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“Pietre che ci parlano”, sculture di Paolo Colombini al MUSE di Trento

13 Ottobre 2018

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“Pietre che ci parlano”, sculture di Paolo Colombini al MUSE di Trento

Verrà presentata ufficialmente domenica 14 ottobre alle 11.00 al MUSE “Pietre che ci parlano”, l’esposizione delle sculture dell’artista trentino Paolo Colombini che – da alcune settimane – ha trovato posto al Museo e nel prato esterno. “Pietre che ci parlano” – a cura del critico Alberto Mattia Martini – rappresenta l’ultimo tassello del programma di eventi e installazioni en plein air che arricchisce la programmazione del MUSE Museo delle Scienze di Trento fin dalla sua inaugurazione, grazie a progetti artistici, soprattutto di tipo scultoreo, che interpretano la natura e la scienza attraverso lo sguardo poetico ed evocativo dell’arte.
Orsi polari che si liberano dai graniti dell’Adamello, fiori che sbocciano da quelli che furono i fiumi di lava del Lagorai, corpulenti animali intrappolati nel quarzo di Cima d’Asta che piangono lacrime di ruggine. E ancora, frammenti di storia nelle brecce vulcaniche della Valsugana e delicati cristallizzati nei porfidi di Calamento: per l’esposizione al MUSE, Paolo Colombini ha scelto rocce di natura locale, proponendo al visitatore un viaggio nella geografia e nella storia geologica del Trentino.
I grandi blocchi di quarziti dell’Adamello e i levigati ciottoli porfirici della Valle dei Mocheni utilizzati per le sculture sono materiali che discendono da un medesimo ambiente genetico: gli antichissimi margini del continente africano del quale il Trentino – e le sue montagne – geologicamente fanno ancora parte.
Le pietre osservate e custodite dall’artista sono blocchi staccatisi dai margini tormentati di quelle montagne, mute testimoni di una storia unica e millenaria. Nel loro cuore, Colombini ha cercato le fasi aggregative vecchie di centinaia di milioni di anni e ha riconosciuto gli eventi che le hanno condotte a noi: il lungo viaggio dalle cime ai fondivalle trentini, il paziente lavorio del ghiaccio e quello dell’acqua.
«Fin da bambino – spiega Colombini – la natura mi ha sempre emozionato. Con il tempo si è offerta donandomi la possibilità di esprimermi e darle, a sua volta, espressione attraverso le mie rappresentazioni. Ho scelto la pietra, più vicina al mio mondo e alle mie sensibilità. Cerco di conservare il suo aspetto più naturale, di interpretarne le forme più che scolpirle. Il mio intervento è portare a termine il messaggio che la natura voleva comunicare».

La lettura critica del curatore Alberto Mattia Martini

Le opere di Paolo Colombini sono testimoni del tempo, elementi imperituri e parte integrante del mondo naturale e quindi, inevitabilmente, anche testimonianza della storia dell’uomo.
Le sue sculture sono pietre bramate, esplorate e individuate, provenienti prevalentemente dai fiumi trentini e poi successivamente recise, intagliate in due parti, per restituirci l’anima delle pietre stesse. La polvere prodotta durante il taglio delle pietre viene amalgamata con pigmenti di colore e utilizzata per dipingere le parti interne dei monoliti.
Le opere di Colombini possiedono una forte potenza energetica, assunta dal tempo, dai secoli trascorsi in una simbiosi continua con madre natura e spesso in stretta connessione con la vigoria propositiva dell’acqua.
Queste pietre possiedono pertanto un’anima, che genera benessere fisico, mentale e spirituale. Fin dall’antichità si ritiene infatti che le pietre siano in grado di emanare energie purificatrici, assorbibili dal corpo umano e che, laddove poste in un ambiente, possano trasformare l’energia negativa in positiva, mettendo in circolo vibrazioni benefiche costanti.
Queste pietre non sono asettiche, insensibili e inerti, ma anzi sono dotate di una straordinaria aura, un soffio vitale che produce una vibrazione armonica, restituendo all’uomo un assoluto equilibrio psicofisico.

ALBERTO MATTIA MARTINI
Critico d’arte e curatore ha al suo attivo numerose e importanti mostre organizzate sia in spazi pubblici, sia in gallerie private. Attualmente riveste il ruolo di direttore dell’Accademia Laba Trentino a Rovereto. Svolge il ruolo di docente di Storia dell’Arte Contemporaea e di Fenomenologia dell’Arte Urbana presso la Libera Accademia di Belle Arti di Brescia dove ricopre tutt’ora l’incarico di Direttore artistico.
Giornalista iscritto all’albo, collabora con numero se testate tra cui: Flash Art, D’Arts, Espoarte e Artribune.com, dove è titolare della rubrica StudioVisit MartinInterview, videointerviste presso gli studi degli artisti. Ha collaborato per diversi anni, fino alla sua morte con Pierre Restany, noto critico internazionale nonché fondatore del movimento artistico del Noveau Realisme.

PAOLO COLOMBINI
Nato a Trento nel 1950, Paolo Colombini rappresenta una figura atipica nel panorama artistico trentino.
Grazie al suo lavoro, nel settore del porfido, ha imparato a conoscere l’anima del materiale geologico e, a partire dal 1995, ha manifestato le prime potenzialità artistiche realizzando elementi di arredo che partono dalla forma originaria di blocchi di porfido. È questo il suo segno artistico: lasciare inalterata la forma che la natura ha dato agli elementi lapidei, selezionando sapientemente i soggetti della sua rappresentazione e interpretandoli senza modificarne forma e sostanza.
Dalle collezioni private delle opere di piccole dimensioni, passa ben presto a opere di rilevanza monumentale. Nel 2004, Colombini realizza l’opera scenografica e commemorativa “IL FARO”, commissionata dall’Arma dei Carabinieri in occasione dell’anniversario dei caduti di Nassirya che costituisce l’avvio ad una lunga serie di grandi installazioni all’aperto. Sue realizzazioni in pietra si trovano anche a Venezia (Isola Certosa), sull’Isola del Giglio, a Los Angeles, come in Austria (Innsbruck, Lustenau – Landeck, Klagefurt) e Francia (Avignone).