte quelle volte in cui non mi sono arresa e non ho mollato, anche se sarebbe stata la strada più facile da intraprendere. La felicità non è un dono che ci arriva dall’alto. La felicità costa sacrificio, è un lavoro costante e quotidiano, come quello della goccia che, un passo alla volta, arriva davvero a lasciare un segno sulla roccia.

Cosa rappresenta oggi la musica per te?
Nietzsche diceva “senza la musica, la vita sarebbe un errore”. Ecco, non può esserci vita per me senza le mille colonne sonore che la accompagnano.

Ti manca Bolzano?
Bolzano mi manca, da sempre. Ho imparato sulla mia pelle come la distanza aiuti davvero a capire il valore di quello che amiamo e di ciò che abbiamo. A Bolzano ho lasciato una parte importante del mio cuore: la mia famiglia, gli amici di sempre, tutti quei luoghi che ho percorso e vissuto mentre cercavo ancora di trovare la mia strada. Cerco di tornare spesso per riprendermi quel respiro, per tornare a connettermi con le mie radici, di cui ognuno di noi ha bisogno, anche e soprattutto quando decide di andare altrove. Amo camminare nei parchi, tra i boschi, in montagna; amo tornare e vedere come tutto funzioni, come tutto sia sempre in ordine, al posto giusto. È bello partire ed è bello tornare.