Commozione e sdegno per i due infortuni mortali sul lavoro
Commozione e sdegno per i due infortuni mortali sul lavoro
Il tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro periodicamente appassiona e indigna l’opinione pubblica ogniqualvolta la cronaca registri un infortunio sul lavoro grave o mortale.
Spesso, travolti dall’emozione e dallo sdegno, ci si dimentica di riflettere su ciò che sta dietro lo stesso fenomeno infortunistico, le sue ragioni, gli strumenti della prevenzione, la vigilanza, la formazione ecc.
L’unico dato che spesso interessa mettere in evidenza è quello relativo al numero degli infortuni e ai settori maggiormente coinvolti. Poi, una volta cessato il clamore, ci si dimentica un po’ tutto, almeno fino al prossimo infortunio.
Così è accaduto anche in occasione dei due infortuni mortali registrati alcuni giorni fa e in cui hanno perso la vita due lavoratori: il primo in un magazzino di frutta in Bassa Atesina, l’altro in un cantiere edile in Val Venosta.
Tra i due eventi luttuosi si è tenuta l’annuale conferenza stampa dei vertici dell’Ispettorato del lavoro, l’organismo di vigilanza che fa capo all’assessora provinciale Martha Stocker, in cui sono stati presentati i dati relativi agli infortuni del 2015, numero di ispezioni, violazioni rilevate e relative sanzioni.
Non mi soffermerò sui dati illustrati e commentati un po’ da tutti gli organi di stampa e che, ancora una volta, hanno messo in luce in maniera inequivocabile alcuni elementi di problematicità riguardanti il fenomeno in Alto Adige se messo a confronto con altre regioni e con il vicino Trentino in particolare, sia per quanto riguarda il numero degli infortuni mortali, 15 nel 2015, i settori maggiormente colpiti, 7 in agricoltura, ma anche per il numero di ispezioni effettuate nonché per il numero degli ispettori dell’organismo di vigilanza, la metà di quello operante in trentino.
Come ovvio gran parte delle domande formulate nella conferenza stampa hanno riguardato l’infortunio mortale accaduto il giorno precedente in Bassa Atesina e sono rimasto colpito per come, a sole 24 ore di distanza dall’accaduto, ci si sia buttati ad ipotizzare profili di responsabilità. In particolare il fatto che l’impianto fosse stato manomesso e che la vittima pare essere stato il responsabile della sicurezza che avrebbe dovuto essere a conoscenza della manomissione dei dispositivi di sicurezza.
Le responsabilità andranno accertate dalla Procura della Repubblica che ritengo dovrebbe richiamare il direttore della Ripartizione lavoro e la stessa assessora Stocker per le dichiarazioni fatte in conferenza e nei giorni seguenti, per violazione del segreto istruttorio e per la mancanza di rispetto per chi è rimasto vittima di un infortunio mortale e per i suoi familiari.
L’assessora Stocker non si è trattenuta dal farci la solita morale ribadendo che (e qui il virgolettato è dovuto al fatto di aver ripreso il passaggio da quanto pubblicato dal quotidiano Alto Adige): “Spesso sono gli stessi lavoratori a voler fare più in fretta e ciò può causare infortuni più o meno seri. Quello di Termeno, probabilmente, non è un caso isolato. Penso agli operai che lavorano su un’impalcatura e non sempre hanno il caso, le scarpe adatte o preferiscono non essere agganciati”.
Tutto chiaro. Trovata la causa, l’impianto manomesso; trovato il colpevole, il responsabile della sicurezza cioè lo stesso lavoratore morto; analizzato il contesto, quello di ambienti di lavoro in cui sono i lavoratori con i loro comportamenti la principale causa degli infortuni di cui sono le vittime. Non l’organizzazione aziendale, non la mancata valutazione dei rischi, non la mancata formazione dei lavoratori, non il mancato controllo delle procedure aziendali da parte del datore di lavoro e dei dirigenti e, per rimanere nella sfera di competenza dell’Ass. Stocker, non per l’insufficiente vigilanza nelle aziende altoatesine, siano esse magazzini di frutta, impianti industriali, officine o cantieri, campi e boschi.
Da tempo denuncio (in verità non da solo) il fatto che l’ass. Stocker sia impegnata, a fianco delle associazioni imprenditoriali altoatesine, quelle che pensano che la prevenzione sia solo inutile burocrazia, a far approvare con norma provinciale una regolamentazione tesa a ridurre la vigilanza a mera consulenza.
Ed è la stessa assessora che ha anticipato l’ipotesi di “depotenziamento” della vigilanza per far sì che le ispezioni interferiscano il meno possibile con l’attività lavorativa e, soprattutto, per stabilire con regolamento provinciale, quali sanzioni comminare a fronte di un elenco di violazioni appositamente individuate. Voi tutti penserete, quelle previste dalle norme di prevenzione. E invece no, il disegno di legge c.d. “omnibus sociale”, di prossima presentazione, recita testualmente: “Con regolamento sono emanate le ipotesi di violazioni amministrative e penali che non danno luogo a danni irreversibili (omissis) per le quali l’irrogazione della sanzione amministrativa e penale è condizionata all’inosservanza, anche parziale, delle prescrizioni”.
Si sta parlando di modificare il sistema penale per l’individuazione e la sanzione delle violazioni delle norme contro gli infortuni sul lavoro (D.Lgs. 81/2008 e non solo) che si configurano quali reati (penali) contravvenzionali punibili, nella maggior parte dei casi, con la pena alternativa dell’ammenda e dell’arresto. E sappiamo anche che la materia penale è già oggi sottratta alla competenza concorrente di regioni e province autonome che possono organizzare l’attività di vigilanza ma non stabilire per quali reati e con quali modalità. Neanche a fronte dell’ipotizzata convenzione tra la Provincia e il Governo della quale pare si stia occupando il presidente Kompatscher.
Questo è quello sul quale saremo chiamati tutti a vigilare (organi di informazione, esponenti politici di maggioranza ed opposizione, associazioni sindacali) per impedire che la filosofia espressa nella norma citata possa avvalorare le affermazioni rilasciate dall’ass. Stocker su ciò che dovrà essere sanzionato e ciò che non dovrà esserlo, con l’introduzione di un sistema ispettivo provinciale “a chiamata” e gli ispettori ridotti a fare da “consulenti” alle imprese. D’altro canto, se la responsabilità degli infortuni è dei lavoratori, perché sanzionare i datori di lavoro?
Franco Mugliari (alias Muglia La Furia)
http://muglialafuria.blogspot.com