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Femminicidio, barbarie, malattia che oscura la mente?

31 Maggio 2016

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Femminicidio, barbarie, malattia che oscura la mente?

Le radici di una coscienza maschile disturbata 

di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

La barbarie del  femminicidio continua. Inarrestabile.  Ogni volta sempre più indicibile, come quella di essere arsa viva per mano di un uomo ossessionato dai suoi sentimenti. Purtroppo la dinamica è sempre la stessa: una gelosia perversa. Ovvero una patologia fuori controllo, ma anche un delitto annunciato. Se è difficile trovare un senso a un orrore come quello dell’assassinio di Sara, è però necessario capire da dove nasce la violenza maschile sulle donne e in quali territori della psiche alberga quel “morbo” devastante.

Il femminicidio è piaga sociale che spesso si nasconde insospettata dentro le case della gente comune. Quando emerge  non è per caso. Così come non è riducibile alla devianza di alcuni “mostri” affetti da una patologia sconosciuta, è qualcosa che ha a che fare con una coscienza maschile disturbata. Spesso è un disagio profondo che si annida nel maschio di oggi, incapace di mettere a fuoco le parti oscure e gestire gli elementi violenti della sua psiche.

Non ci sono pertanto “orchi” né raptus della follia. C’è sicuramente la malattia che obnubila la mente di coloro che non sanno vivere una relazione affettiva equilibrata, troppo immaturi per accettarne la conclusione e elaborare il distacco. Sovente affetti da un incredibile delirio di potere.

E poi esiste la fatica di comunità maschile che in questo nostro tempo non riesce a trovare la propria identità. Sembra, infatti, crescente negli uomini di oggi la difficoltà di svincolarsi dalle dipendenze infantili e diventare adulti, capaci di autonomia, in grado di riconoscere le proprie responsabilità nelle relazioni di coppia. In quei maschi, più eterni fanciulli che altro, appare dominante un insano malessere che impedisce di gestire il proprio mondo emotivo e contenere le proprie pulsionalità.

Forse è diventato necessario curare quel maschile fragile o realmente disturbato che si nasconde dentro molte esistenze “corazzate” capaci di occultare i sentimenti perversi del male.  Più  ancora è fondamentale cambiare direzione al progetto educativo dei bambini e degli adolescenti e soprattutto dei maschi. In effetti, non stiamo più riservando attenzione ai sentimenti e ai vissuti emozionali. Ai bambini non insegniamo più a dare un nome a ciò che si prova.  Ci stiamo accontentando che i piccoli esprimano con una emoticon il loro vissuto. Siamo diventati una comunità globale di faccine, emotivamente analfabeta e sostanzialmente incapace di riconoscere i sentimenti che albergano dentro di noi. Allo stesso tempo non sappiamo educare al rispetto per il femminile, all’incontro e alla relazione. Stiamo facendo crescere maschi freddi e distaccati incapaci di dare un valore all’empatia, cioè all’ascolto e alla partecipazione affettiva. E abbiamo ormai all’orizzonte una comunità di sordi che si urlano addosso espressioni violente con il compiacimento di una moltitudine di spettatori plaudenti. O peggio ancora indifferenti.

Nessuno si preoccupa di mettere in evidenza che anche i bambini piccoli hanno parti violente nascoste nel sottosuolo e capaci di crudeltà e desideri perversi. Se gli adulti non vedono il bulletto che minaccia dietro l’angolo o peggio ancora non valutano pericolosi e negativi alcuni comportamenti offensivi e violenti, la prepotenza verbale, la prevaricazione fisica e piscologica o la forza negativa degli atteggiamenti irrispettosi, faranno sempre più parte di quella cultura della violenza che si sta espandendo a vista d’occhio.

In foto: dipinto di Jakub Schikaneder, Omicidio in casa (1890)

 

 

 

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