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QUALE PADRE FESTEGGIARE?

19 Marzo 2016

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QUALE PADRE FESTEGGIARE?

QUALE PADRE FESTEGGIARE?

Di Giuseppe Maiolo, Psicoanalista

Oggi, giorno di San Giuseppe, si festeggia il padre. La tradizione cristiana infatti riconosce al padre del Divino Bambino la funzione paterna. Benché di questo padre putativo si parli poco nelle Sacre Scritture quando viene descritto ha tratti leggeri, appena delineati e colpisce la sua silenziosa presenza. Non vi sono notizie di cose che lui abbia detto, non vi si ritrovano discorsi. Nell’iconografia che ritrae la Sacra Famiglia quasi mai viene raffigurato in primo piano: sta di lato o sullo sfondo quasi a indicare le virtù per le quali ha avuto un posto così importante: l’umiltà, la pazienza, l’obbedienza.

A prima vista si direbbe che non rappresenta tanto il «logos» cioè la parola e la ragione che sono attributi tanto cari all’universo maschile. Caso mai quell’umile mestiere di falegname ci fa pensare più alle valenze del «fare» che quelle del «dire». Quel suo silenzio operoso e quel rimanere in disparte dalla scena pur restando protagonista, ci sembrano elementi che indicano, senza ombra di dubbio, il compito che gli è stato affidato: fare il custode e proteggere i componenti della famiglia. Ruolo per nulla secondario.

Anzi una funzione basilare del padre in quanto è colui che dà protezione e trasmette sicurezza.
È quello che osserva, ascolta, contiene e conforta che sono azioni che danno energia e si coniugano benissimo con la tenerezza e la dolcezza. Forse bisognerebbe ricordarsi di più di questi aspetti nel festeggiare il papà il 19 marzo. Ci servirebbe, credo, per riflettere sulle funzioni specifiche della paternità, oggi che se ne lamenta sempre di più la mancanza.

I nuovi padri, così diversi dai padri violenti di un tempo, teneri e affettuosi hanno imparato ad accudire i figli quando sono piccoli ma nei confronti dei figli quando sono più grandi sembrano alla ricerca di un’identità. Scoperto infatti il scoperto il codice materno e la bellezza di partecipare alla crescita fin dal parto e dalla nascita, appaiono in difficoltà a mantenere l’autorevolezza e la determinazione con cui vanno guidati i figli soprattutto nell’adolescenza.

Il padre «materno» è una conquista, ma il «mammo» è una perdita di funzioni.
La cosiddetta società «senza padri» è infatti una realtà dolorosa per tanti adolescenti che hanno bisogno di guida, rassicurazione, spinta a lasciare le sponde rassicuranti della famiglia, la madre, le comodità di un nido caldo che ripara dalle intemperie.

Non si tratta di recuperare il volto di Zeus, padre degli dei e gerarca, ma il gesto di un padre che, per fortuna, ora disarmato assolva il proprio compito, non sia geloso del figlio o invidioso della sua adolescenza. Troppi sono i padri che purtroppo disertano la scena familiare per motivi diversi e delegano alla madre le proprie responsabilità. E questo nel tempo in cui i figli ormai in procinto di salpare verso il mare aperto, chiedono a gran voce un padre attento, capace di coerenza e stabilità, che senza tante parole sappia ascoltare e rispondere, che sia in grado di porre limiti ma pure incoraggiare e valorizzare le conquiste e l’autonomia del proprio figlio.

Spesso non si tratta di assenza. Assenti forse lo erano qualche tempo fa. Ora a mio avviso sono mancanti. Mancano di funzioni quelle specifiche del padre. Perché sono deboli quando non sanno prendere decisioni e non proteggono né rassicurano se sono distratti da altre cose, assorbiti dai nuovi dispostivi di comunicazione. Colludono piuttosto con i figli e fanno gli amici comportandosi come loro. Temono i figli contrariamente ad un tempo in cui erano i figli ad avere paura dei padri.
Temono di diventare impopolari se mettono «paletti». Meglio il quieto vivere che lo scontro.
E poi non hanno resilienza, non sanno tenere duro e pazientare in attesa che il viaggio verso l’indipendenza del proprio si compia e si concluda. Non dà indicazioni e prospettive e allora se la Torre di controllo non funziona è difficile decollare. Alle volte impossibile.

Urge allora recuperare quel Giuseppe-padre, attento e presente, silenzioso e forte, capace di proteggere e orientare. Una figura decisamente lontana da quell’immagine accattivante, eternamente giovane ma evanescente del papà delle patinate copertine che sembra essere alle prese solo con l’eau de toilette di turno.

In foto: la statua di San Giuseppe in una cappella della Chiesa Notre-Dame di Amiens