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Manifesto Radical Chic

15 Febbraio 2017

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Manifesto Radical Chic

Radical Chic, ne parliamo, ne sparliamo, ma chi sono sono? Perché vengono definiti cosi? Partiamo dall’etimologia, come buona pratica insegna. La definizione radical chic fu coniata nel 1970 fa Tom Wolfe, giornalista statunitense.  Tom Wolfe scrisse un ampio resoconto riguardante una serata organizzata per raccogliere fondi a favore delle Pantene Nere, gruppo marxista-leninista.  Descrivendo in modo molto critico gli invitati, rappresentanti dell’alta società newyorchese, frivola, impegnata per finta.  Ne risultò un articolo di 29 pagine pubblicato sul New York Magazine dell’8 giugno 1970. In Italia, l’espressione fu ripresa da Indro Montanelli, nel celebre articolo Lettera a Camilla, in forte polemica con la giornalista Camilla Cederna, quale ideale rappresentante dell’italico “magma radical-chic“, superficiale e incosciente culla degli anni di piombo. In seguito, egli chiarì che la vera destinataria della lettera aperta era invece Giulia Maria Crespi, allora padrona del Corriere ed amica della Cederna, con la quale i dissidi sarebbero sfociati, l’anno seguente, nell’allontanamento di Montanelli dal quotidiano di via Solferino, dove lavorava sin dal 1937. “Beghe “da intellettuali? Non proprio, oggi nel 2017, in Italia, il termine traslittera volentieri in politica, a volte a sproposito a volte ci azzecca. Ma oltre l’etimologia chi sono i “radical chic” o “comunisti col caviale” o “marxisti con lo yacht “? Cosi per ricordare altre espressioni post moderne. Partiamo da chi è di sinistra politicamente. Fu Bertinotti uno dei primi etichettati, a causa delle sue firme d’abbigliamento. Che dire di D’ Alema? Scioperi? L’ Internazionale? No meglio la Coppa America (di Vela). L’ultimo “rampollo” fu Vendola. Chic lo è sempre stato del resto, radical non molto. Insomma un bel “predico povertà” e “poi vivo nel castello incantato”.  Non che al centro o a destra siano molto meglio. Da Fini ai vari centristi, passando per alti prelati. A destra, per sembrar più sensibili ci si butta (va) più volentieri sui diritti degli animali. Come dimenticare la Brambilla? Ed il cagnolino dell’ex Cavaliere? Nel 2011 bollati dal Corriere Radical-Animalisti. Altre forme di radicalismo rigorosamente chic. Insomma, vado in ferie in Kenya (con la percentuale d’orfani umani più alta d’ africa) ma attenzione al gattino abbandonato. Ossimori di una società sempre più confusa.  Che dire della Boldrini? Vera icona del termine, giornali alla mano. Ma uscendo dalla politica? Nella vita di noi comuni mortali? Ci sarebbero gli intellettuali (i pochi rimasti se non altro), molto spesso intellettualmente chic, o per lo più Radical Snob, per ingraziarsi il potente o potentino di turno, se non interi partiti. In cambio? Contratti editoriali, spazio sui media e presenzialismo televisivo. Il fenomeno va da destra a sinistra. Il politicamente corretto dilaga? Non proprio, diciamo che strategicamente s’incastra (casualmente?) in tutto il resto, come un grande disegno. Ma tra la gente comune? Chi sono? Vediamo il manuale del perfetto Radical Chic. Di norma si definiscono intellettuali, di norma (ma non necessariamente) sono di sinistra, autoreferenziali all’ennesima potenza, credono d’essere una spanna sopra gli altri, protetti dal loro vincolo “storico” di ragione e purezza mentale, un vero monolite. La forma mentis del radical chic è complessa, spesso ossimoro. Si concedono lussi, amano viaggiare ma il fine è ufficialmente culturale o benefico, a volte perfino atto all’insegnamento. Non si sentono plebei, odiano “l’ignoranza ingenua” ma guai definirsi patrizi. Sono