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Disagio italiano? Il sociologo Fazzi risponde.

23 Gennaio 2017

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Disagio italiano? Il sociologo Fazzi risponde.

Abbiamo raggiunto Luca Fazzi, nato e cresciuto Bolzano, città di confine. Ha studiato sociologia, economia e antropologia in Italia, Germania, Gran Bretagna e Svizzera, ed insegna all’Università di Trento. Con lui abbiamo parlato di Terzo Statuto, disagio italiano e scuola plurilingue.

Terzo Statuto: occasione per il gruppo italiano o rischio autogoal?

Direi che il terzo statuto è un occasione per tutta la comunità che vive in provincia indipendentemente da appartenenza linguistica, politica e religiosa. Lo scenario internazionale in cui viviamo è radicalmente cambiato negli ultimi trenta anni e lo Statuto si basa su una concezione novecentesca di gruppi etnico linguistici e di confini territoriali. I problemi sono oggi relativi alla gestione dei nuovi flussi di cittadini, alla tutela dell’ambiente, alla difesa della democrazia contro i populismi. Sono temi che un nuovo statuto può contribuire a affrontare se pensato in una chiave autenticamente europeista e democratica.

Italiani in Alto Adige/Südtirol. Molti sentono “il disagio”. La società altoatesina/sudtirolese cosa potrebbe fare nel concreto, cosa si sente di proporre a tal proposito?

Il gruppo italiano vive una fase di grande sofferenza certificata da tutti i dati statistici disponibili. Forse sarebbe da chiarire che la crisi del gruppo italiano è lo strumento che può essere utilizzato per mettere in discussione le conquiste ottenute dalla minoranza tedesca. Lo statuto parla di dignità di tutti i gruppi, se questa dignità non è garantita la specialità della provincia può essere contestata in qualsiasi sede e in qualsiasi momento. A mio avviso i passi da fare subito sono l’eliminazione della commissione dei sei che è diventata luogo di negazione degli elementi principi di democrazia e trasparenza, l’istituzione della scuola plurilingue a fianco dei modelli monolingui ormai superati dalla storia, l’eliminazione dei limiti all’eleggibilità per i non residenti da 4 anni, e soprattutto l’introduzione di un quarto gruppo al censimento in cui possano dichiararsi tutti quelli che per varie ragioni non si sentono rappresentati dalle categorie del catasto etnico esistenti. Questo flessibilizzerebbe molto il tema dell’identificazione etnica che oggi purtroppo è legato in modo troppo stretto con quello degli interessi strumentali dei singoli.

Scuola plurilingue. Da molti vista come la soluzione ad ogni male, non convince il mondo tedesco non di facile attuazione in quello italiano. I ladini hanno risolto a modo loro, ma italiani e tedeschi non sono ladini. Come ne usciamo?

La soluzione che naturalmente prenderà forma nelle condizioni attuali è un iscrizione massiccia degli italiani alle scuole tedesche con il declino della scuola italiana. I puristi della segregazione dovranno confrontarsi con questo problema per cui è inevitabile il superamento nei fatti dell’interpretazione segregazionista dell’art 19.

La politica. I partiti tedeschi fanno il loro gioco, quelli italiani non sembrano sempre “sul pezzo”. La gente comune non sa dove sbattere la testa e strizza l’occhio agli estremismi. Una proiezione della realtà mondiale, ove populismi vari appunto “spopolano”?

I populismi sono il grande problema della provincia di Bolzano, Le opposizioni di lingua tedesca sono politicamente inconsistenti ma agitano lo spettro dell’identità etnica in modo molto pericoloso. Siamo in un epoca in cui l’instabilità politica è il fattore principale della politica nazionale e internazionale. Pensiamo a un eventuale uscita dell’Italia dall’euro, alla vittoria alle prossime elezioni politiche dell’estrema destra austriaca e all’aumento della pressione dei flussi migratori dal sud del mondo. Eventi fino a pochi anni fa non prevedibili e oggi più che mai attuali. Come reagirebbe il sistema politico provinciale? L’ipotesi drammaticamente probabile è un incremento della competizione tra Svp e destra tedesca su questioni di radicalismo irredentista. Cosa farà l’Italia a quel punto? E cosa un Europa che vede con crescente sospetto l’egemonia economica e politica tedesca? Si aprono scenari inediti e arrivarci con le fratture etniche esistenti è il modo peggiore per evitare una crisi che può essere fatale per il modello della convivenza forzata che si è imposto negli ultimi 50 anni

Dove viene a mancare il punto tra società e classe politica, spesso cieca e avulsa dalla reale percezione popolare. Per alcuni infatti il disagio italiano non esiste. Diamo una spiegazione?

I dati sono molto chiari per cui chi dice a livello d’élite politica che il disagio italiano non esiste è una persona molto limitata intellettualmente oppure è in cattiva fede. Non vedo alternative. Le differenze di percezione dello stato di salute dei gruppi linguistici a livello popolare invece sono da attribuire principalmente al fatto che dopo cinquanta anni la gente non si parla ancora e quindi non si capisce. Sotto molti aspetti si tratta dell’indicatore più drammatico del mancato compimento degli obiettivi più maturi del disegno autonomistico degli anni 70.

Da cittadino semplice, non da sociologo, che appello vuol fare agli operatori politici italiani locali?

Penso una parte debba semplicemente lasciare la politica essendosi dimostrata incapace di gestire i processi di cambiamento a livello economico, sociale e culturale. Parlo dei vari Tommasini, Costa, Urzì, eccetera. Gli altri mi auguro cerchino di costruire politiche e programmi non appiattiti sul discorso retorico dominante secondo cui in provincia di Bolzano va sempre tutto bene. I tratti bucolici dell’ambiente naturale non dovrebbero essere le determinanti di un giudizio che richiede per essere propositivo di maggiore capacità di analisi e riflessione.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale