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Sindacato ed Alto Adige. Tra Business unionism e Cupertino

5 Febbraio 2019

Sindacato ed Alto Adige. Tra Business unionism e Cupertino

Siamo nel 2019 e l’attività a cui il Sindacato (per comodità di citazione, oltre le sigle) ha bisogno di tornare è la seguente: tutelare gli interessi collettivi tramite la contrattazione. Oltre a ciò, dovrebbe influire sulle scelte generali e sui provvedimenti di politica economica e sociale adottati dai pubblici poteri (Touraine e Mottez 1963). Oltre all’azione economica (contratti) il sindacato ha elaborato azione politica. Esistono due forme di sindacalismo (Cella 1999):
– il business unionism, tipico del Nord America, per intenderci quelle Union che in Usa utilizzarono i propri fondi per comprare azioni Fca e “blindare” il contratto di quadri ed operai. Il privilegio dell’obiettivo economico, agisce tramite contrattazione collettiva, autonomo dai partiti, lavora per lobbies, intese come “unione di lavoratori con interessi finali comuni”
– competitive unionism, ovvero il modello italiano e britannico. Questo sindacalismo ha rispetto al business unionism obiettivi più ampi, che includono riforme di carattere economico-sociale, da raggiungere tramite contrattazione collettiva ed azione politica. I rapporti con il sistema politico sono stretti, a volte sovrapposti, specialmente con aree socialiste. Funziona se è forte il sistema partitico
Non esiste un “modus” migliore, esiste l’applicazione migliore di un “modus”. La società altoatesina è cambiata e ha generato un mondo del lavoro distante dal concetto classico. Sono fiorite nuove aziende, che trascinate da brand locali diventati globali, hanno di fatto importato un modello simile a quello di Cupertino. Sono aziende che applicano un modello interconnesso orizzontale, ovvero lavorano per obiettivi (speso svincolati da orari), fianco a fianco a quello che oggi non è più un titolare d’azienda in senso stretto, ma altro. Gli stessi imprenditori legati ad un sistema “aperto” e orizzontale non s’approcciano, come un tempo, alle varie Conf ed Associazioni di categoria. Del resto in Italia esiste un prima e dopo Marchionne, il manager Fca fece uscire il primo gruppo industriale italiano da Confindustria di fatto modificando per sempre il peso specifico di un contraente fino ad allora storico. Luxottica imitò Fca non molto tempo dopo, di fatto scardinando il sistema. Il Sindacato da questa operazione non guadagnò altro che perdita dei consensi tra i lavoratori. Gli stessi lavoratori che in Alto Adige non sentono, in certi settori, la necessità d’esser rappresentati sindacalmente, preferiscono una “trattativa diretta” molto spesso. Questo accade a causa del competitive unionism, approccio che ha retto fino alla fine del sistema partitico. L’ Italia, e l’Alto Adige, dopo il 1993 hanno mutato la propria politica economica, sterzando bruscamente. Si è passati da un Keynes al pareggio di bilancio, di fatto aumentando la pressione fiscale in proporzione su dipendenti e piccole e medie imprese. Il nostro paese, da sempre fondato su micro e piccola impresa, ha retto l’urto, ma i fallimenti d’impresa sono stati molteplici. La crisi ha avuto due fasi, la prima distruttiva 2008-2013, la seconda rigenerativa 2014-in corso. Questa “rigenerazione” ha lanciato le Startup, ovvero un progetto-idea, finanziato, che diventa azienda. Spesso queste nuove aziende hanno rivisitato lo stile Steve Jobs, ovvero un visionario a capo ed una serie di “seguaci motivati” che lavorano per progetto. Il paradigma Jobs ha reso aziende micro, economicamente sane, macro e multinazionali. In tutto questo il lavoratore spesso è un socio e quindi non ha bisogno d’intermediari. Anche la zona produttiva bolzanina conta realtà di questo tipo, con lavoratori specializzati e giovanissimi che per forma mentis non possono concepire un sistema sindacale legato a partiti, la famosa cinghia di trasmissione ormai estinta: Cgil-Pci, Uil-Psi e Cisl-Dc. Il Sindacato competitive non ha più humus politico, urge una mutazione verso business unionism, ovvero verso il lavoratore singolo (l’esempio dei riders è da studiare a fondo). I riders, lavoratori nuovi di zecca, hanno approccio “union nordamericano”, essendo nati in regime d’economia globale. Il Sindacato non ha colto, optando per scioperi, che però non hanno coinvolto i riders stessi. Ad ossimoro compiuto è nata una carta dei diritti, ma scritta da “riders union”, quindi in regime da business unionism. Non va meglio nel settore pubblico, dove, i nuovi dirigenti sono formati per aver approcci “business”. Il lavoratore quindi si trova facilitato al dialogo con superiori che un tempo erano efori e non sente la necessità di chiamare intermediari, ovvero il Sindacato. La situazione, ad oggi è paradossale, il Sindacato spesso si rivolge a lavoratori formati da un sistema “business”, che quindi non comprendono il competitive unionism, validissimo fino al 1993. Quale futuro? Operare all’interno del Sindacato per una formula ibrida, applicare un paradigma business sarebbe rischioso in un sistema in mutamento ma ancorato alla visione competitive e politica, quindi va trovata una strada di mezzo, partendo dalla comunicazione, in questo periodo stitica. Ad oggi ci sono più attori che recitano divisi in un film che dovrebbe essere unico.

Marco Pugliese, segretario Regionale Uil Scuola Rua

Bibliografia
Diritto Sindacale, Gino Giugni Cacucci Editore- 2015
A cosa serve il sindacato? Ichino Pietro, Mondadori- 2005
Labour and the Law, Stevens and Sons, London-1977

Vicedirettore di Buongiorno Suedtirol e responsabile di BsEvents&Style. Si occupa di marketing e pubblicità per la testata. Giornalista, scrive d’economia, esteri, politica locale e nazionale. Fondatore di BsEvents&Style.