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Andremo tutti a Bengodi o all’inferno?

15 Gennaio 2016

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Andremo tutti a Bengodi o all’inferno?

Andremo tutti a Bengodi o all’inferno?

Di Tonino Papa

Il Presidente Renzi, nella conferenza stampa di fine d’anno, ha fatto “sfoggio” – alla faccia dei reiterati “gufi” – dei risultati economici raggiunti nel 2015 richiamando i dati della  Borsa italiana fresca di primato con la crescita dell’indice azionario.

E’ stata una dichiarazione importante: il nostro Paese, dopo anni di depressione, è tornato a crescere. Tuttavia, per quanto importanti siano questi traguardi, ancora molto cammino ri­mane da fare.

Nelle democrazie di “massa” esiste il fenomeno dell’immaginario collettivo: su un fatto più persone si costruiscono la stessa immagine e lo stesso giudizio. Gli italiani sono poco e male informati sui fatti economico-finanziari, ma recenti “fatterelli” li hanno “svegliati” e spaventati. Il caso delle quattro banche salvate a spese di chi aveva comprato le obbligazioni subordinate ha posto questa grande domanda: andremo tutti a Bengodi o all’inferno? Non è semplice o facile dare una  risposta perché la situazione è sotto gli occhi di tutti: è tempo invece che si chieda di rispondere delle azioni a chi le ha fatte a danno dei risparmiatori. Mi viene in mento che ai tempi delle grandi dittature del Novecento in Europa si moriva per la libertà, i diritti umani, la giustizia e la democrazia. Oggi si muore per i debiti.

“Il salvataggio ad ogni costo delle banche facendo pagare il prezzo alla popolazione senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi ….la politica non deve sottomettersi all’economia…” così ha scritto il Pontefice nella sua enciclica “Laudato si “ (punto 189).

Tralascio le analisi e i commenti riportati dai quotidiani per fare specificatamente alcune considerazioni sul potere (sovrano) economico-finanziario che muove il mondo: è il denaro che comanda, il cui possesso è l’unico criterio di valore.

Molti hanno creduto che le banche siano istituzioni che investono i risparmi dei clienti per produrre profitti e realizzano  così la “finanza sana”. E’ davvero così?  Le banche fanno ancora oggi le banche? Sono ancora istituzioni e “luoghi di fiducia“ cui affidare i risparmi oppure si sono trasformate in imprese finanziarie?  E gli Italiani? Gli italiani sono davvero e improvvisamente diventati un popolo d’imprenditori, in gara verso i rischi e le fortune del capitale? Ne dubito. E la politica?

A causa delle sciagurate regole europee, l’Unione monetaria con l’euro ci ha già tolto la sovranità sulla moneta nazionale e l’Unione bancaria anche la sovranità sui risparmi e sul credito. Il dettato costituzionale dice: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio…e.controlla l’esercizio del credito”. Oggi non più perché lo stato italiano, vincolato dalle regole europee, non può più coordinare e controllare gli istituti di credito nazionali e salvare le proprie banche in difficoltà. E allora?

Il Governo italiano ha sempre approvato senza “fiatare” i vari trattati europei e, per ultimo, il contestato “bail in“.  La legge che lo recepisce – su cui manca ogni clausola di protezione – ha la finalità di limitare l’intervento diretto del bilancio pubblico e prevede che siano gli azionisti, gli obbligazionisti ed anche i correntisti (per la quota oltre i 100 mila euro) ed anche i soggetti fragili (piccoli risparmiatori, pensionati, correntisti ecc) a sobbarcarsi l’onere del salvataggio.  Siamo certi che la soluzione individuata sia quella giusta? Davvero siamo sicuri che la scelta sia tra far pagare i contribuenti e far pagare i (alcuni) risparmiatori?

L’epoca di cambiamenti, la crisi delle ideologie, il logoramento dei valori, le contraddizioni e l’irrompere del terrorismo, dovrebbe imporre “alla prassi europea”  iniziative per una reale rifondazione socio-culturale ed etica. Intanto ogni singolo Paese (forte) fa la sua politica, va in crisi a modo suo. E ne esce a modo suo.

Se ci si chiede perché è così difficile oggi sentirsi europei  basta ricordare gli accordi bilaterali sul gas tra la Russia e la Germania oppure l’operazione dei 270 miliardi (pubblici) che sempre la Germania ha versato alle “vuote” casse delle proprie banche per la crisi del 2008. Quale politica sarà in grado di superare tale marasma? Sarà quella della rottura e dello sfilacciamento europeo o quella dell’Unione alla solidarietà socio-politica in cui nessuno Stato prevarica?

Il recente dibattito parlamentare è stato impegnato del presunto e poco interessante conflitto d’interessi della ministra Boschi. E’ stato forviante: la politica ha dimostrato di non saper fronteggiare la realtà e correggere l’ottusa svendita all’Unione Bancaria dei nostri interessi nazionali e quelli dei nostri cittadini.

Non fermiamoci all’ultima dichiarazione del Premier Renzi che ha affermato che “le banche italiane sono campioni in Europa.”; andiamo avanti e interveniamo sia a riformare il governo interno delle stesse banche sia a costruire una vera educazione economico-finanziaria popolare, nelle scuole e nella società civile, sia ancora a“rottamare” la selvaggia speculazione finanziaria.