Paolo Grossi, classe 1989, un diploma all’Istituto tecnico commerciale Cesare Battisti di Bolzano e un lavoro sicuro per una prestigiosa azienda locale. Quando a ventitré anni il sogno e l’urgenza di fare arte si fanno sempre più ingombranti, non ci pensa due volte: molla tutto e insegue il sogno. Un esempio per tanti, che incarna perfettamente quel messaggio dato a San Silvestro dal Capo dello Stato Sergio Mattarella durante il suo messaggio di fine anno. Non essere spettatori ma protagonisti della storia d’oggi, sporcandosi le mani e impegnandosi senza mai rinunciare a perseguire anche le mete più ambiziose, superando sempre la paura di rischiare per non sbagliare. Oggi a trentadue anni, dopo aver studiato in una delle più prestigiose scuole teatrali nazionali, aver calcato palchi importanti, lavorando con i grandi del cinema e del teatro, Paolo è un giovane uomo di successo; sguardo intelligente e battuta sempre pronta con tanta voglia di sognare ma nessuna intenzione di fermarsi. Lo incontriamo a colazione in compagnia dei suoi due bambini Elia di tre anni e Lara di uno, per ripercorrere insieme alcune tappe fondamentali del suo percorso di vita.
Cosa è scattato esattamente ad un certo punto della tua vita e dove hai trovato il coraggio di mollare tutto per intraprendere un nuovo percorso, una nuova strada?
Lavoravo come impiegato amministrativo con un ottimo stipendio e un contratto a tempo indeterminato, cosa molto rara visti i tempi e la mia giovane età. Una sera durante il corso di teatro “giovani in scena” del Teatro stabile di Bolzano, un amico della docente Flora Sarrubbo, chiese delle informazioni su di me. Flora, che sin dai miei inizi mi spingeva a frequentare un’accademia rispose: “lui è Paolo … ma ormai…“ Un po’ rassegnata aveva perso forse le speranze su un mio trasferimento in un’altra città per studiare recitazione.
E invece…
Avevo preso quella frase come un ultimo treno, un’ultima possibilità. Quella notte non dormii e la mattina seguente durante la colazione prima di andare in ufficio dissi a mia madre che avrei fatto i provini per entrare in una scuola di teatro.
Avevo deciso: Il teatro doveva far parte in modo totalizzante della mia vita. Studiai tutta l’estate e ad ottobre feci due provini. Prima a Genova e poi Milano. Nel novembre del 2012 iniziai il mio percorso alla Civica scuola d’arte drammatica Paolo Grassi.
C’è un momento esatto in cui hai deciso che avresti fatto l’attore?
Quando ho capito la sofferenza e la solitudine che si vive per potercela fare. Frequentavo il primo anno alla Paolo Grassi. Vivevo a Milano con altri tre ragazzi. Tornavamo a casa stanchissimi, cucinavamo la cena e il pranzo per il giorno dopo. Il weekend studiavamo per prepararci al meglio per la settimana di accademia che stava per iniziare. Parlavamo solo di teatro, non c’era posto per nient’altro.
Quando capii i sacrifici e gli sforzi che dovevo compiere, accettai e non ebbi più un ripensamento. Sono i due lati della medaglia: da una parte la bellezza di stare su grandi palcoscenici, conoscere persone, respirare il profumo di altre città quando sei in tournée, dall’ altra non essere presente al compleanno dei tuoi figli, stare lontano da casa per settimane, essere connessi con il tuo io più profondo.
Quali gli ingredienti per farcela?
Un po’ di pazzia, tanta passione, il talento, lo studio e anche un po’ di fortuna.
L’ incontro professionale o formativo dal quale credi aver imparato di più?
Cerco di poter “rubare” il più possibile da ogni incontro professionale che faccio. Ogni giorno cerco di mettere via un respiro, una canzone, un modo di camminare che noto in un passante. Sento di essere in continuo movimento quindi non riesco mai a dire “ho capito come si fa” oppure “questa cosa l’ho imparata”. Semmai posso dire che sto imparando a divertirmi molto di più, ad essere più libero in scena, cosa che nei primi anni di carriera mi risultava praticamente impossibile. Certo, la fortuna di aver potuto lavorare con diversi grandi del teatro, penso a Paolo Rossi, Serena Sinigaglia, Marco Bernardi, Leo Muscato e Giampiero Solari ha inevitabilmente significato molto.
A quali progetti stai lavorando attualmente?
Insieme ad Antonio Viganò e a tutta la compagnia del teatro La Ribalta stiamo progettando tanto. Abbiamo debuttato il 16 dicembre con “Il paradiso perduto” un adattamento teatrale di “Frankenstein” di Mary Shelley. A gennaio riprenderemo “Un peep show per Cenerentola”. A febbraio avrò, invece, la fortuna di recitare nello spettacolo vincitore del premio Ubu “Otello”. Per i primi mesi del 2022 sarò dunque impegnato con questi tre spettacoli non solo in regione ma anche in tournee: Roma, Reggio Emilia, Bologna per poi approdare in Svizzera, Austria e Germania.
Obiettivi futuri e sogni nel cassetto?
L’obiettivo sarebbe quello di riuscire a trovare un po’ di tempo per concretizzare i miei sogni nel cassetto: girare un film, come regista e fondare un gruppo musicale… un po’ di pazzia ci vuole! Se riuscissi invece a risparmiare un po’ di soldi mi piacerebbe comprare una macchina fotografica e studiare fotografia.
Paolo, partito dal quartiere Oltrisarco di Bolzano, voleva fare l’attore e c’è riuscito. Resistendo alle difficoltà e spogliandosi di ogni comodità oggi è un professionista affermato. Un esempio per molti.