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Officine di autoriparazione, riemerge dal dimenticatoio l’obbligo di certificare le caraffe per i liquidi sfusi

11 Agosto 2020

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Officine di autoriparazione, riemerge dal dimenticatoio l’obbligo di certificare le caraffe per i liquidi sfusi

Nei giorni scorsi le officine di autoriparazione della provincia di Bolzano hanno trovato sulla propria casella di posta elettronica certificata una comunicazione da parte del Servizio Metrico della Camera di Commercio di Bolzano, che ricordava a tutti l’esistenza di un obbligo risalente a molti anni fa. Con la circolare viene ribadito l’obbligo, nelle officine di riparazione delle autovetture, in caso di vendita di liquidi sfusi (oli lubrificanti, liquidi di raffreddamento, fluidi idraulici, liquidi tergicristallo, AdBlue, ecc.), di utilizzare strumenti di misura certificati.

I più diffusi strumenti per l’effettuazione di queste operazioni sono delle caraffe metalliche – con diverse capacità dichiarate – nelle quali vengono versati i liquidi che a loro volta vengono inseriti all’interno delle autovetture attingendo a taniche e barili di grandi dimensioni.

Secondo la norma tali caraffe, che devono essere costruite e certificate in base alle norme tecniche europee, vanno sottoposte ogni 4 anni ad una verifica certificata della loro capienza per assicurarsi che abbiano mantenuta inalterata la loro capacità.

“Se concettualmente è corretto garantire al cliente la veridicità della quantità di prodotto fornita – sottolinea CNA-SHV – dal lato pratico applicare tale sistema di certificazione ad un prodotto standardizzato dal bassissimo valore intrinseco rischia di diventare grottesco. Infatti, dal momento che in Italia esistono solo due enti certificati per fare la verifica della capacità dei liquidi, e che questi si trovano in Sicilia o in provincia di Pordenone, sarà di gran lunga più conveniente per un’officina acquistare ogni 4 anni delle nuove caraffe certificate piuttosto che inviarle agli istituti di verifica. Con i ringraziamenti dell’ambiente e dei produttori di questi oggetti, oltre che dei produttori di lubrificanti e altri prodotti in confezioni monodose (che sono certificate dal produttore), ad un prezzo di molto superiore rispetto ad un barile o una tanica. Inoltre, è obbligo dell’officina denunciare alla Camera di Commercio la dismissione delle vecchie caraffe e la messa in servizio delle nuove”.

Le sanzioni per chi non rispetta queste regole sono piuttosto salate, andando da un minimo di 500 ad un massimo di 1500 euro per ogni contenitore fuori norma.

“Duole sottolineare – aggiunge Claudio Corrarati, presidente della CNA-SHV – che un simile aggravio burocratico non sembri dare maggiori garanzie al cliente finale, dal momento che le officine poco serie potranno continuare a dichiarare quantità maggiori di quelle effettivamente fornite, ed il cliente continuerà ad avere pochi strumenti a disposizione per fare le sue verifiche. Questo è purtroppo sempre possibile anche se si utilizzano prodotti confezionati in recipienti dal contenuto già verificato. Si tratta solo di costosa e asfissiante burocrazia”.

CNA-SHV e le officine di riparazione auto ad essa aderenti, in un periodo come quello del Covid-19 in cui le officine di riparazione degli autoveicoli hanno visto un drastico calo del lavoro che in diversi casi mette a repentaglio la loro stessa esistenza, ritengono “poco opportuna l’applicazione stringente di una simile norma, che non sembra dare garanzie assolute al consumatore che può invece essere veramente tutelato solo dalla serietà del lavoro di autoriparatori qualificati. Di contro, il rischio è quello di un onere supplementare per le imprese che può concretamente diventare un ulteriore aggravio economico, per il quale si chiede che la sua applicazione sistematica venga rivista (si potrebbero ad esempio utilizzare contenitori in materiale non deformabile, che garantirebbero nel tempo il mantenimento della capacità certificata dal produttore) o almeno rimandata ad un momento di maggiore stabilità e serenità per l’economia del settore.”