borghesi per lo più. Come Achille “piè veloce” fuggono dinanzi ad argomentazioni serie, odiano le persone di talento, i brillanti, il loro narcisismo vede loro e solo loro, spesso attaccano la sfera personale del malcapitato/a o semplicemente partono per la tangente dei massimi sistemi, che può variare dalla fame nel mondo al colonialismo, a seconda dell’ambito. Attenzione, riescono sempre a ficcar temi simili nei loro sproloqui, strategia per esser considerati buoni e sensibili, migliori insomma, ottimo sistema per far passare l’interlocutore l’esatto contrario. Motivo per quando offendono non si pentono, come antiche divinità infallibili possono. Amano, di norma la musica, spesso se ne cimentano. Ovviamente va bene solo la loro, il resto è immondizia. Pieni di vizi, sono però bravissimi a contarli agli altri, con annessa morale. Sulla morale da loro posseduta val bene una postilla, l’hanno doppia, tripla, multi e perfino mutante. Son annoiati dal tradizionale, odiano passare per banali, quindi s’accaniscono contro feste comandate o icone popolari. In questo caso vale un po’ tutto: dal tifo contro alla nazionale di calcio, agli attacchi al Festival di San Remo, passando. Quest’ aspetto rientra nel loro essere cosmopoliti, ovviamente in chiave anti Italia. Tutto ciò che è italiano è considerato banale, stantio, ignorante. Degli italiani stessi hanno pessima considerazione, un popolo inetto secondo loro, incapace e truffaldino. Loro infatti non si sentono tali, troppa la loro cultura per mischiarsi con i vili italici. Spesso effettivamente poliglotti, disprezzano tutto ciò che è mono. Sono veri puri. Nella realtà però sono molto più mono (e non scherziamo sulla vocale finale) dei mono, visto che l’unicum del loro pensiero rappresenta la verità assoluta, un dogma immutabile (motivo per cui odiano e detestano qualsiasi tipo di contraddittorio) anche se tale dogma è mutabilissimo per convenienza. I voli pindarici sono all’ordine del giorno, tra loro si spellano le mani in applausi rigorosamente autoreferenziali, elogi scontati e consigli culturali selezionati. Possono quindi, all’occasione, sorprendere. in negativo ovviamente. Sono per lo più persone di cultura media (ma teniamocelo per noi), benestanti e pronte alla lectio magistralis nei riguardi d’accoglienza, diritti civili ed organizzazione di proteste di piazza. Su questi punti la discussione è impossibile. Qualsiasi proposta o soluzione è bollata come razzista o fascista, termine con cui, come novelli Torquemada, inquisiscono. Non amano in realtà la democrazia, sono più oligarchici, anzi come efori spartano disprezzano il voto popolare, definito senza mezze misure ignorante. Dopo il Brexit infatti, non pochi radical chic, disgustati da una democrazia che non funziona e corrotta (ovviamente quando a perdere sono loro…) invocarono test che rendesse idonei al voto. Proprio loro dall’intercalare “diritto” in ogni discorso. Non spaventatevi, in Italia la categoria è sempre esista. Sono gli stessi del “Franza o Spagna purché se magna”, sono gli stessi che nel 1922 furono fascisti e nel 1945 inoltrato passarono con armi e bagagli nelle schiere partigiane (inquinando un movimento nobilissimo), sono gli stessi che hanno sempre fatto morali ma che gran poco han dato a questo paese, dal culturalmente in giù. Abitanti misteriosi d’ un mondo ideale (a loro) che esiste più che altro nella loro testa. Motivo per cui si credono élite, destinati a civilizzare i bruti, gli ignoranti. Il tutto appare come una bolla d’illusione adiacente alla realtà, una bolla scossa da Brexit e Trump, una bolla che a molti italiani inizia a pesare parecchio: che sia venuto il momento di squarciare il velo di Maya?

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale