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Melicoltura, meglio bio o integrata? “La sostenibilità è soprattutto una questione di testa”

2 Giugno 2018

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Melicoltura, meglio bio o integrata? “La sostenibilità è soprattutto una questione di testa”

Di biologico non vuole neanche sentire parlare. Ma non perché sia contrario per principio. No, semplicemente Manfred Ladurner, contadino di Coldrano, è allergico allo zolfo e per di più convinto sostenitore della produzione integrata: “La coltivazione integrata offre veramente tutte le opportunità per produrre mele sane e di ottima qualità rispettando l’ambiente”, sostiene Ladurner. Il quale è convinto che molto dipenda dalla mentalità del singolo contadino. Ladurner è infatti consapevole di essere diverso da tanti altri colleghi, e questo non è sempre ben visto nell’ambiente.
Coltivazione biologica o integrata? Questione dibattuta oggi più che mai, non solo dall’opinione pubblica ma anche e soprattutto tra gli stessi coltivatori. La risposta alla domanda Manfred Ladurner se l’è data già da un pezzo, nel senso che quando si iniziò a parlare di produzione integrata, lui ne era già un convinto sostenitore. “Quasi 30 anni fa per puro caso partecipai in extremis – al posto di un altro contadino – ad un viaggio-studio in Svizzera per conto della mia cooperativa. Rimasi colpito dal concetto di produzione integrata e così, quando è nata AGRIOS, ne ho seguito fin dall’inizio le linee guida”, spiega il contadino venostano.
La frutticoltura è per forza di cose intensiva. “Senza un supporto fitosanitario non è possibile coltivare frutta, né in produzione integrata né biologica”, sostiene Ladurner. “Tanta gente crede che la frutta biologica non sia trattata, ma non è così: Anche nella coltivazione biologica si fa uso di prodotti fitosanitari”, fa sapere Ladurner.

“Un pidocchio non è la fine del mondo”

Quello che conta veramente, sostiene Ladurner, è l’atteggiamento mentale del singolo contadino: “Chi vuole veramente lavorare in maniera sostenibile ed eco-compatibile, può farlo con entrambi i metodi di coltivazione”. Tanti agricoltori però sono duri da convincere e non hanno il coraggio di cambiare: “Nella vita ogni tanto bisogna anche rischiare. Alcuni contadini si agitano non appena vedono un pidocchio sulla pianta… La buona riuscita dipende dal giusto equilibrio tra insetti utili e parassiti, e ogni contadino può farcela se tiene sotto controllo i propri frutteti e ricorre agli antiparassitari in maniera mirata e solo nelle situazioni più gravi”. Ladurner lancia poi un’altra provocazione: bisogna puntare alla qualità, e non alla quantità. Un esempio? Per la Golden Delicious, ancora oggi la varietà più coltivata, si potrebbe spuntare un prezzo di 8-9 centesimi al chilo superiore all’attuale, se solo si badasse alla qualità scartando le mele verdi cresciute all’ombra.

Chiaro, lavorare in maniera sostenibile richiede costanza e capacità di accettare il rischio d’impresa: “Io ho iniziato già parecchi anni fa a sperimentare dei nuovi metodi che oggi sono previsti dalla produzione biologica e si stanno sempre più diffondendo anche in quella integrata. Ad esempio, per la cura del cotico erboso rinuncio per qualche stagione agli erbicidi e ricorro solo alla spazzolatura. E sono stato tra i primi ad usare gli ugelli a iniezione per gli spruzzatori. Tra l’altro i miei frutteti confinano con diverse coltivazioni biologiche, e non ho mai avuto alcun problema con i vicini”, racconta Ladurner.
In alcuni casi è inevitabile ricorrere ai fitofarmaci. Quando deve farlo, Ladurner predilige i mesi estivi e le ore notturne: “Di notte non ci sono bambini in giro e non ci sono correnti ascensionali che potrebbero causare spostamenti d’aria. E prima che arrivi il vento del mattino, io ho già finito”. Alcuni prodotti Ladurner li evita come la peste. Il clorpirifos ad esempio, presente peraltro in tante case come veleno per formiche.

La ricchezza varietale genera qualità e risparmio

Per praticare la frutticoltura sostenibile è importante una pianificazione dettagliata, a cominciare dal posto. “Le mele hanno bisogno di aria, luce e sole. Ogni varietà poi ha le sue esigenze, e io come contadino devo tenerne conto”. Anche la scelta di quali mele piantare è un fattore importante: “Io ho iniziato molto presto con la sperimentazione piantando nuove varietà di mele. Quando diversi anni fa ho messo a dimora piante di Gala su quasi un terzo della mia proprietà, non sapevo neanche che faccia avessero queste mele”. Oggi sui suoi 4,5 ettari di meleti Ladurner produce per il 20% Golden Delicious e altre 8 varietà: Gala, Braeburn, Stark Delicious, Kanzi®, Shinano, Jonagold, Pinova e, da qualche periodo, Ambrosia e Cosmic, una varietà proveniente da Washington. Poiché tutti i suoi frutteti si trovano nel fondovalle, per ottenere il massimo della qualità Ladurner coltiva prevalentemente varietà rosse. Le Golden Delicious, secondo lui, crescono meglio sui pendii, come ad esempio il colle di Corces.
La ricchezza varietale ha un altro vantaggio: le mele maturano in tempi diversi e così il periodo della raccolta dura più a lungo. Questo permette di ridurre l’impiego di manodopera esterna e di poter contare in maniera massiccia sull’aiuto della propria famiglia: “Dal punto di vista economico è una vera fortuna, perché i familiari sono lavoratori motivati, qualificati e autonomi. L’attività del maso ci permette di vivere bene, siamo molto soddisfatti”, dice Ladurner. D’altronde sostenibilità significa anche essere il più possibile indipendenti dal punto di vista alimentare: “Abbiamo anche un grande orto, un campo di patate e alcuni animali”.
La carriera agricola di Ladurner dopo gli studi alla scuola Laimburg, tra l’altro, è iniziata proprio con la coltivazione di verdure. Manfred aveva appena 9 anni, quando suo padre morì. All’epoca nel maso c’erano anche bestiame e un prato con colture miste, piante da seme e fieno. Ladurner iniziò a coltivare cavolfiori e negli anni ’80 piantò i primi frutteti, inizialmente secondo il sistema a tre filari tipico dell’Olanda settentrionale.

L’importanza di guardare avanti e altrove

Oggi come allora, Ladurner non smette di guardare al futuro: “Io lavoro in modo che anche i miei figli, se lo vorranno, un giorno potranno continuare a coltivare mele. Allo stesso tempo però ormai da anni mi domando: cosa arriverà in Alto Adige dopo le mele? Perché ci sono tanti Paesi – penso ad esempio all’Ucraina o alla Polonia – che possiedono enormi appezzamenti di terreno ideali per la produzione di mele a costi inferiori ai nostri. In futuro quindi le nostre mele dovranno distinguersi dalle altre per qualità ed eco-compatibilità”. Ladurner ama guardarsi attorno, e spesso va con la moglie in posti lontani per fare alpinismo o scialpinismo ma anche per studiare l’agricoltura locale. “È importante guardare sempre oltre i propri confini. E questo purtroppo, tanti altoatesini e anche tanti contadini lo fanno troppo poco”, conclude Manfred Ladurner.
Non è un caso che suo figlio stia lavorando già da diversi mesi in varie aziende agricole di Australia e Nuova Zelanda, vivendo esperienze ed emozioni uniche.

In foto: frutticoltore Manfred Ladurner alla pedana mobile nei suoi meleti.