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Difendere la memoria contro intolleranze e estremismo

16 Maggio 2017

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Difendere la memoria contro intolleranze e estremismo

La persecuzione nazista in Alto Adige raccontata da testimoni e discendenti di famiglie ebraiche ex sudtirolesi in incontro pubblico al Centro Trevi a Bolzano.

Gli scrittori Sabine Mayr e Joachim Innerhofer per il libro “Mörderische Heimat. Verdrängte Lebensgeschichten jüdischer Familien in Bozen und Meran“ (Edition Raetia, 2015), nella versione in italiano “Quando la patria uccide. Storie ritrovate di famiglie ebraiche dell’Alto Adige” (Edition Raetia, 2016) hanno compiuto una serie di ricerche e allacciato contatti con famiglie, espulse dall’Alto Adige dopo l’introduzione delle leggi antiebraiche razziste nel 1938, e perseguite e deportate dopo l’occupazione nazista nel settembre 1943.
In seguito alla presentazione pubblica dei volumi assieme alla Biblioteca Provinciale “Claudia Augusta” di Bolzano e all’Associazione Nazionale Partigiani Italiani ANPI Bolzano, in collaborazione con il Museo ebraico di Merano, hanno chiamato a Bolzano i testimoni della persecuzione nazista in Alto Adige e i discendenti di famiglie ebraiche ex sudtirolesi in cooperazione col Museo ebraico di Merano. Ieri sera, 15 maggio, hanno animato con i loro racconti e testimonianze l’incontro pubblico svoltosi al Centro Culturale Trevi alla presenza anche di numerose altre persone con le quali gli autori sono venuti in contatto e del presidente e del vicepresidente della Provincia Arno Kompatscher e Christian Tommasini, dei sindaci di Bolzano e Merano, Renzo Caramaschi e Paul Rösch, del presidente dell’ANPI Bolzano Orfeo Donatini e dell’ex presidente della Comunità ebraica di Merano Federico Steinhaus.
I racconti dei testimoni e discendenti sono stati introdotti dallo scrittore ebraico Doron Rabinovici, (nato in Israele vive a Vienna dal 1964), che ha espresso forti critiche in merito allo scandalo sul presidente della Repubblica Kurt Waldheim e sulla gestione dell’Austria dei trascorsi nazionalsocialisti di una serie di cittadini austriaci. Descrivendo questi sviluppi, Rabinovici ha ribadito come il ricordo dell’Olocausto sia il mezzo per sviscerare subito il pericolo derivante dal razzismo, al fine di opporvisi ammonendo come negli uomini lo spessore della civilizzazione sia sottile come un velo.

Il presidente della Provincia Arno Kompatscher ha fatto presente come per lui sia stato importante partecipare all’incontro perché è necessario non dimenticare che purtroppo anche la storia tirolese sia stata caratterizzata da una lunga fase di posizione antisemita. Anche oggi, come ha detto, sussistono i pregiudizi. Per tale ragione è d’aiuto mantenere vivo il ricordo di cosa i pregiudizi arrechino agli uomini. Alcune persone schernirebbero i divieti di fare certi ragionamenti secondo il principio “si potrà ancora ben dire che…”. A maggior ragione sono necessari precetti che inducano a riflettere e a informarsi prima di parlare. “L’Alto Adige è rappresentato sempre come un paese di vittime, ma in verità siamo un paese di vittime e di carnefici!”, come ha concluso il presidente Kompatscher. Parole che hanno suscitato l’apprezzamento dell’ex presidente della Comunità ebraica di Merano Federico Steinhaus che ha detto di aver aspettato da 60 anni dalla bocca di un presidente della Provincia affermazioni come quelle fatte dal presidente Kompatscher.

Il vicepresidente della Provincia Christian Tommasini ha ricordato il “Festival elle Resistenze” organizzato da varie associazioni e enti con il supporto del Dipartimento Cultura Italiana della Provincia. “Non vogliamo dimenticare quello che è stato l’Olocausto e la Shoah – così Tommasini. Con iniziative come questa siamo impegnati a difendere la memoria e trasmettere anche oggi alle nuove generazioni il senso dell’impegno civile e della resistenza al nazifascismo”. L’obiettivo è far presenti ai giovani i pericoli di intolleranza ed estremismo affinché siano delle sentinelle attente.

Toccanti i racconti e le testimonianze sulla persecuzione nazista egli Ebrei in Alto Adige. Franca Avataneo, nipote di Aldo Castelletti, imprenditore di Mantova, residente a Bolzano dal 1933 al 1939, ha narrato di come il 21 settembre 1943 Aldo Castelletti venne arrestato a Fondo in Val di Non, per essere quindi deportato dal carcere di Merano al lager Reichenau vicino a Innsbruck il 23 ottobre 1943.
Elieser e Tamara Kienwald, nipoti del sarto Oskar Kienwald dalla Galizia, che manteneva saloni di moda a Bolzano e Merano hanno raccontato di come la sua famiglia riuscì a salvarsi la vita attraversando il fronte in modo avventuroso.
È intervenuto con la sua testimonianza anche Massimo Gronich, nipoti del chimico Emilio Gronich, figlio del chimico Wolfgang Gronich, uno studente di Robert Koch a Berlino. Nato nella Bucovina si era trasferito a Merano.

Foto: USP/mgp