Trump vi sta antipatico? Lo detestate? Oppure siete tra quelli che ne apprezzano l’assoluta follia politica? Trump il non repubblicano (lontano anni luce dal prototipo conservatore, pensate a Reagan), che ha utilizzato (come in economia) il partito dell’Elefantino come gigantesca “opa” conquistatrice del potere americano. Come? Facendo incetta di nemici più o meno giurati. Ha iniziato all’interno del partito (Trump era stato perfino democratico) e concluso mettendo in crisi la Clinton. Trump non segue ideologie, cavalca il consenso politico. Nel 2016 gli operai americani si trovavano perfettamente nello slogan “Prima l’America”, delusi dalle promesse di Obama, dagli Usa sempre più legati agli interessi delle multinazionali che delocalizzano il lavoro. Trump (ma vale anche per la Brexit) ha vinto tra le campagne, in fabbrica e tra i commessi (anche tra quelli di colore…). La cosiddetta sinistra Usa (che in Italia sarebbe destra pura, non dimenticatelo…) ha invece spopolato tra ricchi, star del cinema e quella platea definita radical chic, ovvero quei personaggi che hanno denari e vivono agiatamente ma che (a parole) predicano filantropia. Trump era partito in svantaggio ma ha recuperato e poi vinto grazie anche ai social. Come? Intanto è stato il candidato più googlato, può dare i nervi ma è riuscito nell’impresa puntando sul virtuale. Trump ha puntato su Instagram, copiando i maggiori influencer, foto e slogan. Almeno cinque pubblicazioni al giorno, sponsorizzazioni fatte nei modi e tempi giusti ed uno spin doctor “online” sempre pronto a cavalcare l’onda. I mezzi di comunicazione tradizionali risultano più costosi ma ad oggi meno appetibili. Vi darà di più una pagina da 1500 fan che un comizio ove a stento arriveranno 100 persone (spesso reclutate dai partiti stessi). Prendiamo una città medio piccola come Bolzano: abitanti più di centomila. Leggono di fatto due quotidiani, uno tedesco e l’altro italiano. Il resto ormai viaggia sui social ed il giornale lo legge prevalentemente al bar (cartaceo). Quanti leggono “i santini” elettorali invece? Iniziative che costano ma che raggiungono effettivamente quanto pubblico? Sempre meno di una pagina Facebook ben amministrata e gestita da chi conosce il mercato virtuale. Vale per i partiti, vale per associazioni e perfino sindacati. Uno su due lavoratori per statistica preferisce “consulenze online”, almeno in prima battuta. Giusto o sbagliato è irrilevante, il mondo è indirizzato verso questa via. Ci chiediamo se sia giusto tener un cavallo imbizzarrito nella stalla, ma non facciamo nulla per domarlo. I social bisogna domarli, condannarli può non portare risultati, anzi si rischi di star a casa. Lutero inventò la stampa, a nessuno venne in mente di boicottarla, anzi, divenne il veicolo principe per una cultura diffusa. Trump inoltre ha puntato sui millennials, realtà generazionale fuori dai canoni destra e sinistra, assai delusa ma che vegeta in Snapchat. Lo staff del presidente Usa non si è lasciato scappare una campagna milionaria su Snapchat appunto. La Clinton arringava neolaureati in sale d’atenei prestigiosi, Trump inondava di foto e slogan i divani dei millennials. Si sa: i giovani, nella società come in politica, sono difficili, complicati, ma pieni di spirito e “volubili”, specialmente quelli moderni, avulsi dalle ideologie politiche considerate spesso da museo. Questo il presupposto del Tycoon per il suo approccio ai social, nell’idea di una grande strategia di comunicazione dove si sono sperimentate tecniche di persuasione, psicologia e sociologia. Oltre a ciò sui social si è più “coperti” da un punto di vista mediatico. Gli errori possono esser “tolti”, il profilo può essere gestito da uno staff. I risultati ed i dati elettorali parlano chiarissimo: Trump ha vinto in ogni stato in cui aveva focalizzato la campagna elettorale. La sua ironia anti-sistema (un miliardario, questo fa capire quanto il mondo sia cambiato) è unica nel suo genere, non ha termini di paragone o rivali: è assolutamente autentico nella sua schiettezza, definibile come politically uncorrect. Donald Trump risulta impossibile da non commentare. Il vero segreto dei social è creare interazione, commenti, show. A questo s’aggiungono le fake news (utilizzate anche dagli avversari, tutt’altro che santerelli sprovveduti…) Presente dappertutto, su tutti i social, in televisione, a tappeto. Genera appeal e curiosità: dice sempre qualcosa di diverso (non di corretto, ma diverso…), insolito, inaspettato a volte stupido, a volte scontato, a volte perfino inutile. Immenso show mediatico. Una platea che ogni giorno s’aspetta qualche mossa. Trump genera curiosità, anche tra i propri detrattori, un po’ come il Silvio Berlusconi del 1994. Istrionico ed anticonformista quando serve, conformista se lo chiede il “pubblico”. Ormai siamo dinanzi all’elettore-spettatore, una sorta di reality. Non chiedersi se sia giusto ma trovare strategie per veicolare le proprie idee. Su questo punto sbagliano vecchi partiti e politici, rimasti ancorati a logiche ormai in disarmo. Sbagliano la maggioranza degli intellettuali, che quasi provano repulsione per i nuovi mezzi, invece di cavalcarli preferiscono ignorare. In ogni caso è ormai evidente che le campagne elettorali si vincano anche sui social (del resto, avete più visto nella vostra città politici confrontarsi all’aria aperta con avversari?), forse è il caso, che in vista del 4 marzo se ne prenda atto, da Bolzano in giù.